L’industria nautica cresce a doppia cifra e l’Italia ha rafforzato la leadership mondiale, con tre gruppi (Azimut Benetti, Ferretti e SanLorenzo) ai primi tre posti. Pur essendo ancora sotto i valori pre-crisi, i cantieri mostrano vitalità: si prospettano quotazioni in Borsa e ingressi di fondi d’investimento
La leadership italiana nella nautica di lusso è fuori discussione. A sancirla è il Global Order Book, lo studio annualmente realizzato dagli inglesi di Boat International, che non solo vede tre gruppi italiani al vertice (nell’ordine: Azimut Benetti, Ferretti e Sanlorenzo), ai quali si aggiungono poi altri cinque tra i primi venti specializzati nella realizzazione di barche sopra i 24 metri, ma nel focus di distinzione per nazioni appare ancora più evidente il distacco, che potremmo definire da centinaia di miglia nautiche, tra Italia e “immediati” inseguitori. Nell’edizione 2018 dello studio, gli italiani hanno in cantiere o sotto ordine 379 progetti, per quasi 14mila metri di lunghezza. Gli olandesi, al secondo posto, ne hanno rispettivamente 62 e meno di 5mila (la dimensione media è superiore, essendo l’Olanda specializzata in megayacht come del resto anche la Germania). Al di là del primato, l’Italia sorride perché i giorni più brutti della sua cantieristica specializzata negli yacht sono sicuramente lontani e il settore continua a crescere.
INVERSIONE DI ROTTA
Il colpo del 2008-09 è stato duro per tutti. Secondo il Boating Market Monitor realizzato da Deloitte per Nautica Italiana (Fondazione Altagamma), il mercato al retail nel 2018 a livello globale valeva 22 miliardi di euro, in marcata crescita rispetto al 2017 chiuso a 20,6 miliardi, ma dieci anni prima il giro d’affari era superiore di tre miliardi. Il crollo riguarda il periodo compreso dal 2008 al 2014, quando il valore si è quasi dimezzato passando da 25 a meno di 15 miliardi. E il conto più salato lo ha pagato la cantieristica italiana: dai 3,6 miliardi di valore dei nuovi yacht realizzato nel 2008, cinque anni dopo il settore era crollato del 60%, stazionando a 1,4 miliardi. Al baratro è seguita la ripresa, tuttora in atto e a doppia cifra. La crescita media annua, dal 2014 a oggi, è prossima all’11% e nel 2018 la nautica made in Italy è tornata a 2,5 miliardi di fatturato per le nuove imbarcazioni realizzate. In definitiva, non sarà facile né rapido il ritorno ai valori pre-crisi, ma il percorso è stato avviato e anche per il 2019 e ci sono ottime possibilità di mantenere il passo di crescita. E questo vale per tutto il mondo nautico, che non comprende solo la realizzazione di nuovi yacht ma anche imbarcazioni più piccole ed equipaggiamento.
Per i big italiani della nautica, superare la crisi è stata un’impresa difficile e ha richiesto non solo investimenti straordinari, ma anche cambiamenti di assetto e di proprietà. Il quadro complessivo, rispetto al 2008, è cambiato in maniera radicale tra chi ha venduto, chi ha aperto il capitale e chi, avendo fatto le giuste mosse, ha ottenuto le risorse necessarie per acquisire altre realtà in crisi. Si può certamente dire che i gruppi italiani hanno saputo leggere i cambiamenti in atto, a cominciare da quelli legati al concetto di imbarcazione di lusso, rispondendo con yacht sempre più di design e coinvolgendo i migliori architetti anche estranei al mondo nautico. Questa svolta stilistica ha permesso loro di potenziare il settore delle grandi barche, arrivando a dimensioni che precedentemente erano patrimonio esclusivo della cantieristica nordeuropea e destinate a miliardari che ovviamente non badano a spese. Rafforzando quest’ambito, ci sono ulteriori possibilità di crescita con conseguenti benefici per i fornitori di arredo nautico.
FONDI PRONTI A INVESTIRE
“A livello di sistema, restano sicuramente alcune aree nelle quali si può far di più, ma la leadership italiana non si discute”, afferma Lamberto Tacoli, presidente e CEO di Perini Navi e numero uno di Nautica Italiana, l’associazione nata in seno a Fondazione Altagamma a seguito dell’uscita da Ucina di alcuni big (tra i quali Azimut Benetti e Ferretti), anche se oggi la frattura associativa sembra essere in via di ricomposizione. “Non abbiamo soltanto i primi tre player internazionali nelle navi da diporto, ma siamo anche i numeri uno nell’accessoristica e in ultimo ci siamo inventati il settore che viene denominato giga tender, creando una nuova nicchia in forte crescita nell’ambito della gommonautica. E non dimentichiamo la posizione di forza che abbiamo, come italiani, nel design e nella creatività, anche a servizio di tantissimi cantieri esteri”. Tacoli sottolinea come il valore di un’imbarcazione di lusso vada oltre il beneficio che ne trae il settore che ci lavora. “Gli yachts sono contenitori di eccellenza, espressione del made in Italy in tutte le sue componenti: design, moda, enogastronomia”.
I margini di miglioramento riguardano l’industrializzazione del prodotto, nei limiti in cui si possa raggiungere in un settore nel quale molte operazioni continuano a dipendere dalla maestria degli artigiani. “Sarebbe più corretto parlare di processi più rigorosi, di applicazione di metodo industriale in un settore bespoke. La rigidità dei processi è necessaria per evitare che si accumulino ritardi, anche se questi non sono necessariamente colpa del cantiere, perché spesso è il cliente a chiedere modifiche in corso d’opera”.
A livello politico, Tacoli chiede una visione nazionale e non regionale del sistema turismo, per favorire la realizzazione di strutture logistiche in grado di intercettare una domanda naturalmente orientata verso il Mediterraneo, al centro del quale c’è l’Italia. “Il turismo nautico dovrebbe essere il nostro fiore all’occhiello e invece, specie in passato, abbiamo operato in maniera contraria, favorendo le nazioni concorrenti. Occorre fare sistema, essere attrattivi verso chi utilizza le imbarcazioni di lusso, ed è per questo che stiamo lavorando per riunire le due associazioni, arrivando a dire quel che pensiamo con voce unica e forte”. Quanto al futuro del settore, ci saranno diverse novità soprattutto in termini di assetto e di investimenti esterni. “Storicamente la nautica è stata osservata con occhio critico – conclude Tacoli – ma ora le cose potrebbero cambiare. Ferretti e Sanlorenzo puntano alla quotazione in Borsa e questo porterà molta più attenzione verso il comparto. Del resto, ci sono molti fondi di private equity dotati di risorse e c’è un settore in forte crescita”.
IL SEGRETO? LA BELLEZZA
Si attendono dunque novità dal fronte Ipo, sempre che l’incertezza internazionale non spinga le società interessate ad attendere tempi migliori. Si parte tuttavia da ottime basi. Ferretti Group, per esempio, ha chiuso l’anno fiscale 2018 (al 31 dicembre) con un valore della produzione pari a 669 milioni di euro, mettendo a segno una crescita del 7,5%, rispetto ai 623 del 2017. “C’è un fascino indiscutibile anche nei numeri, e quelli dell’esercizio 2018 ci hanno raccontato che fare barche belle e inconfondibili è ancora la rotta maestra e la soluzione vincente”, afferma l’avvocato Alberto Galassi, CEO del gruppo forlivese che dal 2012 è controllato dal gruppo cinese Shig-Weichai e opera con otto marchi tra cui Ferretti, Riva e Custom Line. “Per rimanere ai vertici e crescere costantemente, come fa Ferretti Group da qualche anno, occorre muoversi veloci e reattivi in un mercato che cambia continuamente”. E il 2019 come procede? “Al netto di Brexit, guerra dei dazi e altri elementi che possono perturbare il sensibilissimo mercato della nautica, contiamo di consolidare e migliorare i risultati dell’anno precedente grazie anche all’ingresso di Wally. Con questo marchio straordinario, ora il gruppo ha otto brand di fama mondiale e può vantare in assoluto la gamma più qualitativa e variegata di tutta l’industria nautica italiana”.
E Galassi pone l’attenzione sull’aspetto determinante della capacità di competere della nautica italiana: la bellezza. “Come diceva Carlo Riva, bisogna innanzitutto che le barche siano belle, ma di una bellezza che non stanca. Performance e cura del dettaglio in ogni centimetro di imbarcazione, artigianalità e capacità di innovare permeano l’intero ciclo produttivo e sono gli altri ingredienti del nostro successo. Ognuno dei nostri brand ha, inoltre, un’anima e un’identità ben definite e distinte, che affascinano in tutto il mondo appassionati e armatori con gusti, stili di navigazione e necessità logistiche differenti”. Una filosofia che ha portato Ferretti a realizzare progetti come i Riva Lounge a Mikonos, Milano (Garage Italia), Montecarlo (Yacht Club) o nella terrazza del Gritti Palace a Venezia, o come la Pershing Terrace al 7Pines resort di Ibiza.