Passare dal modello prendi-usa-getta a quello prendi-usa-trasforma, lo sviluppo di un’economia circolare in Europa potrebbe, secondo un rapporto McKinsey & Company del 2015, dare vita a un beneficio economico pari a circa 600 miliardi di dollari all’anno. Sembra che di strada se ne sia fatta poca.
“L’economia circolare è senza dubbio il modello che sembra avere intrinsecamente tutti gli elementi per accelerare e realizzare quel cambio di paradigma necessario a concretizzare condizioni di reale sostenibilità.” Pierpaolo Abet, Vice Presidente di InResLab e co-fondatore del Global Sustainability Forum di Roma, nel suo intervento al It’s Circular Forum che si è tenuto durante l’ultima Milano Design Week, ha le idee molto chiare. Il futuro è circolare e “il settore del design – ha continuato Abet – ha saputo, più di altri, cogliere questo elemento di opportunità, giocando un ruolo fondamentale per uno sviluppo creativo di prodotti e processi sempre più in linea con i principi dell’economia circolare.” Un’opportunità quindi, che dovrebbe dar voce a creatività, ma anche a nuovi modelli di business e di sviluppo che potrebbero integrare l’attenzione all’ambiente, la digitalizzazione e i nuovi servizi richiesti dalla società odierna.
CASI ILLUMINATI
1994. Potrebbe essere questo l’anno da cerchiare sul calendario come il primo momento in cui un imprenditore, in questo caso americano, decide di cambiare rotta e virare il modello della sua azienda dal prendi-usa-getta a uno rinnovabile e ciclico. Lui era Ray Anderson e l’azienda Interface, presente sul mercato ancora oggi. Mentre le aziende sembrano arrancare, è tra i designer indipendenti che spicca la progettazione più squisitamente concentrata sul riuso di materiali di scarto. Uno tra tutti, Brodie Neill, che nel 2016 ha presentato Gyro, un tavolo rotondo costituito da un materiale composto da minuscoli pezzi di plastica, recuperati dalle spiagge di tutto il mondo. A lui si possono aggiungere anche proposte più recenti, come il Pipeline Project di Christophe Machet, presentato nella suggestiva location di Alcova al Fuorisalone di quest’anno, o altre più ricercate, come i gioielli di Alice Visin che danno nuova vita a scontrini e giornali. In un panorama più internazionale, qualche caso aziendale positivo c’è: Ikea ad esempio, che ha scelto materiali riciclati per alcune ante delle sue cucine, Artemide insieme a Issey Miyake, che ha prodotto la collezione Mogura (lampade da tavolo, terra e a sospensione), o il tavolo della collezione No Waste firmato da Ron Arad per Moroso. Attuare una produzione attenta all’ambiente è il percorso imprenditoriale che caratterizza Panariagroup, uno dei leader nella produzione di superfici ceramiche per pavimenti e rivestimenti. “I risultati industriali ed economici sono raggiunti da sempre grazie anche un approccio al fare impresa etico, responsabile e rispettoso delle risorse e delle persone.” ha dichiarato infatti Emilio Mussini, Presidente del gruppo, a Pambianco Design. L’azienda ha presentato da poco il secondo bilancio di sostenibilità redatto in conformità ai GRI Standards pubblicati dal Global Reporting Initiative (GRI), dal quale l’azienda è risultata la prima società del proprio settore, e una delle prime in Italia, ad avere uno strumento in linea con gli standard internazionali e a rappresentare un esempio di economia circolare, grazie al 100% di scarti crudi recuperati in fase produttivi e il 92% dei rifiuti avviati a recupero. “Crediamo fortemente – ha aggiunto Mussini – che questa sia la strada da percorrere e siamo certi che nel medio-lungo termine questo approccio porterà grandi benefici, tangibili e intangibili al gruppo, perché si sta dimostrando come un’importante leva strategica di differenziazione e la strada più coerente con la sempre crescente attenzione ai temi di sostenibilità manifestata dai consumatori di tutto il mondo.” A proposito dell’impegno costante verso la salvaguardia dell’ambiente, si inserisce anche il lavoro di Arper e la sua recente Duna 02, una riedizione ecosostenibile della seduta realizzata con materiale al 100% riciclato, ottenuto da scarti postindustriali. Ed è sempre dagli scarti che inizia nel 2013 il lavoro di Really, società danese nata in collaborazione con Kvadrat, come risposta al problema dello spreco soprattutto nel settore tessile. “Abbiamo bisogno di creare soluzioni che siano circolari e Really riesce a farlo rispettando gli elevati livelli di bellezza ai quali aspiriamo come azienda” ha affermato Anders Byriel, CEO di Kvadrat, e a lui si è aggiunto il messaggio dai toni ispirazionali di Wickie Meier Engström, Direttrice e partner di Really: “Vogliamo essere leader in questa rivoluzione, non i migliori al mondo, i migliori per il mondo.” Forse c’è da ben sperare.
LO SCENARIO EUROPEO
A guardare i dati si scopre però che, sebbene il tasso di riciclo europeo sia migliorato, l’attività indirizzata alla creazione di un aumento del valore circolare di flussi di risorse sia ancora minima e rappresenti solo il 2%. A dichiararlo è stato l’EEB (European Environment Bureau) a settembre 2017, nel rapporto pubblicato con l’esplicito intento di tenere accesa l’attenzione sul dibattito internazionale circa i benefici di una strategia che sostenga la transizione verso la circolarità in tutto il settore dell’arredo. Il tema presupporrebbe, come si legge nel rapporto, un cambio radicale nelle politiche industriali e non solo. Risulta chiaro infatti che la messa in atto di queste rivoluzioni economiche, ambientali e sociali richieda un passo significativo di tutta l’industria, la necessità di una maggiore circolarità nel settore del mobile all’interno dell’Unione Europea e politiche che ne supportino la realizzazione. Ciò che appare ancora più interessante è che, oltre ai benefici di sostenibilità, secondo quanto affermava McKinsey & Company nel 2015, l’adozione di principi di un’economia circolare potrebbe, non solo portare beneficio all’Europa dal punto di vista ecologico e sociale, ma potrebbe anche generare un ritorno economico di €1,8 miliardi entro il 2030.
LA SITUAZIONE ITALIANA
All’interno dello scenario europeo, l’Italia non eccelle ma allo stesso tempo riesce ad annoverare alcuni pionieri. Questa la descrizione di Emanuele Tessarolo, nel board di 5Vie Art+Design e promotore dell’It’s Circular Forum. “Rispetto agli scenari internazionali – ha infatti dichiarato a Pambianco Design – il design italiano risulta essere in forte ritardo. Come sempre accade, la scena italiana esprime alcuni pionieri e ricercatori, come ad esempio Giorgio Caporaso, ma risulta sempre piuttosto restia ai cambiamenti strutturali.” Che fosse necessario avviare una nuova politica industriale per far sì che l’Italia fosse pronta all’appuntamento con il 2020, era negli intenti del Ministero per l’Ambiente dell’ultimo governo. Nel documento del novembre 2017, si legge infatti che “l’Italia ha le caratteristiche e le capacità per farlo e deve cogliere quest’opportunità per sviluppare nuovi modelli di business che sappiano valorizzare al meglio il Made in Italy e il ruolo delle Piccole e Medie Imprese (PMI)”, ma la realtà dei fatti sembra invece non essere aggiornata agli intenti. “Le aziende italiane – ha aggiunto Tessarolo – sono obbligate a volgere lo sguardo in tempi rapidi in direzione dell’economia circolare pena il rischio di finire ai margini del mercato. Le direttive internazionali diverranno nei prossimi anni sempre più restrittive e chi non si sarà adeguato, rischierà seriamente di finire fuori dai giochi.” Necessità di un approccio condiviso e attento, che sviluppi nuove metodologie di consumo e nuove catene di valore sono poi altri concetti chiave per Tessarolo, ed è proprio per dare concretezza a queste idee che, oltre al forum, l’Associazione 5Vie sta lavorando alla stesura di un manifesto, tra cittadinanza, operatori di mercato ed enti pubblici e privati. “La nostra Associazione sarà il pivot proattivo del progetto, trasformando i punti individuati in maniera condivisa ed inclusiva nel manifesto, in azioni attuative, con lo scopo di poter realizzare, entro fine 2019, un esempio virtuoso e replicabile di distretto circolare.” La necessità di una visione industriale nuova, o meglio, dalla forma nuova, che da lineare passi a circolare sembra essere più che mai evidente, così come la sfida e l’opportunità che l’imprenditoria italiana non può lasciarsi sfuggire. Scelte chiave saranno quindi investire in ricerca e sviluppo, ripensare il modello produttivo, fare sistema.
di Costanza Rinaldi