Shortage e rimbalzo dei prezzi delle commodities sono temi che trasversalmente toccano tutti i continenti. L’Unione europea deve assumere una iniziativa a tutela delle imprese del Vecchio Continente. Lo chiede Efic, insieme alle associazioni europee di settore.
L’effetto del rimbalzo dell’economia post crisi, la corsa a mettere fieno in cascina, la necessità di rispondere a una richiesta “fortissima”. Carenza di materie prime e rialzo dei prezzi sono figli e conseguenza di questi movimenti. Che avvengono su scala globale e richiedono una risposta almeno europea. E nemmeno è lecito pensare che possano essere fenomeni passeggeri. Bolla o non bolla, gli incentivi, pur molto positivi, come il bonus mobili o il Superbonus 110% hanno spinto sull’acceleratore della domanda. E così i fornitori si sono trovati a dovere rispondere senza avere potuto programmare adeguatamente o a sufficienza.
UNA QUESTIONE INTERNAZIONALE
Un tema, e un problema, che non riguarda soltanto l’Italia, “ma che è sicuramente europeo, per non dire internazionale, visto che si tratta di dinamiche che toccano un po’ tutti i continenti, con il Far Est che gioca un ruolo e una influenza molto forte”. Lo spiega Edi Snaidero, presidente di Efic, la European Furniture Industries Confederation. Ma qual è la situazione attuale e quanto durerà la difficoltà a reperire le materie prime e a che prezzi? “Partiamo dalle cause: sicuramente l’effetto dei lockdown, e dunque delle chiusure industriali che ci sono state nel 2020, hanno avuto un’onda lunga. Mentre il mercato ha dato subito segnali di recupero alla riapertura, dall’altra parte il livello di produzione, che era calato, non poteva raddoppiare per stare dietro alla domanda. Chi ha impianti a ciclo continuo, ad esempio, deve confrontarsi con un evidente limite fisico”. Se a questo si aggiungono le riaperture a macchia di leopardo con la Cina che ha riaperto per prima e con un rimbalzo fortissimo, vien da s’ che “questo ha generato domanda di materiale per moltissime tipologie. Non solo il legno che ha le sue peculiarità. La paura di non avere a disposizione la materia prima, ha generato la rincorsa alle scorte e anche questo, a sua volta, ha generato non poche difficoltà soprattutto a coloro che sono abituati ad acquistare just in time o sul venduto”. Un tema che tocca tutti i mercati e soprattutto tutti i materiali. Tutte le tipologie. “Chiaramente – nota Snaidero – tutto quello che ha a che fare con il petrolio ha avuto effetti ancora maggiori, con derivati e polimeri che interessano il nostro settore sotto diversi punti di vista, dalle colle ai materiali plastici. Non c’è un’area, dall’acciaio in poi che non sia stata coinvolta”.
INCENTIVI DILUITI IN PIU’ ANNI PER EVITARE LA CORSA
Ma cosa accadrà ora? E’ verosimile, secondo le stime di FederlegnoArredo, che la domanda possa sensibilmente calare, adesso che le persone e le famiglie tornano a guardare ‘fuori’ casa. Nuove e diverse scelte di acquisto potrebbero forse calmierare i prezzi? O siamo all’inizio di un trend di crescita? “Se pensiamo alle ristrutturazioni siamo ancora all’inizio. Fino alla fine del 2021 e ancora nel 2022 la tendenza sarà la medesima” secondo Snaidero, che suggerisce di “diluire in più anni gli incentivi – questa la proposta – per evitare la corsa. I termini secchi generano sempre una domanda esagerata e questo genera una pressione forte sulla disponibilità dei materiali e dunque anche sui prezzi”.
Diluire, dunque, il bonus 110% che “non andrebbe ad aumentare il costo per lo Stato, ma potrebbe essere più coerente per le famiglie o le aziende che potrebbero pianificare a medio termine, cercando dunque alternative sui materiali ed evitando di mettere pressione sui fornitori. Un tema che tocca il nostro settore. Dobbiamo organizzarci – chiosa Snaidero – anche perché il settore arredo-casa può essere davvero chiave della ripartenza”.
IMPRESE EUROPEE PER UNA VOLTA UNITE DALLO STESSO OBIETTIVO
Ma il tema, ribadisce il presidente di Efic, è squisitamente internazionale. “La Cina non è un importante produttore di legno, importa dall’Europa: dalla Russia o dall’Ucraina. Paesi che hanno fatto un ban alle esportazioni del legno verso la Cina proprio per bloccare questo trend fortissimo di richiesta cinese”. E anche mantenere in loco i materiali per i loro fabbisogni”. Questo, però, “sta creando un grande problema all’Europa, che non ha una regola di protezione per il mercato interno. Non sta nella logica del mercato comune”. Ma serve una risposta comunitaria. Ecco perché Efic ha chiesto un incontro al vicepresidente della Commissione Ue Vladis Bombrovskis, alla quale parteciperà anche Federlegno. “Evidenzieremo il problema. L’Europa qualcosa deve fare, anche come reazione temporanea. Se alcune nazioni si difendono in questo modo, non fare nulla vuol dire subire”. Il problema ovviamente non riguarda il solo legno, ma in generale tutte le commodities. “Ne consegue che anche i prezzi di vendita vengono ritoccati, generando inflazione e soprattutto probabilmente anche un rallentamento della ripresa perché evidentemente l’aumento dei prezzi non aiuta le vendite”. Ma in attesa dell’Europa, che cosa devono fare gli imprenditori per subire meno la situazione? Aumentare il magazzino o assumere decisioni e iniziative di natura finanziaria? “Ci sarà un effetto positivo sui volumi, ma negativo sui conti. Non è possibile ribaltare completamente e automaticamente i prezzi ai consumatori. Ci sono tempi, ordini in corso e una distanza tra prezzo di acquisto e vendita molto importante. Ci sono contratti e accordi firmati e vanno rispettati anche se economicamente possono essere meno convenienti. Serve tenere i nervi saldi, pianificare meglio e non comperare i materiali ‘come al supermercato’. I fornitori se hanno una pianificazione riescono a gestire meglio il tema dei loro stessi acquisti. La creatività sarà fondamentale per trovare soluzioni, ad esempio riducendo gli scarti, sperando che sia una bolla e che in qualche modo il tutto si normalizzi”.