“Crediamo che l’edificio più sostenibile sia quello già costruito”. Parlano Filippo Pagliani e Michele Rossi, fondatori di Park Associati. Lo studio opera nel settore con una propria identità progettuale forte, che crea affezione con i clienti e tra gli stessi collaboratori, che sono ormai più di cinquanta.
Filippo Pagliani e Michele Rossi, fondatori di Park Associati, sono noti soprattutto per le raffinate ristrutturazioni di edifici destinati a ufficio su territorio milanese. I loro temi centrali sono il recupero, la condivisione, la sostenibilità e la ricerca
Ascolto, intuizione, sperimentazione. Sono vostre ‘parole chiave’. In che modo le applicate in studio?
L’ascolto definisce i confini del progetto, partendo dalle indicazioni del cliente, dagli elementi concreti dettati da regolamentazioni, condizioni economiche, climatiche o ambientali, ma anche dalle dimensioni intangibili e latenti: i valori identitari delle committenze, i desideri e i bisogni dei fruitori, il contesto urbano, sociale e politico. Nel caso di un progetto di recupero dell’esistente, ascolto vuol dire anche comprendere le potenzialità dell’edificio.
Qualche esempio?
Con La Serenissima a Milano, ad esempio, ci trovavamo di fronte a un’architettura dal grande valore qualitativo ma ormai poco funzionale e sostenibile. Abbiamo quindi “dialogato” con l’architetto originale introducendo soluzioni innovative capaci di dare nuova vita all’edificio. Il progetto di ‘hard retrofitting’ degli headquarters di Engie, sempre a Milano, ripensa invece in modo completo un edificio costruito nei primi anni ’80 di scarsa qualità architettonica, restituendo al tessuto urbano un immobile contemporaneo. Accanto al processo analitico c’è sempre la ricerca di una chiave di lettura originale, dove entrano in gioco intuizione e sperimentazione. La ricerca è per noi talmente fondamentale da averci spinto a creare un team interno dedicato. Park Plus si dedica in maniera continuativa e indipendente all’approfondimento di nuovi sistemi tipologici e all’applicazione di materiali, tecnologie e innovazione.
Il vostro studio conta oltre 50 collaboratori. Quando e come è nata la necessità di strutturarvi in tal senso?
Lo studio è stato a lungo composto da circa 25 collaboratori. Tre anni fa per una serie di concorsi vinti, abbiamo raddoppiato organico e fatturato nel giro di pochi mesi: dal 2016 ad oggi lo studio è passato da 1,38 milioni a 5,13 milioni di euro di fatturato, e un team composto da 55 collaboratori. Siamo cresciuti molto per capacità propositiva e competenze, e ci siamo strutturati in termini organizzativi e gestionali per rispondere alle esigenze del mercato. Uno zoccolo duro di professionisti fidati e competenti, con lo studio da oltre dieci anni, ha permesso di gestire questa crescita in maniera fluida.
Quali risultati avete raccolto da questo investimento in risorse umane?
Per molti aspetti questa trasformazione ha fatto sì che anche il nostro modo di lavorare come partner sia cambiato. Paradossalmente, pur essendo molto più impegnati, possiamo concentrarci sugli aspetti progettuali, delegando spesso i temi organizzativi e il rapporto con i clienti. Ci consideriamo ancora un “atelier di architettura”. Questo approccio garantisce una notevole flessibilità, consentendo di rispondere rapidamente ad esigenze diverse che connotano progetti complessi, offrendo un design personalizzato e su misura.
Ovviamente anche la casa di Park Associati si è ampliata. In perfetto tempismo, la grande stamperia che occupava il piano terra del nostro stabile si è trasferita e noi ci siamo allargati, guadagnando spazio fisico e mentale. Oltre ad avere più spazio per lavorare, abbiamo nuove aree per l’accoglienza, l’esposizione dei modelli, gli uffici di Park Plus, il laboratorio e una grande sala da pranzo, adiacente alla cucina. Il piano terra è anche diventato Park Hub, uno spazio che ciclicamente apriamo alla città con eventi, incontri e mostre.
Avete aderito a una campagna di sensibilizzazione per i cambiamenti climatici: quale il messaggio per i vostri interlocutori?
Siamo costantemente impegnati con una filosofia di progetto che innesca e si confronta con il tema della sostenibilità. Raccogliere la sfida della lotta ai cambiamenti climatici insieme a un gruppo di colleghi internazionale è ancora più stimolante e siamo felici che le sinergie tra gli architetti nascano proprio su questo terreno cruciale. Crediamo che l’edificio più sostenibile sia quello già costruito. I clienti conoscono la nostra attenzione verso la sostenibilità ambientale e spesso siamo coinvolti in progetti di recupero di edifici esistenti. Oltre agli elementi classici di sostenibilità, cerchiamo di introdurre il “life assessment”, di progettare cioè in base alla prospettiva di vita dell’edificio stesso, di calcolarne i costi energetici futuri, fino a quelli di un’eventuale sua demolizione.
Anche ‘No Walls but design’ è stata un’iniziativa a cui avete aderito. Quanto è importante per voi questo tema? Integrazione, diversità, barriere… quale la vostra opinione in merito?
Il mestiere dell’architetto per definizione tratta i temi dell’uomo come parte integrante del progetto. L’integrazione e il rispetto sono alla base della nostra attività. Occupandoci spesso di uffici, ma anche di retail e residenziale, ci poniamo costantemente il tema di come costruire un ambiente favorevole alla comunità. Tra i nostri progetti più recenti c’è quello di uno studentato a Milano. Qui stiamo lavorando sui concetti di apertura, accoglienza e dialogo con la città. Stiamo creando ambienti che, per soluzioni tecnologiche, formali e materiche contribuiranno a far incontrare diverse generazioni, esperienze e culture. Muri, barriere, blocchi ed esclusioni non fanno parte del nostro vocabolario, come progettisti e come persone.
Si progetta per l’individuo, ricorrendo alla tecnologia. Come fare dell’innovazione uno strumento volto al miglioramento del comfort abitativo degli edifici?
Approfondimenti progettuali legati alle nuove tecnologie sono da sempre nel dna dello studio. Uno dei campi di lavoro di Park Plus, ad esempio, è la ricerca di tecnologie applicate al mondo della costruzione per usare materiali sostenibili nei progetti, come le strutture in legno. Il nostro modo di pensare al comfort abitativo si concentra sui bisogni olistici del vivere. Il nostro ambiente di lavoro in sé, dove ogni team di progetto lavora in un sistema aperto basato sul dialogo, contribuisce a progettare spazi che mettono la persona al centro.
Quali le sfide e le complessità dell’architettura contemporanea?
L’architettura contemporanea deve rispondere a un mondo che è cambiato molto velocemente. Deve quindi necessariamente ripensare ai propri paradigmi e alle proprie regole. Forse il futuro sarà proprio caratterizzato da un’architettura capace di pensare al progetto non soltanto come qualcosa che fisicamente si costruisce, ma anche e spesso come qualcosa che fisicamente si toglie.