Gilles Bonan, presidente della società francese da 260 negozi nel mondo, racconta l’importanza del made in Italy e del rapporto con i fornitori italiani: “Non potremmo produrre fuori dall’Europa, pregiudicherebbe posizionamento e livello di servizio al cliente”
Il 2018 di Roche Bobois si è chiuso con 257 milioni di ricavi, in crescita del +4,8% a cambi costanti (3,4% a cambi correnti), e con una marginalità misurata in ebitda dell’8,7% sul fatturato. La società francese ha posto obiettivi di crescita al termine di un anno difficile (per note ragioni) nel mercato interno, che rappresenta tuttora la prima destinazione dei suoi mobili, confermando la stima dei 320 milioni di euro di ricavi entro il 2021. E già alla fine di quest’anno dovrebbe raccogliere risultati positivi in termini di fatturato, con una progressione analoga a quella del 2018, e di margini, con un ebitda previsto tra il 9 e il 10% dei ricavi. Gilles Bonan, président du directoire dell’azienda fondata nel 1960 e dallo scorso anno quotata in Borsa a Parigi, racconta a Pambianco Design che le leve della crescita sono i mercati esteri trainanti, Usa e Cina su tutti, e la divisione contract. Ma i veri segreti del successo di Roche Bobois sono da un lato la sua impostazione organizzativa, dall’altro lo stretto legame con l’Italia, nato dalla gestione delle operations e poi consolidato anche a livello societario con l’ingresso di Tip-Tamburi Investment Partners, che ha acquisito gradualmente quote azionarie fino a sfiorare il 35% del capitale.
Roche Bobois e l’Italia. Quando è iniziata la liason?
La definirei una prossimità storica. Già negli anni Settanta collaboravamo con designer italiani come Luigi Gorgoni e da sempre ci affidiamo all’Italia come polo manifatturiero dell’arredo. Oggi la nostra produzione è per due terzi made in Italy. Tra Roche Bobois e l’Italia c’è quel che in Francia definiamo come Je ne sais quoi, un certo non so che…
Quali sono per voi i distretti di riferimento?
Il polo più importante è quello di Forlì, dove possiamo contare su fornitori storici specializzati nel mobile imbottito. Per altri mobili specifici facciamo riferimento al distretto della Brianza. In generale, troviamo in Italia un savoir-faire che altrove non c’è. Quando mi chiedono perché Roche Bobois non abbia scelto di produrre in aree più convenienti come l’Asia o l’Europa dell’Est, io rispondo sempre spiegando che in quelle zone non troveremmo le capacità produttive che invece troviamo in Europa occidentale, dove gestiamo il 100% della nostra produzione tra Italia, Francia, Portogallo, Svezia, Inghilterra. Ai nostri clienti assicuriamo la personalizzazione, la scelta del rivestimento, del colore, della misura… Questo non si può fare se la produzione è stata delocalizzata in Cina con logiche di industrializzazione. Possiamo invece farlo in Italia, dove il sistema ci garantisce una produzione di tipo semi artigianale: è una forza per il marchio e un vantaggio per il cliente, che può scegliere liberamente.
A livello di tempistica, la produzione in Europa vi aiuta nell’essere più rapidi con le consegne?
Sì, anche se poi i tempi si allungano nel caso in cui i mobili siano destinati ai nostri negozi negli Stati Uniti. Per gestire meglio quell’area così importante per il nostro business, ci siamo organizzati creando magazzini di pronta consegna e fornendo stock addizionali di nostri best sellers.
Quali sono i principali mercati di Roche Bobois?
La Francia resta la prima destinazione, davanti agli Stati Uniti che sono in crescita a doppia cifra. Gli altri mercati per noi importanti sono in generale l’Unione Europea, la Svizzera e la Cina che occupa la quinta posizione per fatturato. Per anni abbiamo faticato a imporci in Germania ma oggi siamo cresciuti, portandoci a una decina di negozi di proprietà e raccogliendo un certo successo.
La vostra politica commerciale si fonda sul negozio monomarca. Quanti ne avete?
Siamo a circa 260 store in 55 paesi del mondo. Quelli di proprietà sono circa 110, posizionati nelle principali città mondiali e in quelle aree che possiamo coprire con maggior sicurezza perché le conosciamo bene: Europa, Stati Uniti, Canada. Laddove bisogna essere presenti ma non disponiamo di tutte le conoscenze per esser certi di ottenere successo, preferiamo appoggiarci a partner locali e avviare i franchising. La linea di sviluppo si fonda pertanto su un mix tra investimento diretto e franchising.
Come va negli Stati Uniti?
Abbiamo recentemente aperto il nostro quarto negozio a Manhattan, secondo in Upper East Side, ed è un flagship di proprietà come del resto lo sono tutti i negozi situati nella costa orientale degli Stati Uniti. Siamo molto soddisfatti e cresciamo double digit.
In molto stanno valutando o attuando investimenti produttivi negli Usa. Voi ci avete mai pensato?
In passato lo avevamo anche fatto, ma abbiamo preferito concludere l’esperienza perché il fornitore locale non poteva disporre di tutte le possibilità di scelta, penso alle pelli o ai tessuti, di cui dispongono i nostri fornitori europei. Di conseguenza, il cliente finale non era soddisfatto. Inoltre, per gli americani è molto importante l’identità francese ed europea di Roche Bobois e pur di garantirsela, è disposto ad aspettare qualche settimana in più.
E la Cina come sta andando?
È il Paese con il maggior tasso di crescita. Oggi abbiamo 14 negozi ma in futuro potremmo averne anche 40 ed è destinata a diventare un mercato fondamentale per il nostro brand.
Come siete organizzati a livello design?
Roche Bobois fa tre mestieri diversi: siamo contemporaneamente editori, franchiser e distributori per i negozi di proprietà. La nostra storia però è iniziata con il primo dei tre mestieri, preparando il progetto dapprima sulla carta per poi individuare il giusto fornitore con cui svilupparlo e, una volta messo a punto, lo presentiamo alla rete internazionale che lo valuta e la conseguente decisione è quasi una forma di democrazia diretta, perché tutti si esprimono nel merito. Questa modalità di scelta condivisa viene applicata anche all’interno dei nostri dipartimenti creativi che sono tre in tutto: il primo è specifico per l’imbottito, il secondo segue il mobile contemporaneo e il terzo la collezione denominata Les Nouveaux Classiques, che poi è una reinterpretazione degli stili classici francesi dal XVIII° al XX° secolo. Si aggiunge infine una parte dedicata alla gestione di lampade e oggetti decorativi. In tutto parliamo di una quindicina di persone, a cui vanno però aggiunti i designer esterni che collaborano con noi.
Qual è il core business?
L’imbottito rappresenta circa la metà della produzione, il resto è costituito da mobili per la casa e complementi d’arredo. Non facciamo cucine o bagni perché abbiamo preferito concentrare le nostre attenzioni sull’esistente, certi che le possibilità di sviluppo esistono sia nel retail sia nel b2b e nel contract, canale per il quale abbiamo creato dipartimenti dedicati a Parigi, New York, Londra e Montecarlo, prendendo in carico progetti di alto livello. Per noi il contract è hotellerie, ristorazione, uffici e spazi di coworking, mentre non siamo intenzionati a entrare in quello residenziale se non per le aree comuni, perché fare migliaia di camere non è il nostro mestiere.
Quanto vale questo nuovo business?
Il contract è ancora piccolo e attualmente genera il 5% del fatturato complessivo, con grandi margini di crescita. Il 95% dei ricavi dipende dalla rete dei negozi.
Qual è il negozio più bello di Roche Bobois?
Domanda difficile… Forse l’effetto wow più forte lo abbiamo ottenuto con lo store posizionato al 207 di boulevard Saint-German a Parigi, perché è un negozio storico, perché lo abbiamo appena ristrutturato con l’apporto del designer Raphael Navot, perché è a Parigi, perché è in Saint-German e perché ha un’architettura spettacolare.
il canale online? Avete dei progetti di sviluppo per l’e-commerce?
Finora il web è stato impostato in maniera funzionale alla visita in negozio, infatti abbiamo preferito investire nella digitalizzazione dei negozi con l’applicazione di software 3D per sviluppare i rendering delle case dei clienti e per far provar loro la realtà virtuale. Ora siamo pronti per l’e-commerce diretto e già a luglio inizieremo a utilizzarlo in Francia per poi estenderlo in Germania, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti. In ogni caso, l’online non andrà in concorrenza con il negozio tradizionale perché ogni ordine sarà gestito dagli store della nostra rete internazionale. Questo vale anche per gli Usa dove non avrebbe senso entrare in piattaforme di largo consumo come quelle esistenti, perché apparteniamo a un altro livello e perché il nostro brand è presente fin dal 1974 in quel mercato e gode di grande prestigio.
Come si immagina Roche Bobois tra quattro-cinque anni?
Credo che il b2b per noi sarà sempre più importante, anche se non so dire con esattezza quanto potrà offrire in termini di percentuale sul totale, ma sono certo che abbiamo tutte le carte in regola per diventare un attore importante del b2b di alto livello.
Per concludere: cosa vi aspettate dai vostri fornitori italiani e cosa, secondo lei, si aspettano loro da Roche Bobois?
Loro da noi si aspettano un costante apporto in termini di creatività e di innovazione di prodotto. Noi invece ci aspettiamo altrettanta innovazione nelle operations, perché noi non siamo industriali mentre loro lo sono, pertanto è necessario che investano in tale direzione e con particolari attenzioni rivolte ai processi legati alla sostenibilità.