Ludovica e Roberto vanno oltre la conoscenza delle radici storiche dell’architettura e del design per analizzare la società e le necessità dell’uomo contemporaneo.
Un settore che pare assopito, forse in attesa che le cose cambino senza però disturbare troppo, ancorato a stilemi e strategie del passato che non riescono ad aggiornarsi ai modi e ai tempi della comunicazione odierna. Che è mutevole, veloce, immediata e accessibile. Invece, Ludovica e Roberto Palomba sembra abbiano tutta l’intenzione di dire che anche il mondo del design deve trovare un suo linguaggio per adeguarsi e correre a fianco del mondo digitale, un’enorme opportunità per crescere e arrivare a comunicare a molti, non più a pochi.
DALLO STORYTELLING AL PERMANENT STORYDOING
All’interno dei social media le cose funzionano apparentemente in molto semplice. Tu dici qualcosa, questo interessa a un determinato gruppo di persone, i followers, che con i suoi like dà consenso a quanto espresso attraverso un fee, un’immagine o un video. Una volta trovato il proprio consenso di pubblico, ci saranno sempre altre persone che vorranno seguire il tuo esempio, e lo faranno prendendo spunto da te. “Qualcuno nel settore dell’arredo dovrà pur iniziare, e quando lo farà sfruttando i canali giusti, con il linguaggio giusto, allora anche le altre aziende capiranno e potranno seguirne l’esempio, cavalcando l’onda dell’avvento del digitale”. Roberto Palomba è molto critico rispetto alle dinamiche attuali di aziende e brand che lavorano nel mondo del design, ancora ostinate a non volersi adeguare. “Esiste una grande opportunità, e dobbiamo accorgercene. In passato, parlavamo a una piccola nicchia perché era impossibile raggiungere un pubblico così ampio in poco tempo. Oggi, se si riuscisse a dialogare con i mezzi a disposizione senza per forza usare i nuovi strumenti per dei contenuti vecchi, allora forse potremmo avere grandi chance”. Lo studio Ludovica+Roberto Palomba da tempo lavora a fianco delle aziende cercando di cambiare le cose dall’interno, senza limitarsi a disegnare un prodotto, ma provando a scardinare sistemi e metodologie per crearne di nuove. Il lavoro fatto (tutt’ora in divenire, di cui vedremo gli ultimi risultati al prossimo Salone del Mobile) con Ideal Standard è un progetto complessivo sulla visione del brand, che ora propone differenti linee dall’alto al medio al basso di gamma. In Poltrona Frau, azienda esclusiva che offre prodotti destinati al mondo del lusso, è stato fatto un lavoro insieme a Nicola Coropulis, brand director del marchio di Tolentino, per provare a capire che il mondo Frau poteva essere proposto a una realtà di persone più complessa e allargata. Ludovica racconta: “Abbiamo avuto un’intuizione. Il loro heritage sta nella tradizione e nei valori; abbiamo proposto dei prodotti che non ripercorrono stilemi, ma hanno aperto finestre su un’altra visione. Ha funzionato. Questa operazione in azienda è stata definita una rivoluzione copernicana”. Per raccontare questi e altri progetti in corso, lo studio ha da tempo abbandonato la classica comunicazione con una visione ‘passatista’ delle cose, per abbracciare la contemporaneità, lavorando in sinergia con un team di giovani di un’agenzia che si occupa di digital. “Per capire come sistemizzare temi complessi, dovremmo essere tutti obbligati ad affrontarli, affidandoci a chi ha una visione e allo stesso tempo vive coi piedi saldi nel presente. Il lavoro che stiamo facendo con quest’agenzia smantella del tutto le caratteristiche dell’approccio metodologico tradizionale”. I primi risultati si vedranno verso marzo 2020, ma continuerà ad essere un lavoro in divenire, così come dev’essere quando si parla di digital. “Lo storytelling – commenta Roberto – è ormai cosa passata. Oggi si guarda al permanent storydoing. Dobbiamo raccontare storie condivise, che viviamo in modo quasi voyeristico. Questa è la chiave per comunicare davvero al giorno d’oggi”.
INDUSTRIALIZZARE IL SISTEMA
Purtroppo la realtà è che il mondo del progetto non è ancora in grado di fare tutto questo. Radicate in un sistema novecentesco, è come se le aziende del design non avessero accettato la rivoluzione digitale in atto. Si tratta di un ambito molto diverso dal sistema moda, dove tutto è cambiato in modo molto più veloce e dove i fatturati sono completamente diversi, così come il rapporto con l’essere umano. “La vita dell’uomo – ragiona Roberto – si scandisce secondo le regole dettate dalle tre ‘f’: food, furniture e fashion. Non possono essere considerati prodotti voluttuari. Per la sopravvivenza, l’uomo deve mangiare, vestirsi e dormire, altrimenti muore. Peccato però che l’abitare sia diventato un tema estremamente voluttuario. Oggi non riusciamo a trovare una via di mezzo tra il prodotto di bassa gamma e quello esclusivo. Per cambiare le cose davvero, servirebbe una rivoluzione”.
Nonostante siano fiduciosi e possibilisti, i Palomba propongono di cominciare tutto dall’inizio, dimenticando vecchi sistemi e vecchie strategie di mercato, ormai passate per i tempi contemporanei. Propongono una soluzione che parte dagli errori fatti e guarda avanti, verso qualcosa di totalmente nuovo. Ovvero, l’industrializzazione del sistema. “Dobbiamo fare un ragionamento sul processo industriale”, racconta Ludovica. “Noi lavoriamo con le aziende dell’arredo ma anche con il settore del bagno. Sono due ambiti estremamente differenti. Nel bagno, ci interfacciamo con interlocutori che realizzano prodotti recepiti da una stretta nicchia di persone, ma anche da un vasto pubblico. Tra i due mondi c’è una grande differenza che sta nella produzione industriale. Quando ordini un arredo italiano, aspetti dalle otto settimane in poi prima di averlo in casa. Se ordini un sanitario, nel giro di una settimana ti è già arrivato. Dove sta la differenza? Le aziende del bagno, nonostante i fatturati non siano esorbitanti, producono a prescindere dall’ordinato. Per arrivare a una produzione industriale si deve ridurre il costo standardizzando la qualità, rendendola accessibile in grandi quantità. Quando questo non è possibile, si rimane nella dimensione dell’artigianato di scala”. Un sistema che ad oggi propone, per esempio, 100 divani con 800 finiture differenti, non potrà mai funzionare in modo veloce e snello come richiede il mercato. Facendo un’analisi puntuale sulle dinamiche di business attuali, si può lavorare su un numero limitato di proposte, messe a magazzino e indirizzate verso una produzione industriale che coinvolge un processo di digitalizzazione in grado di abbattere alcuni costi di produzione. “Non sono contro l’elitarietà”, aggiunge Roberto “ma credo fortemente nella necessità di dover proporre qualcosa che stia nel mezzo, tra offerta mainstream ed esclusività: coprendo il mercato con un ampio ventaglio di proposte differenti tra loro, si potrebbero davvero cambiare le cose”.
A questo cambiamento di sistema radicale si va ad aggiungere poi la comunicazione, da affrontare consapevoli di esser di fronte a una velocissima rivoluzione digitale. “Questa grandissima opportunità ci consente di raggiungere, senza costi esorbitanti, una vastità di persone, anche a livello internazionale. Se un’azienda fosse disponibile al cambiamento, forte della sua identità e delle sue potenzialità nel mondo del lusso e dell’alto artigianato, potrebbe raggiungere anche la massa, aprendo ad altre aree di prodotto. Capite l’enorme potenzialità di questa cosa?”. Ciò non significa svalutare un brand, come si potrebbe erroneamente pensare. “Significa essere industriali. Mi piacerebbe un giorno svegliarmi e scoprire che parte del mondo dell’arredo è diventata più industriale”.
I supporti per un’operazione simile oggi ci sono. Molte aziende hanno alle spalle fondi d’investimento, associazioni e possibili sinergie con altri fenomeni legati alla produzione e all’industria. “Noi ci definiamo ‘gli apostoli dell’anche’. Non dico di escludere una proposta di nicchia, ma dico che oggi è possibile, forse necessario, fare anche altro. Una delle cose che ci insegna il web è che l’infinito è finito e che possiamo davvero fare tutto e il contrario di tutto”.
L’EXPERIENCE CASA STELLA
Un esempio di operazione di comunicazione strategica perfetto, ben studiato e indirizzato all’audience che vede nel social media un strumento valido per approfondire, è il progetto architettonico e di interior dell’abitazione milanese di Paolo Stella, noto influencer ma “prima di tutto, uomo di contenuti”, come precisa Roberto. Paolo ha una grande capacità di comunicare ed entrare in empatia con il suo pubblico di followers. L’operazione che è stata fatta, mira a far vivere la casa non solo al suo proprietario, ma anche alle persone che lo seguono sui social. Un primo vero caso di experience legata all’abitare, possibile grazie alla rivoluzione digitale. Non stiamo parlando di nulla di nuovo, è un processo già avvenuto in passato su altri media, come la televisione. “Esempio emblematico – spiega Roberto – di come qualcosa di elitario e poco noto, si possa magicamente avvicinare al grande pubblico, è l’operazione fatta a suo tempo da Luciano Pavarotti e il gruppo composto con Placido Domingo e Josè Carreras, i ‘Tre Tenori’. Così come la rivoluzione digitale porta tutto alla superficie e fluidifica, è successo lo stesso con l’opera. Prima le persone approcciavano questo ambito spaventate dal grado di competenza richiesto. Pochissimi sapevano davvero cosa fosse l’opera lirica. Un giorno arrivano i Tre Tenori, Pavarotti semplifica il sistema dell’opera ‘barbarizzandolo’, traducendolo in un concerto trasmesso alla tv. Con quello che tutti chiamano Vincerò, ma che in realtà si chiama Nessun Dorma ed è tratto dalla Turandot di Puccini, la gente scopre la lirica e l’aria sale alle vette delle classifiche, restandoci per settimane. Le giovani generazioni si avvicinano a qualcosa che fino a quel momento era considerato ad uso esclusivo di una élite, chiusa nei teatri e nei salotti buoni. Ecco, questo è lo stesso processo racchiuso nel progetto della digitalizzazione. Si deve semplificare, per rendere tematiche e contenuti accessibili a tutti”.Con il progetto di Casa Stella, il suo proprietario rende accessibili dei messaggi complessi: attraverso un sistema di comunicazione e progressione, riesce a far entrare le persone in empatia, portandole anche ad approfondire alcune tematiche. Ludovica Serafini descrive la casa come un progetto in grado di sviscerare emozioni, storie e sentimenti di chi la abita. “Abbiamo disegnato oggetti ed elementi in grado di raccontare Paolo. C’è una serie di specchi nel corridoio, dove lui si riflette la mattina attraverso stories e selfie: è un’abitudine quotidiana che i suoi follower aspettano ogni giorno, un tormentone chiamato specchio Stella”. Le aziende coinvolte dallo studio, come B&B, Zucchetti, Elmar, Laufen, hanno colto la potenzialità del progetto e si sono impegnate a capire la strategia di comunicazione che sta dietro un’operazione simile. “La casa diventa come una pagina di Instagram. Se riesci a trasmettere delle emozioni legate a una cucina, a una poltrona, a uno specchio, stai rivoluzionando un sistema ancora profondamente ancorato al catalogo e alla fotografia fredda, che ha come mero scopo quello di vendere un prodotto. Questa è la grande differenza. L’emozione, e la trasmissione dell’emozione”.
25 ANNI IPERTESTUALI
Quando si parla di una poltrona e dell’emozione che deve trasmettere, nel mondo digitale si utilizzano dei ponti, dei link, per permettere all’utente finale di provare delle emozioni precise anche senza viverle direttamente sulla sua pelle. Questo ponte è esattamente quello che gli architetti dello studio Palomba Serafini Associati hanno voluto ricercare per mettere in mostra 25 anni del loro lavoro. “Dei link in grado di collegare i nostri progetti non a degli stili rassicuranti, che raccontano un percorso coerente, ma piuttosto cercando il modo di cambiare ogni volta le regole del gioco”.
Roberto e Ludovica raccontano Ipertesto, titolo della mostra inaugurata il 5 dicembre alla Galleria Tommaso Calabro di Milano e che presenta circa 20 oggetti frutto della sperimentazione e del lavoro fatto con alcune aziende che collaborano con lo studio. “Anche Tim Berens-Lee, quando presentò per la prima volta al Cern la sua bozza di progetto degli attuali spazi elettronici connessi a internet, parlò di ipertesto: un testo che non segue percorsi lineari. Noi abbiamo fatto la stessa cosa. I nostri progetti sono linkati ad altri testi che si discostano da una dimensione spaziale rettilinea”. La scelta della galleria non è un caso. Mostrare questi progetti in una fiera non sarebbe stato coerente, mentre all’interno degli spazi di Tommaso Calabro è possibile raccontare un percorso simile, poiché si tratta di una “galleria aperta e intertestuale. È un luogo aperto alla creazione di progetti dove si dà spazio a diverse possibilità percettive e connettive tra le discipline più disparate. Tommaso ha accolto il nostro desiderio di metterci in discussione in modo diverso, provocandoci a raccontare il nostro lavoro attraverso un percorso ipertestuale mettendo insieme oggetti legati tra loro, ma analizzabili esattamente come accade con la navigazione web”. Pezzi unici che verranno battuti all’asta, i cui ricavi andranno parte alle aziende coinvolte, alla Galleria e tutto il resto verrà devoluto all’associazione Pane Quotidiano. Cosa si vedrà, dunque, in mostra? Ricerche specifiche su materiali, espressività di ergonomie inaspettate su equilibri instabili, racconti di ordine e disordine. È un viaggio molto personale, vissuto all’insegna della scoperta.