Arriva dalla Cina un messaggio forte di sistema per il made in Italy. A lanciarlo è la seconda edizione del Salone del Mobile a Shanghai. Dopo l’esordio dello scorso anno, quando un pubblico indistinto alla ricerca di idee e prodotti italiani aveva preso d’assalto gli stand, quest’anno la nostra manifestazione fieristica ha affinato il proprio posizionamento nella terra del dragone. Con una ferrea selezione degli operatori ‘benvenuti’ al Salone, e l’esclusione della parte non interessante del grande mercato asiatico, il risultato è stato eccellente, sia in termini di immagine, sia in termini di business, avendo consentito rapporti più mirati con la clientela veramente interessata ai prodotti made in Italy. La selezione non ha riguardato solo i visitatori, perché la stessa logica selettiva è stata applicata anche agli espositori, scelti in base a qualità e soprattutto alle capacità aziendali di puntare sulla Cina, in una sorta di gentlemen’s agreement, come l’ha definito il presidente del Salone del Mobile Claudio Luti, per un obiettivo comune. Non è probabilmente la prima volta che una simile logica selettiva prende piede. Ma in questo caso non si è stata la conseguenza di una selezione del mercato, bensì di una strategia pianificata, definita come modus operandi da ripetere nel tempo. Appare infine interessante come, proprio attraverso la doppia selezione (dell’offerta e della domanda), si punti ad affermare “una logica di sistema con investimenti programmati a lungo termine”. E non solo all’interno dei confini del design. “Attorno al mobile – ha spiegato sempre Luti – stanno nascendo azioni analoghe legate al food e al fashion. Insomma, l’obiettivo è ambizioso e la novità più rilevante è costituita dall’aver affrontato, per una volta, la scommessa cinese con idee chiare e di sistema.
David Pambianco