Le operazioni di finanza straordinaria, dalle aggregazioni alla managerializzazione di family company, sono state al centro della discussione nella tavola rotonda che ha visto confrontarsi, sul palco di Palazzo Mezzanotte per l’8° Pambianco – Interni Design Summit, Giovanni Battista Vacchi, amministratore delegato di Colombini Group, Walter Ricciotti Managing Director di Made in Italy Fund e Andrea Sasso Chairman e CEO di Italian Design Brands (IDB).
I tre poli invitati al confronto rappresentano tre approcci diversi al concetto di aggregazione: un fondo; un gruppo, Colombini, che seppur dalla forte presenza di una famiglia imprenditoriale italiana ha scelto però la strada della managerializzazione e IDB, risultato di un club deal. Ad accomunare le tre realtà, la volontà di crescere tramite aggregazioni nel rispetto del dna delle aziende acquisite, alla guida delle quali mantenere gli imprenditori già presenti. Ma non solo, un impegno condiviso è anche quello verso l’innovazione, la sostenibilità e il welfare.
ISPIRARSI AL MODELLO FRANCESE DEL FASHION
“Siamo il risultato di un club deal con un’ottima combinazione tra soci finanziari di altissimo standing capitanati da due sponsor, Fabio Lorenzo Sattin fondatore e presidente di Private Equity Partners e Paolo Colonna, che pesano per il 67%, e dai primi imprenditori che hanno aderito al progetto, Giovanni e Michele Gervasoni, che pesano per il 33 per cento”, esordisce così Andrea Sasso spiegando come dal 2015 IDB abbia unito eccellenze italiane riunendo nove società divise in tre aree strategiche di affari: quattro società nell’arredo, tre nella luce e due nel luxury contract. “Ognuno di noi – prosegue Sasso – quando parla di ‘creazione di un polo’ dice di voler diventare il Louis Vuitton del design. Questo significa che l’intenzione è di riprodurre nel design quel modello francese già esistente nella moda”.
SCOMMETTERE SULLA BORSA COME PUNTO DI PARTENZA: SÌ A TRASPARENZA E CAPITALI
A voler scommettere sulla Borsa è IDB che ha, di recente, annunciato l’intenzione di quotarsi nel primo semestre 2023 sul segmento Star, quello ad alti requisiti. “Sin dall’inizio, azionisti e management hanno sempre parlato di quotazione, considerandola un punto di partenza e non di arrivo. Due sono gli aspetti che troviamo attrattivi in questa operazione, la trasparenza nella presentazione delle aziende e dei brand agli investitori e la raccolta di capitali che permette di accelerare il nostro passo. Un passo importante considerando che fino ad oggi abbiamo fatto un’acquisizione all’anno, due addirittura nel solo 2018. E speriamo che anche questo sia l’anno per due acquisizioni”. IDB punta alle pmi tra i 5 e i 30 milioni di euro di fatturato che stanno andando bene e con l’intenzione di mantenere alla guida gli imprenditori già in azienda che si trovano così a potersi confrontare sulle scelte con colleghi non competitor, riuniti in diversi comitati organizzati da IDB, con focus, ad esempio, sull’illuminazione o sull’arredo.
L’IMPRENDITORE RESTA AL CENTRO ANCHE DOPO L’INGRESSO DI SOCIETÀ FINANZIARIE
Tutte e tre le realtà interpellate, concordano sull’importanza di mantenere nelle aziende acquisite gli imprenditori che le hanno fondate, nel rispetto del dna e della storia dei brand.Dell’ingresso di società finanziarie nel capitale delle aziende familiari parla Walter Ricciotti che con Made in Italy Fund sta seguendo diverse operazioni in settori che spaziano dalla moda al vino e vede progetti interessanti nel mondo del design che considera un settore ancora più “sfidante” per la rilevanza che assume la figura dell’imprenditore: “Oltre ad aver investito, poco dopo la partenza del fondo nel 2019, in Mohd, con il quale stiamo facendo un percorso di straordinaria crescita e dopo un +50% nel 2021 prevediamo di chiudere il 2022 a +30%, siamo vicini a chiudere un’altra operazione con una singola azienda monobrand”, anticipa Ricciotti rivolgendo alla platea di imprenditori l’invito a valutare la possibilità di aprirsi a investitori, ricordando quanto sia necessaria la crescita dimensionale per competere a livello internazionale. Secondo Ricciotti, il settore del design è ricco di sfide e per affrontarle servono allo stesso modo competenze e capitali.
CRESCERE CON AGGREGAZIONI E MANAGERIALIZZAZIONE
Aggregazioni e managerializzazione, insieme, hanno caratterizzato il percorso di Colombini Group che nel 2021 ha realizzato un fatturato di 270 milioni di euro, dei quali l’85% sul mercato italiano. Il gruppo sanmarinese, ma con il 50% delle maestranze italiane e tre stabilimenti con circa 1.200 persone impiegate, ha sempre avuto nelle corde sia la crescita organica attraverso una rete di 4mila multibrand per il prodotto white label ‘Colombini Casa’ e attraverso una rete retail a marchio Febal Casa, la cui acquisizione nel 2009 avviò un processo di aggregazione di marchi “in epoca non sospetta”, chiosa Vacchi. “Siamo investitori di lungo termine, industriali – afferma Giovanni Battista Vacchi -, noi parliamo di ‘senso del capitale estremamente paziente’ infatti desideriamo aggregare altre aziende del design e dell’arredamendo dove il fondatore, il manager, il dna dell’azienda decide che vuole rimanere con un’altra famiglia per i prossimi dieci-quindici anni o oltre”. La più recente acquisizione per Colombini Group, che produce cucine e mobile componibile, è stata quella di Bontempi Casa, avvenuta nel 2021, che ha portato le sue competenze nel ‘centro stanza’ cedendo una quota del 60%, ma mantenendo i quattro cugini alla guida della società. “Oggi siamo alla ricerca di nuove opportunità, ma senza fretta”, conclude Vacchi.
DISTRIBUZIONE: IL FUTURO È OMNICHANNEL
Sul fronte e-commerce, IDB, che ad oggi vende il 7% online tramite e-commerce indiretto, sta studiando di realizzare una piattaforma di vendita diretta e una modalità di vendita indiretta ma controllata. “L’evoluzione è in atto – commenta Sasso – e noi andiamo in questa direzione”. Durante il Covid, racconta il manager, abbiamo investito in digitale, imparando a dialogare con i designer e a lanciare e vendere prodotti online.
È concorde Ricciotti che con Mohd prevede di mettere a segno un +30% quest’anno, dopo un +50 nel 2021 e spiega come oggi non sia più così netta la dicotomia tra investitori industriali e investitori finanziari. Colombini Group, invece, è interessato solo marginalmente all’e-commerce e vuole proseguire con una strategia basata sul retail fisico: “I nostri clienti hanno bisogno del contatto diretto per pianificare i propri progetti – afferma Vacchi -. Questo sarà il futuro della nostra distribuzione”. Si dice “non ossessionato dall’apertura di nuovi negozi” invece, Sasso, soddisfatto dei 4 dos e dei 15 monobrand di cui dispone IDB, ma dichiarandosi intenzionato a raddoppiare il numero dei monobrand tramite dealer. “Se si apre un negozio però, deve reggere, non lo si può fare per puro marketing”, chiosa il manager. “Per poter sostenere un retail – conclude Vacchi riallacciandosi alle affermazioni di Sasso – bisogna aumentare il numero di ingressi nei negozi e gli scontrini medi. Riuscire ad avere un’offerta completa di prodotto è senz’altro uno dei fattori vincenti del retail”.
L’INTERNAZIONALIZZAZIONE RESTA UN MUST, FACILITATO DALLA DIMENSIONE
Lo sviluppo verso i mercati esteri è tra le ragioni principali che spingono le aziende ad aggregarsi. IDB dal 2020 ha realizzato tre filiali in Cina, Inghilterra e Stati Uniti. “Operazioni che aziende dai 5 ai 30 milioni di euro di fatturato non possono mettere in atto”, evidenzia Sasso. Filiali che possono diventare il braccio commerciale delle aziende che entrano a fare parte di un gruppo. “Così come la quotazione in Borsa aiuta ad attirare talenti – conclude Sasso -, avere alle spalle un grande polo industriale attira manager di alto livello”.
LA VOLATILITÀ IMPATTA SU BORSA E M&A
La Borsa sta cambiando focus, dalla crescita alla redditività, in questo contesto la situazione della aziende interessate da operazioni di finanzia straordinaria è sotto osservazione. “Il repricing che c’è stato sui mercati quotati – commenta Ricciotti – avrà un impatto anche sui mercati privati, perché non sono così decorrelati, anche se ad oggi non lo vediamo. Siamo sicuri, però, che non andrà a ridursi l’attività di m&a, a maggior ragione nel settore del design dove prevediamo resterà intensa seppur a multipli più contenuti rispetto a uno o due anni fa. Il settore attende sfide importanti, vediamo tante operazioni nel settore e anche noi cerchiamo di essere parte attiva”.
“In questo momento c’è tanta volatilità che impatta non solamente il mercato borsistico ma anche le operazioni di m&a, ma confermiamo ancora una volta il nostro interesse a seguire questa direzione”, aggiunge Sasso affermando che “chi ha storie eccellenti non deve aver paura di quotarsi”.
Per Colombini Group, che al momento non considera la Borsa tra le opzioni percorribili, il tema non si fermerà alle m&a nel mondo del design. “Crediamo che oggi per competere a livello globale – conclude Vacchi – si debba riuscire ad avere economie di scala che non devono essere invasive, ma devono portare competenze sui sistemi informativi, sull’HR, sul talent management, sulla ricerca dei giovani, sul poter dare una visione di lungo periodo, sulla tecnologia. Noi abbiamo implementato un sistema di intelligenza artificiale nel manufacturing che stiamo cercando di portare anche nelle altre aziende. Tutto questo si riesce a fare se si ha un minino di scala e di volume, altrimenti è difficile. Per competere, quindi, è giusto aggregarsi ognuno poi valuti le modalità tra fondi, Borsa e poli”.