Lo scenario descritto dallo studio milanese racconta un settore in rivoluzione che deve rispondere alla società globalizzata, all’internazionalità della concorrenza e alla velocità dei mercati. Super partes, vedono terreno fertile in Italia per continuare a produrre ed esportare il made in Italy.
“Il design è comunicazione in ogni suo aspetto”: a metà tra una dichiarazione d’intenti e una dichiarazione d’amore. Con questa frase l’attitudine dei due giovani architetti a capo dello studio Calvi e Brambilla. Fabio e Paolo, entrambi lombardi ed entrambi laureati al Politecnico di Milano, hanno le idee molto chiare sul carattere dei loro lavori, tra commissioni da grandi aziende, qualche ristrutturazione per residenze privati e allestimenti fieristici e d’arte che hanno portato quest’anno alla menzione per la Medaglia d’Oro dell’Architettura italiana e l’ADI Design Index nel 2016. “Io e Fabio abbiamo iniziato a lavorare insieme 10 anni fa e ci siamo trovati ad avere una comune passione per l’arredamento italiano e per il settore dell’illuminazione” racconta Paolo. Con trascorsi professionali affini ma differenti, uno passando dalla Brunel University of West London per approdare a Milano nel ruolo di art director degli allestimenti di Flos, e l’altro con una specializzazione all’Università Politecnica di Barcellona e una carriera freelance come architetto e docente, i due oggi sono a capo di uno studio focalizzato sulla costante ricerca di soluzioni innovative sia dal punto di vista funzionale che tecnico. Collaborano prevalentemente con aziende, perché prediligono un rapporto professionale che entri nelle logiche di marketing e di produzione e “perché nel relazionarsi con i privati forse bisogna avere un’attitudine che noi non abbiamo” aggiunge Paolo con un velo d’ironia. Da un punto di vista sicuramente privilegiato, super partes ma inserito nel progetto, hanno il palco d’onore per osservare le dinamiche nazionali e internazionali, così come per apprezzarne i cambiamenti o evidenziarne i difetti. “Sicuramente quello che sta succedendo oggi nel nostro settore è una piccola rivoluzione che segue quello che è già successo nel mondo della moda. Da uno scenario composto di tante aziende medio-piccole si sta passando ad aggregazioni che devono rispondere a logiche gestionali e di mercato differenti” osserva Paolo.
In questo modo, secondo i due architetti, alcuni marchi potranno assumere posizioni più stabili sul mercato, ma generalmente quelli piccoli che vogliono sopravvivere dovranno essere molto attenti alle loro specificità, mentre quelli più grandi saranno tenuti a trovare criteri nuovi. La società globalizzata e l’elevata velocità 5 hanno un peso marcato e di conseguenza una precisa influenza sulla modalità di gestione interna delle aziende così come sugli obiettivi. E questo è a prescindere dalla loro geolocalizzazione. “Un nostro cliente come Grohe ha delle logiche di mercato molto specifiche, mentre i grandi gruppi italiani con i quali abbiamo lavorato come Cassina, Molteni o Zanotta, adottano altri sistemi, indirizzati verso la creazione di un lifestyle più che di singoli prodotti. E’ un modo completamente diverso di progettare e lavorare e in questo gli italiani sono ancora molto bravi.” Lo studio milanese si confronta anche con aziende, come Pedrali, che con una produzione strabiliante, una catena di montaggio robotizzata e un’efficienza straordinaria è un’ottima azienda che sta crescendo molto velocemente, oppure Barovier&Toso che si colloca agli antipodi perché ha una produzione rigorosamente artigianale e fatta su misura. A parte questi casi isolati, per i due architetti l’industria dell’arredamento dello stivale sta vivendo un periodo di rinnovamento forte, nel quale però è ancora preponderante la capacità italiana del saper fare raggiungendo livelli di eccellenza unici. “Questo non vuol dire che non ci sia la qualità altrove. In ogni azienda italiana c’è una consapevolezza delle radici storiche differente.” Le carenze risiedono invece nelle disorganizzazioni interne, ancora “vecchia scuola”, che rischiano di far perdere terreno, soprattutto sul mercato internazionale. “Qui ci sarebbe tutto lo spazio secondo noi per aziende più grandi e strutturate. Bisogna solo vedere come si assesterà il panorama nei prossimi anni.” Questa è la fotografia dell’industria italiana scattata dallo studio Calvi Brambilla e in questa immagine, i due architetti riconoscono ancora un altissimo livello del made in Italy, inteso come la qualità complessiva fatta di prodotto, produzione e comunicazione, ancora difficile da rintracciare all’estero. di Costanza Rinaldi