Andrea Abodi, presidente ICS, offre una panoramica sullo stato dell’arte e i possibili sviluppi di un settore che rappresenta un importante driver di sviluppo per il contesto urbano. Si prevede che in futuro le strutture sportive possano divenire luoghi in cui non solo si pratica sport, ma dove sarà possibile trovare servizi connessi al territorio. Inoltre, sarà sempre più incentivato lo sviluppo di queste aree nelle aree pubbliche: per la rigenerazione urbana, cruciali le “sport city”, in cui le piste ciclabili vanno oltre la dimensione urbana e promuovono anche il turismo lento, oltre che la pratica sportiva allargata. Il PNRR potrebbe aiutare il miglioramento dell’offerta, ma l’Italia deve ancora fare i conti con strutture non efficienti.
Dal vostro punto di vista, e dal continuo contatto con il mercato, come e in che modo è cambiata la progettazione delle infrastrutture sportive negli anni?
Se guardiamo il mondo, in estrema sintesi, è cambiato ed è in continua evoluzione il concetto di infrastruttura sportiva: cambiano i contenuti, la funzionalità e le caratteristiche distintive nell’ambito dello sviluppo urbano. Se osserviamo le dinamiche di questo tema nel nostro Paese, purtroppo, avvertiamo ancora una profonda arretratezza, a vari livelli: dall’analisi dell’esistente alla pianificazione di ciò che manca, dall’eventuale esigenza di nuovi impianti, al miglioramento qualitativo di ciò che già c’è. Due fattori rappresentano la frontiera: il primo è lo sviluppo di una banca dati “ingegnerizzata” sulle oltre 80.000 infrastrutture sportive italiane, da integrare con informazioni sempre più profonde che consentano di acquisire elementi utili su vari fronti, a partire dal tema energetico. Dagli impianti più complessi, stadi e grandi palazzi per lo sport, alle infrastrutture socialmente più “delicate”, a partire dalle scuole e senza trascurare gli oratori; il secondo elemento è rappresentato dall’adozione della Building Information Modeling (BIM), che garantisce alla progettazione degli interventi, sia relativi a nuove infrastrutture che alla loro riqualificazione, una ricchezza di informazioni e una flessibilità funzionale sempre più necessarie e utili, anche nella prospettiva di una gestione ottimizzata degli impianti, nel tempo.
Che nuove esigenze ci sono? Sono legate alla pandemia? A nuovi sport o nuove attività promosse in maniera diversa rispetto al passato?
Sono quelle legate alla necessità che le infrastrutture sportive siano sempre più funzionali alle esigenze dei clienti, vecchi e nuovi, e che siano più sostenibili, dal punto di vista sociale, ambientale e finanziario, rispondendo alla necessità di moderni requisiti di sicurezza ad ampio spettro, efficienza energetica, intelligenza tecnologica e piena accessibilità. D’altro canto, la pandemia ci ha certamente e drammaticamente insegnato tante cose relative anche allo sport in tutte le sue declinazioni, ai suoi luoghi e al modo di farlo insieme, tutti elementi dei quali si dovrà tener conto nella definizione dell’agenda futura, che sempre più velocemente diventa presente. In quest’ottica, bisognerà pensare anche ai nuovi sport, che ormai si vanno affermando ovunque, creando un’offerta sempre più multidisciplinare. Non potremo lasciare andare da soli gli e-sports, che sarà utile collegare in qualche modo allo sport praticato, per evitare una paradossale e dannosa concorrenza, puntando a un utilizzo integrato delle infrastrutture sportive in senso lato. Nascerà e si svilupperà una nuova generazione di infrastrutture sportive che conterranno un mix di contenuti sportivi e servizi connessi, variabile a seconda della loro localizzazione e delle specifiche esigenze del territorio, anche nella logica della offerta alle famiglie, in chiave intergenerazionale.
Crede che i nuovi progetti in via di sviluppo possano essere driver di crescita per città, quartieri, comunità?
Il concetto di “sport city” sarà elemento centrale dei progetti di rigenerazione urbana e sarà fondamentale declinarlo come masterplan, in un’ottica territorialmente allargata, dando la giusta priorità alla capacità di incidere in chiave anticiclica, servendo prioritariamente le aree socialmente più fragili della Nazione, quelle che ne hanno maggiormente bisogno. Altro elemento fondamentale sarà una pianificazione degli interventi di efficientamento energetico nell’impiantistica sportiva a tutti i livelli, per raggiungere obiettivi diversamente importanti: garantire un futuro migliore alle infrastrutture e a chi le gestisce, anche alla luce della crisi energetica; sintonizzare concretamente lo sport con l’agenda 2030, facendo diventare il network degli impianti sportivi uno strumento di promozione e di testimonianza viva delle politiche ambientali italiane; contribuire all’abbattimento dei livelli di CO2 utilizzando più energia da fonti rinnovabili, possibilmente autoprodotta. A supporto di quanto sopra, fornisco un solo dato: le inefficienze energetiche nelle nostre infrastrutture sportive determinano diseconomie finanziarie stimate per un importo che è più del doppio del finanziamento pubblico allo sport, pari a un minimo garantito di 410 milioni di euro. Forse è il caso, anche in questo ambito, di cambiare passo, magari con un piano decennale, ma con effetti quotidiani.
Come lavorate con pubblico e privato?
Una banca come la nostra, l’unica pubblica in Italia e l’unica al mondo tra le oltre 500 banche pubbliche al mondo a occuparsi tematicamente di Sport e Cultura, non può limitarsi a erogare credito, funzione peraltro molto importante, avvertendo il dovere di creare condizioni di sviluppo ed efficienza dei e nei settori che ci sono stati affidati. Abbiamo elaborato un Piano Industriale – 2020-2023 – orientato proprio a servire questo scopo, attraverso un portafoglio di opportunità funzionali alle specificità dei nostri Clienti, presenti e futuri, configurando due servizi che consentiranno, sempre più efficacemente, di perseguire gli obiettivi: sviluppare analisi, studi e ricerche che consentano di acquisire i dati che orientino le scelte delle politiche pubbliche e degli investimenti privati; consolidare le attività di advisory che potranno favorire piani di fattibilità di singoli progetti e masterplan di aree più o meno vaste, che avranno bisogno di una sempre più stretta e reciprocamente utile collaborazione tra la componente pubblica e quella privata. A questo proposito, ICS Advisory sta lavorando su una ventina di iniziative tra le quali il nuovo palazzo dello sport di Cantù – 40 milioni di euro di investimento – che ha appena ottenuto la dichiarazione di pubblica utilità dall’amministrazione comunale, su proposta di Cantù Next Spa, in accordo con la Pallacanestro Cantù e il supporto della Regione Lombardia.
Cosa cambia grazie all’attuazione del PNRR?
Mi auguro che il PNRR, con la misura dedicata all’impiantistica sportiva, riesca a incidere sul miglioramento dell’offerta. Nei prossimi mesi avremo evidenza della titolarità dei comuni in relazione ai 700 milioni di euro a disposizione e della loro capacità di rispettare tutti gli adempimenti per poter disporre di tali finanziamenti, definitivamente. Da parte nostra, l’Istituto per il Credito Sportivo si è predisposto per mettere a disposizione di eventuali esigenze di co-finanziamento altri 500 milioni di euro a condizioni agevolate, grazie al supporto del Fondo dello Stato dedicato ai contributi in conto interessi sull’impiantistica sportiva, che ICS gestisce in regime di separatezza e gratuità. A questo punto le risorse finanziarie non mancano, quindi mi auguro che il “portafoglio progetti” sia all’altezza di questo patrimonio che sarà ulteriormente incrementato nel tempo dalle risorse finanziarie del bando “Sport e Periferie” e dalle altre misure che saranno messe a disposizione dall’Europa. Altre misure, attraverso le Regioni e, in particolare, le finanziarie regionali, saranno invece a disposizione di soggetti privati che potranno usufruirne non soltanto nell’ottica dello sport, ma in quella dell’impresa che sviluppa progetti infrastrutturali dedicati a questo segmento basilare dell’economia sociale dell’Italia.