Un art director fiammingo per il marchio italiano storicamente legato all’arredo di design. Vincent Van Duysen racconta com’è nata una collaborazione che punta a durare nel tempo.
Scomodando Goethe, a rapporti come quelli tra Molteni e Vincent Van Duysen verrebbe da applicare la definizione di ‘affinità elettive’. Soggetti lontani, per appartenenza geografica e teoricamente anche per forma mentis, entrano in sintonia e sviluppano idee in modo del tutto naturale, accomunati da una visione del mondo che, a prescindere dalle latitudini, presenta appunto delle forti ‘affinità’. La nobile realtà dell’arredo made in Italy, antesignana delle collaborazioni con i grandi maestri dell’architettura del Novecento, ha scelto come art director per le linee Dada e Molteni questo cinquantaquattrenne fiammingo, che ha conquistato il ‘dottor’ Carlo e gli altri componenti della famiglia con la sua capacità di concepire lo spazio come elemento armonico, discretamente elegante e, al tempo stesso, in grado di infondere benessere a chi lo vive quotidianamente. Leggenda (confermata dall’interessato) vuole che le ultime riserve, se mai ci fossero state, sulla determinazione molteniana di assoldare Van Duysen siano state sciolte alla vista della sua casa in Belgio, coerente concretizzazione di una filosofia di vita e di una concezione degli ambienti tali da far presagire un matrimonio felice e duraturo. “Per me Molteni è un punto di riferimento fin dagli anni Ottanta quando, terminati gli studi, mi trasferii a Milano – ha raccontato a Pambianco Design l’architetto fiammingo – ma i primi contatti con loro sono abbastanza recenti. Tutto è iniziato con un grande progetto residenziale che ho seguito a Riad e per il quale il mio cliente chiedeva un fornitore italiano d’arredi, per cui fu scelta Unifor, che fa parte del Gruppo Molteni. Da allora i rapporti sono diventati più stretti, attraverso la realizzazione della linea Gliss Master per gli armadi, del letto Ribbon, fino alla progettazione nel 2016 degli stand per le fiere di Colonia e Milano. Una settimana prima dell’ultimo Salone del Mobile, il dottor Carlo mi propose di diventare loro art director e accettai senza riserve”. Fu l’epilogo di un lungo corteggiamento professionale, il coronamento di una relazione che aveva superato lo scoglio della convivenza e dei primi progetti condivisi. “Da me, Molteni si aspetta una direzione di stile. Vorrei contribuire realizzando soluzioni belle, mai eccessive, moderne e al tempo stesso attente all’integrità e alla funzionalità dell’oggetto. Ho grande rispetto per il dna aziendale, per quanto Molteni ha saputo realizzare in passato collaborando con Gio Ponti, Aldo Rossi, Jean Nouvel, Luca Meda e gli altri maestri che hanno creato pezzi perfettamente inseriti nello spazio concepito secondo Molteni.
Gli altri designer di cui si avvale l’azienda opereranno in piena autonomia. Io mi sto concentrando sull’habitat, su una visione d’insieme arricchita da qualche dettaglio importante, che darà un contributo di modernità ma senza forzature”. E il rapporto con l’Italia, con l’interpretazione italiana del design? “Meraviglioso! In fondo, ormai, mi sento un po’ italiano e forse, in una vita precedente, lo sono realmente stato”.
di Andrea Guolo