Matteo Nunziati è partito dall’arredo, sviluppando collaborazioni con i migliori brand del made in Italy, per arrivare a progettare grattacieli a Dubai, Doha, Nuova Delhi e Miami, compresi quelli del presidente Usa. Con una costante ricerca dell’armonia progettuale.
Quando si cerca di definire un progettista, per inserirlo nella categoria dei designer o degli architetti, spesso si ricorre allo slogan di Ernesto Nathan Rogers, “Dal cucchiaio alla città”, a indicare che lo stesso metodo può essere utilizzato per piccoli oggetti al pari delle realizzazioni più complesse. All’epoca di Rogers era particolarmente diffusa l’esigenza di coerenza e armonia progettuale, di centralità del ruolo dell’architetto nella reinvenzione del mondo nel dopoguerra. La professione del designer era sconosciuta, e pochi addetti ai lavori sapevano che cosa significasse l’espressione “design”. Oggi, a quasi mezzo secolo dalla scomparsa dell’architetto che firmò Torre Velasca assieme a Belgiojoso e Peressutti, occorre tornare a parlare di armonia progettuale e di centralità del progetto, termini che contraddistinguono il lavoro di Matteo Nunziati, a capo di uno dei più interessanti studi di architettura e di design nel panorama internazionale, in grado di spaziare dalla scala dell’edificio a quella dell’oggetto pur partendo non dalla città, bensì dal cucchiaio ovvero dal mondo dell’arredo.
Come inizia la sua avventura professionale?
Quando ho aperto il mio studio avevo ventisette anni. Ho iniziato andando al Salone del Mobile di Milano con un book di progetti, che cercavo di proporre agli imprenditori del settore. La strategia non era ovviamente quella giusta; tutti erano concentrati sui clienti e nessuno aveva tempo da dedicare a un giovane designer. La mia fortuna è stata la disponibilità di Massimo e Stefano Grassi, proprietari della Matteograssi, un’azienda di arredo conosciuta soprattutto per la lavorazione della pelle. Guardando un mio disegno di un tavolo basso, mi dissero che era quello che stavano cercando e mi chiesero di tornare a trovarli appena dopo il Salone. Realizzarono il prototipo che piacque e il prodotto ebbe successo.
Con chi avrebbe poi collaborato?
Con alcune delle più importanti aziende di arredamento, illuminazione e rivestimento. Posso citare Molteni & C., Poliform, Fiam, Flou, Lema, Tonon, Coro, Gruppo Martini Illuminazione, Fontana Arte, Florim-Cedit, La Murrina, Teuco, Rapsel, Lualdi e Listone Giordano. Con alcune di queste siamo al lavoro per il prossimo Salone del Mobile di Milano.
Cosa rende unico il rapporto con questi marchi?
Sono consapevole che la mia risposta non sarà originale ma collaborare con le aziende italiane – un mix unico di artigianalità, sperimentalismo e industrializzazione – è un terreno di sfida e di apprendimento unico per noi progettisti. Ed è ancora più interessante stabilire un rapporto continuativo con la marca per poter partecipare ad un processo evolutivo; sempre di più, ci chiedono di progettare non un singolo pezzo ma un sistema d’arredo, un paesaggio domestico. Il lavoro nel settore del design è per il mio studio un entusiasmante ping pong tra messa a punto tecnica ed estetica.
Qual è il suo contributo a livello di design per queste aziende?
In tutti i nostri progetti, le scelte che prevalgono tendono alla ricerca della bellezza nella semplicità. Una sorta di classicità contemporanea dove per “classico” si intende un oggetto che possiede un equilibrio tra tutte le parti, dalla grande scala fino al minimo dettaglio. Citando Ludwig Mies van der Rohe, sono convinto che Dio sia nei dettagli.
Come opera nella progettazione a livello internazionale?
Nel 2006 Abyaar Real Estate and Development Company, una delle maggiori società di sviluppo immobiliare in Medio Oriente, ci scelse per realizzare il Radisson Blu Residence Dubai Marina. Ci venne richiesto proprio di coordinare il progetto in tutte le sue fasi, dalla cura dell’estetica dell’esterno al design interno, dai rivestimenti all’illuminazione, dall’arredamento al landscape. Come spesso accade quando operiamo all’estero, il progetto di architettura viene realizzato in collaborazione con un local partner, in questo caso con KEO International Consultant ed Atkins.
Il total concept viene poi affidato ai partner locali?
La cura del dettaglio, per la quale ci appassioniamo alla scala dell’oggetto, non ci abbandona quando lavoriamo all’architettura. Seguiamo quindi tutto il processo, la fase esecutiva e anche quella costruttiva. Il Radisson Blue ci ha permesso di esportare in una delle più importanti metropoli del mondo l’eccellenza dell’italianità, un metodo di lavoro che tenesse assieme tutto, e non faccio riferimento alla sola creatività progettuale. Chi lavora molto con le imprese di costruzioni in paesi stranieri sa quale sia l’abilità e l’esperienza realizzativa che possiamo trasmettere ai partner locali.
Negli Emirati avete anche gestito il mondo dei long term apartment. In che modo?
Dal 2011 al 2017 abbiamo lavorato al Fraser Suite West Bay Doha, progetto commissionatoci da una delle più influenti famiglie del Qatar con oltre 60 milioni di euro di investimento. Si tratta di un hotel 5 stelle con 396 appartamenti; ampi spazi per l’ospitalità affacciati sul lungomare di West Bay in una torre residenziale di cinquanta piani, che interpreta lo stile décor arabo con un linguaggio contemporaneo. All’interno del complesso, in un articolato progetto di interior design, abbiamo lavorato agli spazi abitativi ma anche a tutti gli spazi comuni, ristoranti, bar, lounge, il centro benessere e le sale conferenze
Tra le collaborazioni compare anche il nome di Trump….
Nel 2014 ho disegnato gli interni della prima Trump Towers in India, a Pune, per un noto costruttore indiano. Il progetto architettonico è stato curato da un partner locale sotto la nostra supervisione. Nell’agosto dello stesso anno Donald J. Trump e suo figlio Donald Trump jr. visitarono l’appartamento tipo appena ultimato. L’attuale presidente degli Stati Uniti dichiarò alla stampa che un progetto di tale cura era difficile da trovare anche a Manhattan. Dopo qualche tempo ricevetti una telefonata da New York: era la Trump Organization che mi chiedeva di incontrare Donald Trump e sua figlia Ivanka per il progetto di rinnovo di un loro albergo a Miami. Ovviamente pensai a uno scherzo ed invece mi dovetti ricredere: presi il primo aereo e mi ritrovai seduto nella sala riunioni della Trump Tower al 725 della 5th Avenue a New York.
Il rapporto sta proseguendo?
Stiamo lavorando alle Trump Towers di Nuova Delhi, che saranno inaugurate nel 2022. Le due torri da cinquanta piani per 182 metri d’altezza sono situate nel quartiere di Gurgaon, una delle zone residenziali più prestigiose della capitale indiana. Come per le opere sino ad ora progettate, i 250 appartamenti avranno arredi e finiture italiane. Sono coinvolte nell’operazione anche due importanti società immobiliari, M3M di New Delhi e Tribeca Developers di Mumbai, che hanno investito oltre 187 milioni di dollari in questo progetto. Nel frattempo stiamo lavorando al rinnovamento del Trump National Doral di Miami, un resort all’interno di uno dei più grandi campi da golf degli Stati Uniti.
Dal cucchiaio alla città, quindi?
Lo studio ha lavorato e lavora anche a progetti di case unifamiliari o di singoli alloggi. In questi ultimi anni abbiamo progettato gli interni di un attico del Bosco Verticale e di Citylife. L’esperienza americana ci ha però permesso di affacciarci ad una committenza che acquista alloggi in grandi building; abbiamo appena terminato l’attico all’interno del grattacielo 432 park Avenue New York che oltre ad essere uno degli edifici residenziali più alti al mondo è recentemente divenuto anche il più esclusivo grazie alla vendita di una delle penthouse per 95 milioni di dollari.
Sul tema della residenza vi siete molto esercitati, quale altro ambito le piacerebbe sperimentare?
Gli spazi pubblici, i musei e anche gli spazi sacri. Ambiti nei quali potrei sentirmi meno vincolato dal conto economico e dalla attrattività immobiliare delle opere che progetto.
Come siete organizzati per affrontare tutti questi progetti?
In studio siamo quindici persone. Il reparto architettura ed interior sviluppa i progetti di concept design, invece per i disegni esecutivi coinvolgiamo partner internazionali sotto la nostra supervisione. In questo modo riusciamo a mantenere una struttura agile ed efficiente che si espande in base ai progetti su cui stiamo lavorando. Fondamentale per la realizzazione del progetto è anche la supervisione in cantiere: al momento abbiamo nostri project manager che vivono a Dubai, Doha, Miami e New Delhi. Le piattaforme digitali che supportano progetti complessi sono fondamentali; stiamo implementando tutti la nostra competenza BIM (Building Information Modelling) e Revit per riuscire ad essere efficienti e sempre più complementari ai nostri partner internazionali.