Luce pubblica, dolenti note: l’Italia resta in vetta alla classifica dei Paesi che spendono di più in Europa per rischiarare strade, piazze, parcheggi, ospedali, parchi ed edifici statali in genere. Secondo una ricerca coordinata da Carlo Cottarelli, già commissario straordinario alla spending review, con l’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nel 2017 la spesa per l’illuminazione pubblica era stata di 1,7 miliardi di euro, con un consumo annuo di elettricità di circa 6.000 GWh e una quota di energia pro capite di 100 kWh (la media UE è di 51 kWh).
Nel 2019 la cifra è salita a 1,8 miliardi, ed è arrivata a sfiorare i 2 miliardi negli ultimi anni: a conti fatti, sono 28,7 euro di spesa per ogni cittadino italiano, contro i 20 euro dei francesi e i 6 dei tedeschi. E all’orizzonte non si vedono miglioramenti.
Impianti obsoleti, luci sempre accese, troppi lampioni e spesso ravvicinati o mal posizionati sono soltanto una parte – sia pur rilevante – del problema. In effetti si stima che già nel 60% dei nostri comuni le lampadine siano già state rimpiazzate con i Light Emitting Diodes (LED), e dovrebbe essere una buona notizia: ma quando si vedranno i risultati e, soprattutto, è davvero questa l’unica via da seguire?
Il LED di sicuro consuma di meno (si calcola un risparmio di circa il 40% rispetto alle fonti tradizionali), ma da solo non basta: secondo il lighting designer Marco Petrucci, laureato in Disegno Industriale presso l’Università La Sapienza di Roma, specializzato in Design and Technologies of Lighting al Politecnico di Milano, oltre che membro dell’APIL (l’associazione dei professionisti dell’illuminazione), la natura e l’efficienza delle fonti luminose sono fondamentali, ma per tagliare gli sprechi e ottenere risultati esteticamente migliori, che tengano conto delle peculiarità del paesaggio urbano pur senza rinunciare a comfort e sicurezza, è indispensabile partire da una progettazione illuminotecnica realizzata su misura. Utilizzando, in sinergia con le aziende produttrici, il meglio delle tecnologie disponibili per trasformare i corpi illuminanti in parte integrante di una pianificazione urbanistica virtuosa.
Illuminare meglio le aree urbane spendendo meno: i LED sono la soluzione?
La prima città italiana a essere completamente illuminata a LED è stata Milano, in concomitanza con EXPO Milano 2015. Ai tempi fu fatto esclusivamente un cambio lampada basato sul mero valore nominale di ogni punto luce, invece di considerare i rispettivi lumen emessi delle vecchie sorgenti. Il risultato è stato che, dove sono state sostituite le lampade al sodio, l’illuminamento è sceso del 30%, dove sono state cambiate le lampade a ioduri metallici l’illuminamento è rimasto pressoché uguale e dove sono state sostituite le lampade al mercurio l’illuminamento è aumentato considerevolmente. Questo ha portato a strade buie e a strade troppo illuminate. Nel tempo, tuttavia, sono stati apportati interventi correttivi e oggi la situazione è migliorata considerevolmente.
Che cosa si potrebbe fare, in alternativa?
Mi hanno insegnato a osservare i luoghi e a rispettarli, e questo mi porta a creare una luce su misura attraverso la semplicità. Ma, come sosteneva l’architetto Vico Magistretti, “la semplicità è la cosa più complicata del mondo” e, dunque, per applicare la semplicità a una macchina complessa come quella dell’illuminazione pubblica, una soluzione potrebbe essere la formazione settoriale dei singoli professionisti, unita a una diffusione della cultura della luce già a partire dai piani di studio accademici. A questo punto però mi chiedo: se i progetti sono sviluppati utilizzando tecnologie sempre più avanzate, perché le gare d’appalto vengono aggiudicate con il massimo ribasso e l’offerta economica più vantaggiosa?
Quando si parla di ‘luce pubblica’ cosa si intende esattamente?
Il termine ‘luce pubblica’ implica differenti scenari, e solo attraverso un’approfondita analisi vernacolare del luogo e una progettazione partecipata si può elaborare un progetto. Le domande da porsi sono diverse. Chi vive la città? Come risultano ai cittadini gli scenari notturni urbani? Come trovare un equilibrio tra normative, sicurezza, emozioni, sensazioni, restituzioni delle architetture nello scenario notturno e qualità della luce? Trovo interessante quanto ha dichiarato in un’intervista Giancarlo Basili, lo scenografo de ‘L’amica geniale’, secondo il quale “la luce nelle città dovrebbe essere progettata”, affermazione elaborata in seguito ai sopralluoghi effettuati nelle piazze e nei centri urbani che sarebbero poi diventati set dei film. E dunque proviamo a chiederci: la luce nelle nostre città cosa ci trasmette, come ci fa sentire? Al sicuro? Risulta essere molesta perché abbaglia? Oppure sembra troppo debole o assente? Quali sensazioni percepiamo? Il punto, quindi, non è se la luce sia necessaria o meno: il punto è se esiste un progetto illuminotecnico capace di restituire al paesaggio notturno la città, quella città.
Il progetto inizia con l’oscurità e aggiunge la luce solo se supporta la creazione di luoghi notturni e protegge la vista della volta celeste. Prima di tutto bisogna chiedersi: chi vive la città? Come vengono percepiti dai cittadini gli scenari notturni urbani? Come trovare un equilibrio tra normative, sicurezza, emozioni, restituzioni delle architetture nello scenario notturno e qualità della luce? I luoghi dell’abitare urbano, come pure le tecnologie, sono in continua trasformazione, ma per garantire modelli che siano conformi al risparmio energetico e all’eliminazione dell’inquinamento luminoso, è necessario che alla base ci sia un progetto illuminotecnico. Questo consentirebbe anche un efficientamento dei punti luce poiché, grazie alle ottiche performanti degli apparecchi LED, è possibile ridurne la quantità. Ricordiamoci che la luce è un materiale costruttivo che cresce insieme alla città e si integra con il progetto architettonico e urbanistico.
C’è qualche esempio da citare fra i suoi lavori?
Con l’architetto Piero Castiglioni abbiamo sviluppato il progetto illuminotecnico dell’Area Portello a Milano, dove la luce, in linea con il concept architettonico, giocato sui volumi, propone di utilizzare apparecchi su palo, apparecchi tipo bollard, apparecchi integrati nelle architetture. Il ponte ciclopedonale di collegamento tra il parco e l’area residenziale e direzionale è illuminato con apparecchi lineari integrati nella struttura, mentre la nuova piazza vede un sistema di apparecchi su palo che provvede all’illuminazione generale di tutti gli spazi. Sempre con Castiglioni abbiamo realizzato l’ultimo edificio di City Life firmato da BIG-Bjarke Ingels Group, che ha tra i temi di progetto l’illuminazione pubblica. Qui la luce viene intesa come elemento progettuale e scenografico dell’architettura, rende riconoscibili le diverse aree del complesso e le diverse funzioni che vi si svolgono, indica i luoghi di accesso, segnala i percorsi, permette la sosta, il lavoro, la convivialità nel rispetto della natura e dell’immagine discretamente integrata nel landscape notturno. Il layout illuminotecnico qui è stato rielaborato tenendo in considerazione i pali già esistenti a City Life: vengono quindi utilizzati gli stessi apparecchi con le stesse caratteristiche in modo da creare continuità e uniformità con il progetto dell’intera area.
Esistono delle regole da seguire per definire una pianificazione della luce efficace?
Non parlerei di ‘regole’: utilizzerei piuttosto la parola ‘metodo’. In effetti, non credo che esistano delle regole per illuminare bene, proprio perché la regola di per sé è un preconcetto che allontana da un corretto approccio progettuale. Ritengo invece che si debba arrivare a pensare e a progettare la luce osservando prima lo spazio. Per esempio: l’uniformità dell’illuminamento, ossia il rapporto fra l’illuminamento minimo e l’illuminamento medio su una data superficie, in alcuni casi potrebbe generare un discomfort visivo. Pensiamo alla luce di un tramonto al mare: è una situazione dove predomina l’abbagliamento, eppure ci trasmette delle emozioni uniche e ne contempliamo il fenomeno fino al tramontare del sole. Una buona illuminazione non è statica ma in movimento, esattamente come la luce diurna. La luce, quindi, potrebbe essere interpretata non soltanto come entità puramente quantitativa e funzionale, ma anche come qualità emozionale, che abbia lo scopo di favorire la percezione degli spazi pubblici creando differenti scenografie luminose.
Quindi gli ambienti pubblici dovrebbero essere meno illuminati rispetto a oggi?
L’utilizzo del buio, delle ombre e della disuniformità di illuminamento genera comfort visivo, e questo non deve essere visto come una eventuale mancanza di luce o di sicurezza, ma come lo strumento per conferire un’identità a un luogo, trasformandolo in un punto di riferimento per la vita notturna. Un paesaggio privo di ombre sembra atemporale, poiché non ha nessun riferimento visivo relativo al tempo, e questo, a livello psicologico, svolge un ruolo importante.
Quali sono gli strumenti per migliorare i risultati e ridurre gli sprechi?
Scontato dire l’utilizzo delle sorgenti luminose LED e il controllo dei livelli di illumina- mento nell’arco temporale: detto questo, per quanto riguarda l’illuminotecnica il discorso si chiude. Di fatto, è necessario sviluppare un progetto illuminotecnico mantenendo alta la facoltà di ragionamento che richiede tempo, dedizione e disciplina; occorre riuscire a direzionare la luce dove serve, scegliere e ottimizzare la durata di funzionamento e, per fare bene queste semplici cose, è necessario non smettere mai di studiare.
In futuro sarà la tecnologia a gestire totalmente gli scenari luminosi delle città?
Non si tratta di affidare in toto le nostre vite alla tecnologia, ma grazie all’Internet of Things (IoT) già oggi i lampioni stradali possono dialogare tra loro e con altri smart object, scambiandosi dati su controllo del traffico e gestione dei parcheggi, tracciabilità di persone, animali, oggetti, raccolta d’informazioni sulle previsioni meteo della città e tanto altro. Gli apparecchi integrati nei sistemi di comando intelligenti consentono un utilizzo degli impianti di illuminazione orientato alle esigenze e al rispetto dell’ambiente: attraverso la programmazione di scenari, dopo la mezzanotte – o quando si ritiene opportuno – è infatti possibile ridurre il flusso luminoso o utilizzare sensori di movimento o crepuscolari. Fondamentale è infine la manutenzione, perché la segnalazione in rete delle singole lampade malfunzionanti o spente permette un efficientamento delle performance dell’intero impianto. Ovviamente la qualità dei prodotti è determinante per raggiungere le prestazioni desiderate: per questo comunicare con le aziende che producono apparecchi d’illuminazione è fondamentale, ma anche dialogare con la committenza, il team di progetto, le maestranze e i cittadini è di vitale importanza per una buona riuscita di un progetto.