Crea relazioni di fiducia e innesca le giuste opportunità di business: è il manager, un ruolo sempre più cruciale negli studi di architettura per rispondere alle sempre più sfidanti richieste del mercato.
Un Paese, il nostro, che conta più studi di architettura e architetti rispetto alle altre nazioni europee. Il volume d’affari generato dalla complessa macchina dei servizi legati alla progettazione ci posiziona tra i primi dieci Paesi a livello internazionale. Ironia della sorte però, il fatturato medio d’impresa è tra i più bassi d’Europa (fonte SDA Bocconi School of Management). Serve dunque valorizzare il grande potenziale dell’architettura italiana, accelerando processi che portino al successo economico della categoria. Negli ultimi anni una figura professionale cruciale si sta insediando, specialmente all’interno di grandi studi di progettazione: il Business Developer, ruolo ancora poco presente sul mercato, difficile da formare e prezioso, in grado di creare reti di connessioni essenziali per nuove strategie di crescita necessarie. Figura manageriale legata al focus sulle relazioni esterne dello studio, in grado di stringere precisi rapporti con clienti e potenziali partner di progetto in modo da allargare il network dello studio. L’obiettivo? Definire le giuste strategie organizzative e finanziarie dell’azienda, studiando le condizioni del mercato e identificando sempre nuove opportunità di business. Oltre ad una formazione legata a marketing e strategie d’impresa, le abilità necessarie vengono apprese con l’esperienza sul campo.
Potenzialità di crescita come nel settore contract
Per certi versi, esiste un parallelo tra questa professione, che negli anni verrà sempre più richiesta e diverrà ruolo cruciale all’interno di uno studio di progettazione, e il professionista che una decina di anni fa si occupava di contract, settore cresciuto in modo esponenziale a cui si sono approcciate tante aziende, individuando grandi opportunità di business. “Vent’anni fa, chi operava all’interno del settore si contava sulle dita di una mano” commenta Gian Luca Colombo, manager del settore arredo e contract. “Quando iniziai fu una pura casualità. Nel distretto del mobile in Brianza si stava sviluppando questo ramo della progettazione, ma nei primi anni 2000 era la proprietà ad occuparsi di questo business. Ho iniziato a muovere i primi passi in questo senso da manager, pur non essendo il diretto proprietario dell’azienda. In questo modo ho avuto la possibilità di costruirmi una storia professionale solida nel mondo contract, lavorando per grandi gruppi e occupandomi di start-up, divenendo col tempo responsabile della direzione generale del settore contract all’interno delle aziende”. Tra gli ultimi traguardi raggiunti, lo sviluppo della divisione dedicata ai grandi progetti per Italian Creation Group, holding industriale fondata nel 2013 da Giovanni Perissinotto e Stefano Core, con in portafoglio brand come Valcucine, FontanaArte e Driade. “Lavorando esattamente con la stessa strategia necessaria per una start-up, ho fatto crescere la divisione dal punto di vista commerciale e operativo, costruendo la struttura più idonea per poter approcciare progetti specifici”. Le figure professionali all’interno delle aziende specializzate nel settore contract stanno crescendo sempre più, specialmente negli ultimi dieci anni, per far fronte a una domanda del mercato in forte crescita. “Vedo un certo parallelismo con quanto sta accadendo all’intero degli studi – riflette Colombo – che stanno affrontando la medesima situazione che si è verificata con il contract nelle aziende venti anni fa. Oggi è quasi d’obbligo passare ad una fase successiva, legata all’organizzazione interna, specialmente se parliamo di grandi studi di progettazione. L’architetto fondatore dello studio, che generalmente si occupava di tutto, comprese le relazioni commerciali, deve necessariamente individuare una figura che lo affianchi sul lato business e crescita: c’è la necessità di individuare una figura commerciale, il Business Developer, appunto”. Per la tipologia di interlocutori con cui si confronta e per il ruolo specifico, inserirlo all’interno della sfera commerciale non è però del tutto corretto. “La chiave sta nella rete di connessioni, grazie a cui si arriva a determinati interlocutori e partner. E’ un ramo del business dell’azienda, dello studio, che funziona per rapporti di carattere apicale, dunque è necessario che la figura individuata abbia una certa esperienza nel settore e che soprattutto venga immediatamente identificata come parte integrante dello studio. Il cliente deve percepire questo tipo di interlocutore come fosse lo studio stesso: freelance o professionisti poco ingaggiati non funzionerebbero. Oggi la competitività all’interno degli studi è sempre maggiore, dunque l’individuazione di una figura del genere è vitale. Siamo ancora in una fase embrionale del processo, servirà del tempo, esattamente come è avvenuto con il contract. Chi prima intuisce l’importanza del Business Developer prima arriva rispetto agli altri, e si posiziona a un livello interessante di competitività sul mercato. Io lo vedo come un attaccante da aggiungere alla squadra, in grado di portare risultati concreti”. Dunque, per una naturale evoluzione e per rispondere in modo concreto alle richieste del mercato, anch’esso in veloce evoluzione, serve uno sviluppo in questo senso se uno studio desidera evolversi e crescere. “Si tratta, in fin dei conti, di una attività imprenditoriale a tutti gli effetti e come tale ha bisogno di un apparato commerciale che segua di pari passo l’evoluzione dello studio. – conclude Colombo – Per poter individuare queste figure, penso che una buona soluzione sia guardare all’interno del mondo arredo, in cui il costante dialogo tra lato tecnico e business genera opportunità da anni. E in fin dei conti, i clienti e gli interlocutori sono spesso i medesimi”.
Relazioni che generano business
In uno studio di architettura di certe dimensioni, solitamente chi gestisce lo sviluppo delle attività commerciali viene individuato nelle figure dei soci fondatori dello studio stesso, come nel caso di Lombardini22. Ognuno dei partner soci è forte delle sue specifiche competenze e ha un determinato target e settore di riferimento: le relazioni che generano successivamente il lato commerciale del progetto sono strettamente legate e identificate in un soggetto in particolare. “Il passaggio da una organizzazione legata ai soci a una gestione aziendale in cui viene individuata una figura professionale che genera business non è affatto banale – dichiara a Pambianco Design Juri Franzosi, da gennaio 2021 direttore generale di Lombardini22 – poiché si va a toccare proprio un aspetto costitutivo dell’azienda stessa. Decidere di cedere o condividere determinate relazioni, capaci di generare business, è un tema delicato, poiché non stiamo parlando di una realtà che vende prodotti di largo consumo, con volumi di determinate cifre, ma di un servizio avanzato a cui si lega il tema della fiducia interpersonale creata tra committenza e produttore”. Ribadisce l’estrema difficoltà nell’individuazione di professionalità adatte al ruolo, che vanno formate e inserite nell’organico. “Non esistono come figure a sé stanti. Da noi non mancano ingegneri e architetti, ovvero competenze tecniche, così come collaboratori con forti competenze gestionali amministrative. Invece, qualcuno che abbia allo stesso tempo competenze rispetto ad un ambito tecnico specifico, e che sia capace di creare un meccanismo di fiducia necessario per creare una relazione stabile e chiudere contratti, è complesso da individuare. Inoltre, non può essere una persona giovane, poiché la chiave sta tutta nell’esperienza maturata negli anni”. Viene definita quasi una congiunzione astrale, un’alchimia complessa, in grado di individuare il giusto partner per ricoprire il ruolo del Business Developer. “Iniziare a lavorare in questo senso – continua – significa passare da studio ad azienda e significa anche aprire le porte dell’azienda, perché il più delle volte è il Business Developer che sceglie te, e non il contrario. Sono figure talmente rare e difficili da trovare, che per accaparrarsele uno studio deve risultare attrattivo, in modo da far maturare nel Developer l’idea di entrare a far parte del team”. Come dichiarato anche da Gian Luca Colombo, Franzosi ammette che la ricerca ad oggi sta avvenendo all’interno di organizzazioni che già sono in dialogo con lo studio, piuttosto che in altri studi competitor. “Da noi il tema della squadra è fondamentale. Fin da subito si è deciso di non lavorare secondo meccanismi premiali automatici, poiché giocare di squadra vuol dire assumersi il rischio di stare sul mercato senza stabilire dinamiche retributive individuali, ma puntando a portare beneficio e favorire lo sforzo corale: la funzione del Business Developer deve quindi maturare una certa consapevolezza e capire che deve operare all’interno di un contesto, un team, senza il quale gli eventuali successi individuali raggiunti non potrebbero essere possibili”. Mentre avviene la ricerca o il consolidamento all’interno del team, Franzosi sottolinea l’importanza del senso di appartenenza. “Gli studi possono contare sui cosiddetti brand ambassador, grazie ai quali si individua immediatamente la corrispondenza tra forma e sostanza e si percepisce l’appartenenza a un organismo che coerentemente porta avanti determinate scelte. Questo – continua – genera grande orgoglio e senso di appartenenza. Ci si ritrova spesso a parlare dell’azienda in cui si lavora, confrontandosi con partner di progetto. Nel nostro caso, gli oltre 300 collaboratori dello studio moltiplicano questo percepito che restituisce valori importanti come fiducia e qualità. Certo, non è paragonabile al lavoro che potrebbe svolgere un Business Developer, ma nelle nostre diverse Business Unit le persone si trovano in dialogo con diversi partner di progetto e fornitori, ai quali si trasmette l’identità dello studio”.
di Valentina Dalla Costa