Sono 259 le aziende in Italia attive nella produzione di piastrelle e lastre, ceramica sanitaria, porcellana e stoviglieria, materiali refrattari, ceramica tecnica e laterizi; occupano 26.500 addetti diretti e fatturano 8,7 miliardi di euro. Emerge dalla recente assemblea di Confindustria Ceramica, in occasione della quale sono stati prsentati i dati aggiornati del settore. L’internazionalizzazione produttiva in Europa e Nord America, da parte di aziende controllate da ceramiche italiane, supera il miliardo di euro.
“Nel primo trimestre 2023 la flessione delle esportazioni in volume è nell’ordine del 25% ed interessa tutti i mercati”, ha evidenziato il Presidente di Confindustria Ceramica Giovanni Savorani, ricordando “il dramma” che “sta vivendo la Romagna con l’alluvione. Un evento dalle proporzioni inimmaginabili, che ha causato 15 vittime, devastato intere provincie e fermato, per alcuni giorni, anche alcune nostre aziende che, oggi, sono già tutte ripartite”. Il calo riguarda “anche l’Italia, anche se con cifre inferiori al 10%. In contrazione anche i fatturati esteri nell’ordine del 13%, mentre quello italiano registra un segno positivo di alcuni punti percentuali”.
“Senza dubbio, dopo lo straordinario exploit dei primi sei mesi del 2022, un ritorno su valori più bassi poteva essere prevedibile, anche se il calo trova una sua spiegazione soprattutto nel profondo cambiamento dello scenario, caratterizzato da tassi di interesse cresciuti repentinamente, una fortissima resilienza dell’alta inflazione, l’esaurimento della fiammata dei consumi post lockdown, il peggioramento del clima di fiducia dei consumatori. In questo contesto – ha aggiunto – la competizione internazionale si fa ancor più accesa ed altissima è l’attenzione dell’industria italiana ed europea affinchè tutti gli esportatori, tra cui quelli di India e Cina, applichino le regole del Fair Trade”.
E se da un lato la flessione dei prezzi dell’energia termica ed elettrica è un dato positivo”, rimangono aperti “tutti i problemi strutturali, quali l’assenza dei decreti attuativi finalizzati ad aumentare di 2 miliardi di metri cubi l’estrazione di gas nazionale, da destinare ai settori gasivori, e una riforma degli Ets destinata ad aggravare ulteriormente le penalizzazioni competitive per l’industria Ue”. Lo strumento Ets, ha prcisato Savorani, pur “nato con il condivisibile obiettivo di decarbonizzazione, si è dimostrato inefficace e controproducente in termini di miglioramento ambientale, determinando altresì un effetto recessivo sull’industria. Anche il piano ‘Fit for 55’, finalizzato alla riduzione strutturale delle emissioni, determina effetti negativi sulla competitività del nostro settore poiché le nostre fabbriche hanno già realizzato tutti gli efficientamenti possibili e le soluzioni tecnologiche alternative oggi non appaiono percorribili”.