Parola a Giulio Cappellini.Le relazioni umane sono al centro dell’ispirazione che il designer e fondatore del brand Cappellini (gruppo Haworth) sviluppa dando fiducia a nuovi talenti e, ora, anche da art director del campus di Marangoni.
Giulio Cappellini è un viaggiatore seriale. Duecento giorni l’anno con la valigia in mano rappresentano il suo segreto per acquisire informazioni su un mondo in costante cambiamento, fonte d’ispirazione per un’intensa attività tra progetti di hotellerie e real estate, collaborazioni con giovani talenti e maestri affermati, nuove sfide. La prossima? In questo momento, ma il quadro appare estremamente fluido, è rappresentata dal Cappellini Caffè, l’innovativo layout in ambito food che dovrebbe partire entro fine anno da Ho Chi Minh City per poi essere replicato in altre metropoli del Far East e successivamente in Occidente. “Il cibo – spiega a Pambianco Design il fondatore del brand acquisito nel 2004 da Poltrona Frau e oggi appartenente al gruppo statunitense Haworth – è la prima forma di cultura con cui la gente si esprime. Il concept di ristorazione che ho in mente offre la possibilità di acquistare, oltre ai piatti serviti, tutto ciò che offre il locale, dai bicchieri alle sedie”.
La sua agenda quotidiana è composta da un mix di attività legate al marchio Cappellini, di cui mantiene il timone creativo (“La cessione è stata una scelta giusta perché, in un settore caratterizzato da una longevità d’impresa spesso molto bassa, occorre garantire la continuità per non vanificare quanto costruito in passato” sottolinea il designer), da collaborazioni progettuali con brand come Oikos, Alcantara e Ceramiche Flaminia, fino all’impegno assunto nell’ambito della formazione con l’Istituto Marangoni, che gli ha affidato l’art direction del design campus avviato a Milano. “Quel che mi fa più piacere è il legame che si sta creando tra scuola e industria, un dialogo che nasce da idee sviluppate per i concorsi e spesso destinate a trasformarsi in progetti concreti come quelli realizzati da Flaminia e Giorgetti”. Cappellini del resto ha un’indole consolidata di talent scout. Conobbe Jasper Morrison, oggi uno dei più affermati interior designer inglesi, quand’era ancora fresco di diploma conseguito al Royal College of Art e sviluppò assieme a lui 29 anni fa, riconoscendone il potenziale, il primo progetto rivolto all’industria del mobile. “C’è forte identità di vedute tra me e Jasper. Quando ci incontriamo non parliamo solo di un prodotto, esiste un’autentica visione globale della realtà”. Analogo esito hanno avuto altri incontri del passato con giovani all’epoca semisconosciuti e oggi considerati vere e proprie archistar come Tom Dixon, Mark Newson e i fratelli Ronan ed Erwan Bouroullec. I rapporti professionali si intrecciano con le amicizie, che diventano occasione per scavare in profondità e aprire le menti di fronte al divenire dei fatti con conseguente beneficio per le aziende che, sottolinea Cappellini, devono sicuramente saper realizzare buoni prodotti, ma non è più sufficiente. “Oggi – spiega il designer milanese – è altrettanto importante creare un fil rouge in grado di connettere progetti elaborati da professionisti che possono essere estremamente diversi tra loro ma, una volta uniti, saranno in grado di far emergere un’immagine comunque coerente del brand. Nel nostro mondo è relativamente facile imitare un prodotto, più difficile copiare un’identità aziendale”. Le collaborazioni nascono dal feeling, sono scelte di pancia e di cuore che Cappellini elabora durante gli incontri che capitano viaggiando. “In questo momento noto un particolare fermento nel Far East, dove operano designer non contaminati e pertanto in possesso di idee fresche, a cominciare dalla Cina. Un’altra area caratterizzata da un forte ritorno al design è il Nord Europa, che finalmente si sta liberando di quel manierismo frutto di una schiacciante eredità dei padri storici da cui, finalmente, i giovani hanno saputo trarre una rinnovata libertà di espressione”. A Cappellini piace parlare di occasioni. Come quelle che si stanno aprendo per il design con lo sviluppo del contract negli spazi pubblici, che offre maggiore visibilità rispetto all’ambito privato e residenziale. Quelle offerte dallo sviluppo di nuovi mercati, dall’Asia al Nord America. Quelle indotte dal cambiamento in atto nel mondo industriale, oggetto di aggregazioni e acquisizioni, di cui la sua ‘creatura’ costituisce un esempio concreto ancor più dopo la cessione dell’ex gruppo Poltrona Frau da parte di Charme (“Quando un fondo investe, lo fa per un periodo determinato, e Charme è rimasto in Poltrona Frau Group più del previsto”) agli americani di Haworth, operazione che ha permesso a Cappellini di focalizzarsi su un progetto industriale di ampio respiro e comprendente anche una parte produttiva made in Usa, ideata per accelerare le consegne al mondo contract statunitense. La svolta dimensionale nell’industria del mobile impone alle piccole aziende, diventate parte di gruppi multinazionali, di cambiare processi decisionali e modalità organizzative. “Occorre sapersi adeguare. Vent’anni fa decidevo da solo, modificando le strategie dalla sera alla mattina. Oggi non potrei più agire in quella maniera e mi muovo con una testa totalmente diversa. Resta fermo un aspetto: le persone, in un settore come il nostro, sono determinanti per il successo di un brand. I prodotti delle aziende italiane, ammirati e spesso copiati dai competitor di tutto il mondo, non nascono da ragionamenti di marketing ma dalla passione, da quella voglia di rischiare che l’imprenditore trasmette a tutti coloro che lo affiancano. Ciò impone a chi le acquisisce, pena l’insuccesso, la necessità di mantenere per quanto possibile la presenza di persone chiave al loro interno. In Cappellini questo è avvenuto, l’azienda è formata da un nucleo di figure storiche che vi lavorano da trent’anni e continuano a farlo tuttora, muovendosi con grande disinvoltura”.
Le opportunità, pertanto, si possono cogliere mantenendo le caratteristiche vincenti delle Pmi all’interno di un contesto rafforzato dalla potenza finanziaria, industriale e commerciale di un gruppo consolidato. “Le aziende fanno massa critica, diventano più incisive e al tempo stesso non perdono l’identità. Inoltre, hanno maggiori possibilità di captare gusti e tendenze al consumo”. Qualche esempio? Cappellini indica, tra i trend in voga, la riscoperta di prodotti naturali mixati con soluzioni altamente tecnologiche. “È in atto – precisa – un grande lavoro sulle superfici, studiate per conferire vesti rinnovate a forme ormai consolidate, perché del resto si fa sempre più difficile intervenire su quest’ultime dopo lo straordinario contributo stilistico attuato tra gli anni Cinquanta e Settanta. Mi pare inoltre giusto sottolineare la riscoperta del decoro e della tradizione che, se ben realizzati, non sono assolutamente da considerare come categorie di serie B rispetto al design spinto”. E poi c’è quella che Cappellini oggi considera la ‘vera’ tendenza: la libertà espressiva rivendicata dai clienti finali. “Il consumatore vuole realizzare una casa che gli permetta di esprimere se stesso e di raccontare la propria storia, cultura e tradizione. Ciò impone alle aziende del mobile di realizzare oggetti che possano funzionare all’interno di contesti abitativi diversi. È questa, a mio parere, la grande sfida”.