L’ambizione è quella di diventare un brand globale, conservando una forte attenzione al mondo circostante, nella consapevolezza di fare parte di un ecosistema che inevitabilmente dialoga con altri. E con la certezza che fermarsi a riflettere e rinnovarsi imprimendo una svolta che sia anche culturale è fondamentale per la crescita sana di un’azienda. Lago, che da piccola azienda di famiglia, si avvia a chiudere il bilancio del 2022 “abbondantemente superando i 60 milioni di euro”, in crescita del 13% rispetto ai 53 milioni di euro del 2021, punta innanzitutto sui mercati esteri, con l’obiettivo di ribaltare la quota che oggi è del 30% circa, mentre quella domestica è del 70%. “Stiamo accelerando, aprendo negozi in varie parti del mondo e siamo fiduciosi che anche il 2023 sarà un anno di risultati importanti” spiega Daniele Lago, CEO & Head of Design di Lago.
“Puntiamo alla crescita a doppia cifra anche per il 2023”. E la creazione di valore passa anche dall’apertura di nuovi punti vendita: Dubai, Costa d’Avorio, Singapore, Jakarta e altri 4 monomarca in pipeline in Italia. “Se penso che tutto è iniziato 15 anni fa e dove siamo adesso – confessa Lago – in particolare considerando che la nostra quota di estero, all’opposto di quella dei grandi player italiani globali, è inferiore rispetto al mercato domestico, con un rapporto di 30-70, i margini di crescita sono ancora molto alti. E l’obiettivo per il prossimo quinquennio è proprio spingere sulla crescita all’estero, “senza perdere di vista la sostenibilità”. “Stiamo lavorando agli obiettivi a breve, medio e lungo termine. Lo scorso anno abbiamo adottato una nuova strategia in occasione del Salone del Mobile di Milano: ‘Good House’, uno stand studiato in un’ottica di circolarità insieme a Henoto e all’università di Padova. Quest’anno lo andremo a rimontare, a riutilizzare al 100. Verranno ovviamente apportate delle modifiche, ma l’involucro sarà il medesimo. Con UniPadova abbiamo calcolato che se tutti gli stand del mondo venissero realizzati con questo approccio si potrebbero evitare fino a 240mila tonnellate di Co2 in atmosfera, che corrispondono al consumo annuale di oltre 190mila famiglie italiane. Approcci win win che non hanno alcun punto debole se non la difficoltà di progettare, avere pensieri in grado di scardinare quello corrente”.
Tanti i progetti in corso di realizzazione, che si rifanno agli obiettivi dell’Agenda 2030. Cinque i pilastri: people, prosperity, product, planet e customer. “Questi i driver rispetto a cui ci muoviamo e in relazione ai quali abbiamo nominato cinque responsabili e cinque opinion leader, con i quali lavorare in ottica di open innovation. Ci daremo obiettivi misurabili. Una visione completa, un modo di guardare alla sostenibilità non limitandola a dettagli ma a una visione che ha a che fare con la vita a 360 gradi. Una sensibilità che in Lago non nasce oggi, esiste da sempre, perché non abbiamo mai pensato al business per il business. Credo che il capitalismo debba occuparsi anche della prosperità, debba avere uno sguardo più ampio anche in termini di redistribuzione. Abbiamo scelto cinque tavoli perché sappiamo che lì possiamo andare a incidere concretamente” assicura Lago.
Che fa anche notare come “le aziende che hanno piani di impatto ambientale e sociale e hanno approcciato seriamente il tema della sostenibilità, sono anche quelle che hanno maggiore ebitda”. Perché “implica alla base una riflessione e la riflessione porta inevitabilmente a risultati. Un asset davvero strategico dei brand, che non so se tutti saranno maturi per affrontarlo, ma è certo che non è più tempo di essere inerti. Dobbiamo riflettere e dare corso a step successivi in questa direzione”.
Quindi internazionalizzazione, inversione della percentuale Italia-estero, avendo l’Europa, ma anche Cina e Stati Uniti come mercati di riferimento. La Cina a tendere, in particolare, “potrebbe anche per noi diventare primo mercato”. La chiave di tutto per Daniele Lago è la ‘cooperazione’: “gli ecosistemi dialogano tra loro e vanno innaffiati costantemente di idee. Se dieci anni fa venivamo visti come marziani promuovendo una vocazione più umanistica dell’attività e del business, oggi è un dato di fatto, è sdoganato. Il primo passo per il cambiamento è sempre un apprendimento culturale”. Un atteggiamento, e una pratica, che “influenzerà il design del futuro. Anche i consumatori hanno voglia di essere ascoltati e chiedono una relazione diversa, una empatia che mette insieme tanti pezzi. Noi crediamo e in questa visione mettiamo tanta energia”. Tutto nella consapevolezza dei tempi difficili e di una possibile recessione alle porte. “Siamo in piena tempesta, sarà un 2023 tostissimo. Noi lo affrontiamo con grande ottimismo. ma l’aria è cambiata e gli indicatori lo mostreranno ancora più chiaramente nei prossimi mesi” afferma Lago che assicura: “ci siamo allenati in questi anni a gestire l’emergenza. I temi energetici e della supply chain sono una costante ormai da affrontare in ogni board”.