Un Esecutivo sensibile a vagliare quelle che sono per ogni settore le vere urgenze deve prendere in considerazione le tematiche dirimenti per il settore del Legno Arredo. Che i presidenti di FederlegnoArredo e Assoluce qui elencano.
Una campagna vaccinale serrata, ma anche pari attenzione alla ripresa delle attività economiche, perché quando si uscirà dalla crisi sanitaria una eventuale, successiva e strutturale crisi economica non si rifletta nuovamente sulla salute del Paese. Il presidente di FederlegnoArredo Claudio Feltrin e di Assoluce, Carlo Urbinati, disegnano la cornice entro la quale si muove il comparto e il quadro di esigenze e urgenze da mettere sul tavolo del Governo. I vaccini, dunque, sono “la priorità assoluta”. Anche per la ricaduta economica: “le prime nazioni che riusciranno a uscire dalla pandemia – sottolinea Feltrin – avranno uno sbocco più facile per uscire dalla crisi. Chi invece ne uscirà in ritardo, sarà ancora più penalizzato”. E’ necessario dare vita a un sistema che non sia di emergenza, ma stabile e strutturale “che consenta il mantenimento del ciclo di vaccinazioni che diventerà consueto e necessario. Dunque quello che chiediamo al Governo è fare ripartire l’economia che è la cosa più importante e la sedimentazione di questo sistema perché non sia più emergenziale, ma strutturale perché se il prossimo anno, nel pieno del rilancio, dovessimo ricadere di nuovo in una pandemia sarebbe drammatico”.
PERDITE LIMITATE, MA NON PER TUTTI
Certo è che il comparto non ha più di tanto sofferto la crisi. Non tutto l’asse della filiera. Pesante il calo per il contract e settori specifici, come quello degli allestimenti. Ma le aziende più orientate alla casa, al residenziale, hanno tenuto e chiuso il 2020 con debolissime contrazioni. “Il lockdown e le chiusure successive, anche se meno ‘pesanti’, hanno portato a riscoprire la centralità della casa e con essa la voglia di rinnovare gli ambienti domestici. Si è scoperto che vivere in un ambiente confortevole è più piacevole”. Ecco perché la spinta agli acquisti ha portato a chiudere lo scorso anno “con una perdita molto limitata, vicina al pareggio con il 2019”. Anche per Urbinati, a cui come consigliere è stata conferita la delega a Innovazione e Internazionalizzazione, “i numeri mostrano una situazione meno pesante di quanto si potesse temere un anno fa. Non per tutti, non si può generalizzare. Nel comparto luce credo di poter dire che molti hanno fatto meglio della media della Federazione nel suo complesso. Il Mobile ha avuto risultati inferiori ai nostri ma, del resto, esporta meno di noi che portiamo all’estero il 75% della nostra produzione e, dunque, siamo meno legati alle vicende di un solo paese. Siamo stati in grado di ripartire su più Paesi, in periodi diversi anche di massima difficoltà”. E’ evidente che all’interno del comparto va fatto un distinguo “tra chi lavora per il pubblico, per il decorativo, per il residenziale che ha avuto buoni risultati, e chi lavora per il progetto. Chi è troppo sbilanciato su quest’ultimo non è stato affatto contento. Dunque, la situazione in generale non è stata così negativa, come si poteva tenere, ma non è generalizzata” sottolinea Urbinati. Un “testacoda” per il contract evidenzia Feltrin che però si domanda come sarà, quando avremo la possibilità di tornare alla normalità: “vedremo. Di certo ora un ripensamento c’è stato. Assisteremo probabilmente a un riequilibrio, torneremo a ritrovarci. La riflessione attuale sul nostro modello di vita a cosa porterà non sappiamo esattamente”.
INCENTIVI DA MANTENERE, ANCHE NEL PROSSIMO FUTURO
Ma intanto cosa serve per non spegnere i motori del settore? Va detto che gli incentivi messi in campo dall’esecutivo “hanno aiutato molto” sottolinea Feltrin. “Passare da 10mila euro del bonus Mobili a 16 mila euro ha consentito l’accesso a una classe di qualità superiore, ha aiutato a sostenere la domanda”. Il combinato disposto tra “la riscoperta della casa con gli incentivi” ha avuto un effetto “sicuramente positivo”. Dunque, l’auspicio è che l’aiuto venga prorogato anche in considerazione del fatto che il patrimonio edilizio in Italia è in gran parte di proprietà e “per questa ragione è statico. Il fatto che ci sia un incentivo per le ristrutturazioni – nota Feltrin – è molto importante perché se il nuovo non avanza per le ragioni note, è ben che ci sia una spinta a rinnovare quello che è il patrimonio edilizio nazionale”. E il rinnovo degli ambienti porta con sé anche il rinnovo dell’arredo”.
Escluso dal bonus e incentivi, invece, il comparto luce. Che torna a chiederli: “il superbonus – sottolinea Urbinati – prende in considerazione altri aspetti. Si tratta di un’operazione che correttamente vuole ammantarsi di una caratteristica win – win. Vince chi gode del superbonus, ma anche l’ambiente. Una visione condivisibile, ma che non ha coinvolto gli impianti elettrici. Abbiamo proposto di allargare la visione, di leggere quali possono essere i risparmi energetici che si possono realizzare con gli aggiornamenti degli impianti e non solo con le fonti luminose, con l’elettronica che consente di abbattere i consumi. Porterebbe un grande beneficio anche in termini di efficientamento e dunque di un migliore uso della risorse energia. Se a questo aggiungiamo il fatto che c’è la possibilità di collegare la potenza luminosa, attraverso sensori, con la luce esterna e dunque garantire sempre un corretto livello di illuminamento, viene da sè che i benefici potrebbero essere enormi, soprattutto negli uffici”. Un tema, dunque, anche e soprattutto di sostenibilità.
SOSTENIBILITA’ MOTORE DI CAMBIAMENTO
E la sostenibilità anche secondo Feltrin “diventerà il motore del cambiamento nel nostro sistema industriale. Una strada non facile che dovremo intraprendere in modo trasversale”. Secondo il presidente di FederlegnoArredo “c’è una direzione ben chiara, sottolineata anche dall’Europa con il Green Deal, rispetto alla quale noi come federazione dobbiamo sensibilizzare i nostri associati. Ma non basta. Dobbiamo a anche mettere a disposizione strumenti e uffici che aiutino nella redazione dei piani e nella richiesta di accesso alle risorse”. La ‘obbligatorietà’ del percorso, Feltrin lo spiega così, come: “un treno che se perdiamo molto difficilmente riuscire a recuperare. Chi per primo, nell’arco del quinquennio, riuscirà a mettere a terra piani di sostenibilità, potrà raccogliere dal mercato a prezzi leggermente superiori o con una marginalità superiore. Ma questo – avverte – sarà per un periodo breve. Quando la sostenibilità sarà lo standard, si perderà il vantaggio competitivo di essere stati tra i primi”.
Ma c’è un tema e cioè come si dimostra al mondo di essere sostenibili: attraverso un sistema di certificazioni, che è costoso. La federazione ha valutato che il costo medio di un ufficio preposto alle certificazioni si aggira intorno ai 500mila euro l’anno. “Una spesa che una grande azienda può sostenere, una piccola no”. Eppure è necessario, perché “quello che una volta si riconosceva come un buon prodotto, per la sua stessa manifattura e che era più che sufficiente, oggi senza certificazione, ha meno valore e addirittura, in molto casi, non puoi esportare. Diventa uno strumento di guerra commerciale”.
Un tema esiziale soprattutto per il comparto luce. “Ci sono molti mercati non secondari – ricorda Urbinati – come la Cina, la Russia, l’Arabia Saudita, dove se non si ha la certificazione non si entra. E mediamente funziona, purtroppo. Il Governo potrebbe proseguire e sistematizzare quegli incentivi per convincere quanti sono impegnati su quei mercati ad affrontare questo enorme mal di pancia che non coinvolge solo la questione del costo: per ogni apparecchio, la certificazione non solo richiede determinate caratteristiche, ma anche che sia assemblato con materiali che a loro volta siano stati certificati”. Questo significa che il comparto luce si trova costretto “a rispondere moltiplicando le produzioni con complicanze e costi incredibili”.
LE CERTIFICAZIONI, UN FATTORE COMPETITIVO
“Il tema – chiosa Urbinati – sta diventando davvero ostico, perché sistematicamente un paese si inventa una nuova certificazione. Ha compreso che ci può fare dei soldi e usarlo come blocco alle importazioni, di fatto una barriera non doganale”. E se pensiamo che “il 75% del fatturato in Assoluce è destinato in media all’export” è chiaro che il rischio è di andare a “toccare le fondamenta che possono rendere difficile la sopravvivenza di buona parte della nostra produzione”.
In questo caso dunque il Governo “oltre a supportare le aziende affinché si certifichino”, potrebbe “aggiornare il concetto strumentale di sicurezza. Nessun paese è armonizzato con quello vicino. Come è possibile che una cosa non sicura da una parte e lo sia dall’altra? Allora, fatta salva la sicurezza che non si discute, servono capisaldi che stabiliscano una volta per tutte che un determinato prodotto è sicuro perché realizzato da una società certificata in questo senso”.
“Teniamo presente che l’internazionalizzazione fa parte del nostro Dna. Il legno-arredo importa materiale povero e lo trasforma in prodotto pregiato: questo ci consente di generare quasi 9 miliardi di differenziale tra import ed export in positivo, il più altro rispetto a qualsiasi altra filiera Se le aziende – aggiunge Feltrin – non sono messe nelle condizioni di fare agevolmente questo passaggio cruciale e costoso, il rischio è quello di perdere competitività: non tanto perché non sappiamo fare il prodotto, ma perché facciamo un prodotto di eccellenza e poi non sappiamo difenderlo”. Feltrin spiega infine di avere “riscontrato nell’interlocutore politico una sensibilità che forse prima era diversa”. E ribadisce la richiesta di consentire al più presto la riapertura dei negozi: “il rischio, in questa fase, è che se si spegne un’azienda non riesca a riaccendersi più”.
di Maria Elena Molteni