Sanlorenzo, The Italian Sea Group, Ferretti Group, Bellini Nautica. Sono i player italiani della nautica che in periodi più o meno recenti hanno deciso di quotarsi in Borsa. A Piazza Affari, ad eccezione di Ferretti.
Sanlorenzo è stata la prima a scegliere di aprirsi al mercato di capitali. Sbarca in Borsa il 10 dicembre del 2019 con con un prezzo di apertura di 16,25 euro, contro i 16 euro stabiliti nella fase di collocamento, quando la società ha raccolto 193,6 milioni, con un flottante del 35,1% e una capitalizzazione pari a 552 milioni. Oggi il titolo, che vale circa 32-33 euro ad azione, ha una capitalizzazione pari a 1,13 miliardi di euro. Per The Italian Sea Group la campanella di Borsa Italiana suona l’8 giugno del 2021. Il prezzo del collocamento è fissato a 4,9 euro per azione, a metà della forchetta annunciata tra 4,15 euro e 5,66 euro. Nel primo giorno di quotazione il titolo chiude con un rimbalzo del 9,4% a 5,8 euro. Recentemente viaggia intorno ai prezzi dell’Ipo, ma nell’arco di un anno la performance ha subito una contrazione di circa il 15%. L’attuale capitalizzazione di mercato è di circa 254 milioni di euro. Ma tanto ha ancora da dire e da mostrare il cantiere che è reduce da una importantissima operazione: l’acquisizione di Perini Navi, avvenuta attraverso la controllata New Sail, poi inglobata nella società, che Tisg si aggiudica all’asta per 80 milioni di euro. In lizza per rilevare il cantiere c’era anche la cordata composta da Sanlorenzo e Ferretti.
Proprio quest’ultima, (che include i marchi Ferretti Yachts, Riva, Itama, Pershing e Wally, ed è partecipata per il 75% dal conglomerato cinese Weichai Group), che aveva nel 2019 lavorato per sbarcare a Piazza Affari, si era vista costretta a rinunciare non soddisfatta della forchetta di prezzo fissata in fase di Ipo (2-2,5 euro dai 2,5-3,7 euro iniziali). Una valutazione da parte del mercato che induce i vertici a fare marcia indietro. L’occasione si ripresenta nel 2022. Su un’altra piazza, quella di Hong Kong. Il debutto il 31 marzo scorso. A conclusione dell’Offerta pubblica iniziale il prezzo delle azioni è stato fissato a 22,88 dollari di Hong Kong, pari a circa 2,66 euro, per una capitalizzazione di mercato di 890 milioni di euro. Oggi il titolo viaggia intorno a 18,8 HKD. Ultima e più recente operazione, Bellini Nautica, che sbarca il 15 giugno 2022. Nel primo giorno di scambi le azioni chiudono la seduta a un prezzo pari a 2,652 euro , con un aumento superiore al +1,92% rispetto al prezzo di collocamento di 2,6. Oggi viaggia mediamente intorno al prezzo del debutto.
COSA RACCONTANO I NUMERI
Numeri che stanno a indicare essenzialmente due cose: c’è voglia di aprire il capitale al mercato e la consapevolezza che un segmento importantissimo dell’industria italiana deve e può crescere. Per farlo, però, ha bisogno di capitali freschi che consentano innanzitutto l’avvio di una serie di aggregazioni che rendano solidi e competitivi i player sul mercato. Antonio Amendola, gestore del fondo AcomeA PMItalia ESG di AcomeA sgr, evidenzia innanzitutto che “l’appetibilità di questo mercato è indubbia. Le società ci sono e i marchi storici anche. Le Ipo in Italia sono in generale aumentate negli ultimi due anni. La necessità e il desiderio di approcciarsi sempre più al mercato di capitali deriva essenzialmente da due ragioni: gli imprenditori ne stanno comprendendo l’importanza per finanziare la crescita e soprattutto per accelerare. Il secondo ha a che fare con una questione di visibilità. E’ vero che quando parliamo di brand italiani sappiamo che sono conosciutissimi, penso ad esempio a Perini Navi che è stata acquistata da poco da Italian Sea Group, oppure a Bellini Nautica che si occupa del refitting dei Riva. Ma è assolutamente evidente che poi, da quotate, godono di una maggiore visibilità rispetto a quanti sono alto spendenti, ma magari non esperti di nautica. Un’occasione per appassionarsi del settore. I motivi sono dunque finanziari perché il mercato di capitali, ribadisco, rappresentano il miglior modo per accelerare il processo di crescita; e d’immagine, storia e dunque di attrattività”.
UNA, O PIU’, ‘LVMH DEL DESIGN’
Amendola avanza anche un paragone, quello con il mondo della moda. Un ambito nel quale, sicuramente, la competizione con la Francia vede un testa a testa costante. Nel design, invece, e in questo ricomprendendo anche il design nautico (per non parlare degli aspetti tecnologici): “qui l’Italia non è seconda a nessuno. Potremmo davvero dare vita a un polo, come la Francia ha fatto con la moda. Una Lvmh del design”. Ed è un segnale positivo il fatto che alcune realtà come Design Holding e Italian Design Brands stiano pensando (e lavorando) alla quotazione, ma “ma di aggregazioni ce ne sono moltissime cui dare seguito”. E non c’è, per altro, un momento giusto o sbagliato di mercato per quotarsi. Si tratta di progetti a lungo termine che, se i fondamentali sono buoni, superano i momenti avversi: “credo che se un’azienda decide di quotarsi – spiega infatti – non esista un momento buono o sbagliato. E’ una scelta che si compie quando si hanno un prodotto, un piano, un’idea. Il momento è un dettaglio, perché è nel lungo periodo che la bontà del piano viene riflessa nel prezzo”.
VALUTAZIONI CHE POSSONO ANCORA CRESCERE
Ma cosa raccontano le performance di queste realtà? “Al di là della performance, per valutare l’andamento di una società in Borsa, guarderei alle valutazioni, ai multipli oppure, alla marginalità che viene generata. The Italian Sea Group, ad esempio, a mio avviso, è molto sottovalutata; il mercato non ha ancora minimamente scontato l’operazione Perini con la quale il gruppo si è portato in casa un brand storico da rilanciare, con un heritage pazzesco e una società di base che ha già una solidità e credibilità importante. Sanlorenzo, invece, si è quotata in un momento di mercato che diremmo positivo. E in effetti, nel breve, ha beneficiato in termini di performance. The Italian Sea Group, invece, era già nella fase finale, nella coda. Però, l’opportunità ora è proprio quella di andare a individuare società interessanti, che hanno un bel prodotto e tanto spazio di crescita che non è riflesso nei prezzi: Italian Sea Group è proprio una di queste”. E Ferretti? “Ha scelto un mercato diverso, Hong Kong. Dopo avere provato a quotarsi in Italia ha optato per un’altra piazza che è stata in grado di soddisfare maggiormente la loro valutazione, per altro molto alta, troppo alto per il mercato italiano. Così, del resto aveva fatto anche Prada”. Si può dire comunque che “questa tendenza è in atto”. Il movimento verso il mercato di capitali può essere segnale della volontà di procedere a ulteriori aggregazioni “per riuscire ad acquisire brand storici, con un heritage chiaro, ma magari con problemi finanziari difficilmente rivendibili. Inserirli in un gruppo più solido potrebbe davvero spingere nella nautica e magari anche nel design verso un ‘modello Lvmh’ e quindi anche dare vita a economie di scala per crescere. Sono tanti i brand in Italia interessati in questo senso” chiosa il gestore.
Quella di Bellini Nautica è una storia ancora diversa. Non si tratta di un produttore tout court, ma “di un cantiere che opera in un ambiente di mercato di estrema nicchia: si occupa esclusivamente di rimessaggio e restauro di motoscafi Riva. L’ultimo motoscafo Riva costruito secondo le vecchie indicazioni, per le quali tutto il legno deve essere mogano, risale al 1996. Ce ne sono nel mondo circa 780-790. Bellini ne ha intercettati, come clientela, circa 170-180 in rimessaggio, che sono nel cantiere al lago d’Iseo. Con questa attività vengono coperti i costi fissi, circa 1,6 1,8 milioni”, spiega Filippo Pagliarini, corresponsabile Equity Sales del family office CFO Sim che nella quotazione di Bellini ha agito in qualità di Joint Global Coordinator. “Gli altri 8 milioni di euro del fatturato (di 10,8 milioni di euro il valore della produzione al 31 dicembre 2021, ndr) vengono dall’acquisto e dalla rivendita di vecchi Motoscafi Riva e dalla piccola Marina di Varazze, che è stata acquisita, all’interno della quale la società ha un piccolo cantiere dealer anche del marchio Cranchi, che rivisitato negli ultimi anni, sta riprendendo quota”. Insomma tre linee di business che assicurano un certo fatturato, una marginalità superiore al 20% e molti ricavi ricorrenti” che sono piaciuti al mercato”.
SU TAGLI PICCOLI OPERAZIONI MOLTO CONCRETE
“Il desiderio di Borsa c’è, la cultura dell’equity in Italia si è diffusa moltissimo” conferma Barbara Lunghi, responsabile Listing Sales Italy di Borsa Italiana. “Quest’anno abbiamo una pipeline numericamente importante e il fatto che le società vogliano quotarsi è già importante. Poi ovviamente il mercato deve rispondere, ma si tratta di individuare la finestra più opportuna, semmai rallentare un po’ i motori, la tempistica, continuare a prepararsi”. E rispetto agli obiettivi di raccolta in fase di Ipo, che talvolta, anche nella nautica, non sono stati pienamente soddisfatti dalla risposta del mercato, “su tagli piccoli, sono operazioni molto concrete. Si aprono i book, si va al dialogo con gli investitori, si può ampliare il bouquet e quindi anche l’offerta, piuttosto che valutare una diminuzione anche in base alla risposta sulla valutazione. Insomma, operazioni molto concreti sui quali è molto difficile fare valutazioni generali. Quando si tratta di offerte di 400-500 milioni, 1 miliardo allora lo scenario macro globale e i settori hanno una certa rilevanza, al di là della bontà e della progettualità delle società. Sulle piccole offerte, si tratta di operazioni concrete. Il growth market dà la possibilità di essere molto flessibile, di ampliare o diminuire l’offerta, concluderla o posizionarsi per fare poi degli aumenti di capitale successivamente. E questo è un aspetto molto interessante”.