Abbiamo chiesto alle aziende: cosa dovrà cambiare al vostro interno, una volta rientrato l’allarme? Le testimonianze di Boffi, Cassina, Giorgetti, Magis, Nemo e Veneta Cucine.
In ogni situazione critica, emergono le debolezze di un’azienda o di un sistema e, superato lo sconforto iniziale, occorre mettere in atto quei cambiamenti indispensabili per uscirne, se possibile, rafforzati. Il settore dell’arredo aveva iniziato l’anno con uno stato di salute apparentemente di ferro, con programmi a medio/lungo termine che davano certezze e con prospettive di incremento dei fatturati. Lo stop della Cina sembrava un problema temporaneo, e poi comunque c’erano altri mercati in evoluzione e in grado di compensare eventuali rinvii di consegna verso l’Asia. Tutto lasciava presagire che il 2020 sarebbe stato un buon anno. Poi si è fermata l’Italia, quindi l’Europa e infine gli Stati Uniti. E ogni sicurezza fin lì acquisita è stata vanificata dall’emergenza. Fino alla cancellazione dell’appuntamento più atteso, quello del Salone del Mobile. In attesa della ripartenza, i protagonisti dell’arredo hanno avuto il tempo per guardare al proprio interno e per individuare i nervi scoperti, sui quali occorrerà intervenire per ottenere un miglioramento.
OTTIMIZZARE I PROCESSI
Fin quando ha potuto, Boffi ha portato avanti il lavoro in piena sicurezza per i suoi dipendenti, avendo ordini consistenti da evadere e operando al 100% della capacità. Poi, con il lockdown, il gruppo amministrato da Roberto Gavazzi ha fermato le macchine e si è dedicato a quel processo di revisione interna già iniziato nelle settimane precedenti allo stop. “Volendo cercare una parte positiva di questa situazione così difficile – ha raccontato Gavazzi – abbiamo individuato tre aspetti. Il primo è che finalmente c’è tempo disponibile per fare quel che, travolti dalle necessità quotidiane, non riusciamo a seguire. Mi riferisco all’analisi dei costi, alla revisione organizzativa, a tutto quel lavoro di coordinamento che anticipa lo sviluppo di modelli innovativi. Il secondo è che stiamo imparando a lavorare molto più da remoto: telefono, conferenza, skype etc. E il ricorso allo smart working ha offerto notevoli risultati in termini di efficienza, contribuendo a migliorare la produttività del personale. Terzo aspetto: guardando con la lente di ingrandimento il superfluo, scopriamo che c’è n’è davvero tanto. Mettendo in pista adeguati interventi, riusciremo a migliorare il nostro modo di fare impresa”. L’ottimizzazione sarà quindi uno dei pilastri da cui ripartire, in uno scenario che si annuncia profondamente diverso. Perché, precisa Gavazzi: “Molti parametri della nostra esistenza sono destinati a cambiare. Quando tutto sarà risolto, emergerà il desiderio di migliorare la qualità della propria vita, in un mondo con meno sprechi e più contenuti. Ne usciremo profondamente toccati, ma con una miglior organizzazione dei valori nella nostra testa. E nel settore dell’arredo, chi progetta bene verrà probabilmente privilegiato”. Nell’incertezza del momento dal quale tutto ripartirà, in Boffi sono convinti che la spinta arriverà da Oriente. E in particolare dalla Cina, che è stata la prima a fermarsi e sarà la prima a ripartire. “Stiamo ricevendo manifestazioni di affetto molto significative da parte dei cinesi. La ripartenza sarà da lì e credo che, come tutti noi, anche il cinese uscirà dall’emergenza coronavirus più maturo, con una gerarchia dei valori ben diversa dal recente passato. I cinesi ragioneranno molto di più sui consumi. Le aziende, pertanto, dovranno essere ancora più brave nel valorizzare ciò che realizzano”, conclude Gavazzi.
SAREMO PRONTI ALLA RIPRESA
“Tutto procedeva per il meglio, avevamo ordini fino ad aprile ed stavamo operando in piena sicurezza. Nel momento in cui si potrà riprendere, ci faremo trovare pronti con modalità di sicurezza aggiuntive per i nostri collaboratori”, afferma Luca Fuso, CEO di Cassina. Ed è dalla riorganizzazione avviata dalla società di Meda che inizia la lista dei benefici indotti dal lockdown: percependo l’evoluzione dell’emergenza, l’azienda è stata messa in condizione di operare da remoto, con buoni riscontri in termini di efficienza e produttività. Esser parte di un gruppo come Lifestyle Design ha permesso a Fuso di potersi confrontare con i vertici degli altri brand, evidenziando gli elementi critici e dando il via a un riesame di situazioni che, afferma il CEO di Cassina: “Erano nell’ombra, e sono diventate visibili con questo evento. Parlo di aspetti organizzativi, di strategia commerciale e di tipologia dei prodotti. Non abbiamo certamente ridefinito tutti gli aspetti, perché è ancora presto per avere una visione completa della situazione e non è il caso di prendere decisioni ‘di pancia’, ma certamente abbiamo avviato il processo”. La riflessione sulla distribuzione parte dalla consapevolezza che i clienti retail sono stati pesantemente danneggiati dal lockdown: “Molti avranno difficoltà a riaprire. E noi dovremo da un lato aiutare i nostri partner, dall’altro cercare di limitare il rischio connesso alla gestione del credito,”afferma Fuso. Al livello organizzativo, l’azienda era già abbastanza snella e non c’era motivo di cambiare tutto, ma alcuni elementi andranno certamente perfezionati. Quanto ai prodotti, Fuso afferma: “Il mercato non potrà digerire troppe novità in un momento come questo, senza il Salone del Mobile come vetrina internazionale. È una fase da ‘less is more’. Dovremo concentrare le attenzioni su meno prodotti, utilizzando anche il digitale come modalità di presentazione”.
PATTI DI FILIERA
Giorgetti aveva iniziato il 2020 con ottimi propositi. L’azienda aveva chiuso un anno record a perimetro costante, e nel bilancio era stato inserito anche il contributo dell’acquisizione di Battaglia Interior Contractors, realizzata nel giugno del 2018. Prima del lockdown, il managing director Giovanni del Vecchio appariva preoccupato per il possibile shortage di materiali e componenti, poiché la produzione interna stava continuando, con l’adozione di tutte le procedure necessarie per la tutela dei lavoratori, mentre una parte delle forniture era venuta meno perché alcuni supplier non erano stati in grado di assicurare la continuità. Con il decreto di chiusura totale, la preoccupazione è venuta meno ma resta aperta la necessità di aumentare il livello di integrazione nella supply chain. “Che non significa arrivare ad acquisizioni a monte – precisa del Vecchio – ma certamente occorre stabilire rapporti di partnership per evitare che si creino difficoltà, a monte e a valle. I fornitori hanno bisogno di noi, noi abbiamo bisogno di loro”. Inoltre, sotto il capitolo delle cose da imparare al termine dell’emergenza, Giorgetti inserisce la necessità di modernizzare l’organizzazione. E lo smart working, principale eredità del lockdown, non sarà certo l’unico aspetto su cui le imprese metteranno mano quando tutto sarà dimenticato. “Dobbiamo essere più creativi – afferma il managing director – e cercare di cogliere quelle opportunità che in passato abbiamo trascurato e che sono davanti a noi, soprattutto nell’ambito delle nuove tecnologie. Mi riferisco alla digitalizzazione, che apre spazi totalmente inesplorati nella comunicazione e nella creazione di domanda. Giorgetti, dal punto di vista produttivo, ha imparato bene a sfruttare il digitale, ottenendo anche il Premio Imprenditore 4.0; ora dobbiamo impegnarci di più soprattutto nella comunicazione digitale”.
AGOSTO AL LAVORO
Visti da Magis, i cambiamenti indotti dall’emergenza saranno innanzitutto legati alle persone. “Mi aspetto una maggiore attenzione verso la casa, intesa come un luogo dove stare bene e circondati da oggetti che ci aiutino a vivere meglio”, afferma Barbara Minetto (direzione e marketing dell’azienda veneta). A livello stilistico cambierà poco, almeno per Magis, perché ogni realtà porta avanti la propria linea di prodotto e certamente quella di Magis è in grado di distinguersi. Come distribuzione, Minetto prevede un balzo dell’online, mentre a livello organizzativo ci sarà un pre-Covid-19 e un post-Covid-19 per quanto riguarda il ricorso allo smart working. “Quest’azienda – afferma – è già molto snella e si adatta facilmente a situazioni di emergenza. La nostra produzione è affidata a fornitori esterni, alcuni dei quali avevano deciso di fermare le attività anche prima del lockdown generale, ponendoci inizialmente in difficoltà. Tuttavia, non vedo l’aspetto organizzativo come un limite sul quale intervenire, perché ci siamo trovati in una situazione realmente straordinaria e come tale deve essere valutata e gestita. In situazioni standard, la logistica produttiva non aveva mai causato problemi”. Sulla ripartenza, Minetto è ottimista. “Come dopo ogni momento negativo, ne arriverà uno di positivo e di rinascita. In azienda stiamo facendo ora le ferie che avremmo dovuto fare ad agosto, quando ci sarà da lavorare. In generale, cambieranno abitudini e modalità di relazione, e tutto il tempo passato in casa riaccenderà il desiderio di sentirsi bene tra le mura domestiche”. Infine, un pensiero al mancato Salone del Mobile: “Si tratta di un momento insostituibile, davvero non c’è alternativa e i danni non sono quantificabili, perché non rappresenta soltanto il punto di partenza della stagione con il lancio delle novità; è anche la verifica sullo stato di salute delle imprese. Spetta ora alle singole aziende, alle loro politiche commerciali e di marketing, trovare le modalità alternative per tentare di colmare questa lacuna”.
STRESS TEST AGGRESSIVO
“Nemo stava proseguendo il suo percorso di crescita solida e organica”, racconta il ceo Federico Palazzari. Inoltre aveva firmato l’1 febbraio 2020 una nuova operazione, acquisendo da Philips la Ilti Luce di Torino. “Con l’emergenza – prosegue Palazzari – la visibilità delle aziende si è ovviamente appannata: andranno sicuramente identificati nuovi paradigmi sia distributivi che comunicativi. Di fatto, assisteremo ad un accelerazione di alcuni processi che erano già in atto. Ad esempio, l’online andrà sempre di più inteso come servizio di consulenza e di visione del prodotto e non esclusivamente vetrina di vendita, di conseguenza anche la comunicazione seguirà il medesimo percorso”. Si è interrotto un momento positivo, una sorta di lunga luna di miele con il mercato. “Il nostro mestiere lo vediamo molto più simile a quello di un maratoneta. Ci misuriamo sulla lunga distanza” precisa il numero uno di Nemo, consapevole che il 2020 sarà un anno compromesso e al tempo stesso uno stress-test molto aggressivo ai bilanci delle aziende. “Si tratta di una situazione eccezionale, con ripercussioni destinate a prolungarsi nel tempo. Il nostro però è un settore lento ma di certo non evanescente, che accompagna la vita dell’uomo e le sue esigenze quotidiane, che non saranno sconvolte, anche se l’approccio al valore delle cose potrebbe cambiare. Sicuramente la situazione di costrizione a casa sta facendo riflettere sempre di più sul valore di ambiente gradevole e ben illuminato. Mi immagino quante persone si sono messe in questi giorni a spostare mobili e lampade in giro per la casa, facendosi venire nuove idee su cosa manca e di cosa avrebbero bisogno per migliorarla. Crediamo inoltre che, in momenti come questi, le aziende avranno l’opportunità di consolidare il rapporto con i collaboratori, sapendo interpretare ancor meglio i loro bisogni, imparando a utilizzare il tempo in maniera differente. Alla fine dell’emergenza ci sarà più entusiasmo, più disponibilità, un po’ di paura in più”. Nemo ha ipotizzato un calo del 35% dei ricavi. “Tutto sarà molto complicato almeno fino a ottobre. Poi difficile dirlo. Non vogliamo neanche pensare ad una recessione strutturale. La nostra proiezione non prevede aiuti dal governo. Mi pare che i pacchetti messi in atto finora siano poco coerenti ed iper frammentati. Servirebbe, una volta tanto, il coraggio di attuare misure strutturali. E sarebbe un ottima occasione per lavorare in maniera seria alla riduzione del cuneo fiscale”. Il rischio intravisto da Nemo è una forte crisi della domanda. “Prestare soldi alle aziende non serve a niente, se poi non c’è il mercato. Un programma di riduzione graduale del cuneo fiscale sarebbe un’occasione per usare al meglio l’enorme deficit che aspetta la nazione. Se deficit ci deve essere, che se ne sia fatto l’uso migliore”. Il taglio del cuneo, nella visione di Palazzari, è l’unica misura a suo modo democratica, che metterebbe più soldi in tasca alle persone e darebbe più competitività alle aziende sui mercati esteri, dove invece i soldi li stanno dando sul serio. “Quando quest’emergenza finirà ci troveremo concorrenti stranieri agguerriti e con molte molte più risorse di noi”. Infine, un pensiero al Salone: “Quella del 2021 dovrà essere un’edizione super. Ma occorre ripensare la biennalità di Euroluce, di Eurocucina e dell’ufficio. Anche noi, come i colleghi del mobile, mangiamo tutti gli anni e non ad anni alterni. O si fa un Salone biennale, oppure meglio aprire ogni anno a tutti i comparti, trasformando e forse trovando il modo di rendere più contemporaneo il concetto di Salone”.
CUCINA RISCOPERTA
“Noi abbiamo chiuso immediatamente e avremmo auspicato una chiusura totale delle fabbriche fin dall’inizio, nell’interesse di tutti e per riprendere prima il cammino interrotto. È stata una decisione sofferta, mai applicata in cinquant’anni di storia aziendale”, ci spiega Denise Archiutti, membro del board e group controller di Veneta Cucine. L’azienda aveva un portafoglio ordini ben nutrito, ma la chiusura dei negozi in Italia, suo mercato di riferimento, e le problematiche legate a consegne e montaggio da parte di privati hanno spinto il gruppo a bloccare tutto fin dal primo momento dell’emergenza. La società è solida e in grado di reggere l’impatto, se i tempi di chiusura non dovessero protrarsi troppo a lungo. Veneta Cucine ha basato lo sviluppo sul negozio monomarca ed è convinta che la scelta, conclusa l’emergenza, sarà premiante perché, afferma Archiutti: “Il valore di un marchio noto, la serietà acquisita, l’affidabilità tra i consumatori, l’assistenza e il livello di servizio che forniamo diventeranno un elemento di ulteriore rassicurazione. Quando tutto ripartirà, un brand con queste caratteristiche avrà una marcia in più”. Si aggiungono anche i valori legati alla sostenibilità: etica, tutela dell’ambiente, sicurezza dei lavoratori e salute delle persone, apparentemente usciti dall’agenda internazionale ma in realtà ben presenti e caldi sotto la cenere del contagio. “Quest’emergenza lancia un chiaro messaggio: dobbiamo avere più rispetto per la natura, per il nostro pianeta, per noi stessi”. Ed essere specialisti della cucina potrebbe a sua volta costituire un punto di forza, quando si ripartirà, perché durante la quarantena è tornata ad essere il luogo centrale della casa, quello dove si preparano il pane, i biscotti e dove si utilizza il tempo per tornare a cucinare insieme. “Penso che stia tornando l’importanza delle cose utili, la voglia di acquistare qualche elettrodomestico performante e magari di cambiare la cucina”, precisa Archiutti. Affermando poi, con ottimismo: “L’Italia sarà la prima a ripartire in Europa ed averla come principale mercato non sarà affatto penalizzante per noi. I rapporti con i nostri clienti italiani si stanno consolidando, ci siamo fatti coraggio a distanza e abbiamo tutti una gran voglia di riprendere la crescita”.
di Andrea Guolo