Piercarlo Viganò, presidente di Proposte Fair, commenta gli ultimi dati (positivi) di settore ma evidenzia le criticità sul fronte dell’energia e punta il dito contro la carenza di personale specializzato.
Una galassia complessa e in continuo divenire, con prodotti diversificati, oggi sempre più performanti e sostenibili ma accomunati da un’unica mission: “vestire” i luoghi dove si abita e dove si risiede durante i viaggi e le trasferte, abitazioni e alberghi ma, volendo, anche grandi mezzi di trasporto pubblici e privati (navi, treni, aerei) e più in generale tutti quegli spazi dove il tessile per l’arredamento diventa essenziale per migliorare il comfort e assecondare la creatività di uffici stile, architetti e designer. “Dopo il calo annunciato del 2020, lo scorso anno il mercato del tessile è stato caratterizzato da una ripresa vivace, frutto anche dell’effetto-traino determinato dal nuovo desiderio di casa emerso durante i lockdown”, dice Piercarlo Viganò, presidente di Proposte Fair, la fiera riservata a editori tessili, produttori di mobili imbottiti, grossisti, converter, grandi catene di distribuzione e operatori del contract, che dal 1993 si danno appuntamento in primavera a Villa Erba a Cernobbio.
L’edizione 2022 della manifestazione, in programma dal 26 al 28 aprile, sarà l’occasione per un confronto collettivo sul futuro del tessile italiano per il residenziale e il contract, anche e soprattutto alla luce dei dati relativi al periodo gennaio-ottobre 2021, elaborati e diffusi dal Centro Studi di Confindustria Moda. Il documento di sintesi conferma che il settore, che conta 1720 aziende e circa 4500 addetti, assiste a un netto recupero sia per l’export che per l’import e, in particolare, le vendite estere di prodotti per il letto e la tavola sono cresciute di oltre il 40% rispetto allo stesso periodo 2020. Tutti i principali mercati di sbocco presentano degli incrementi accentuati, mentre due anni fa il comparto aveva perso il 13,1% in termini di turnover, sceso a circa 820 milioni di euro. Quanto ai consumi interni, sulla base dei dati del panel Sita Ricerca, il tessile casa ha visto un aumento del 7,5% da gennaio a settembre 2021/2020 ma, nonostante il recupero, rispetto ai primi 9 mesi del 2019, la spesa resta inferiore del 6,8%. Quando la pandemia era ancora al di là da venire. “Nella primavera del 2020 si è ridotto il portafoglio ordini, con una netta contrazione della domanda internazionale. Quando però le aziende hanno riaperto, ci siamo resi conto che – nel lungo periodo di isolamento – era emerso fra i consumatori un intenso desiderio di cambiare rivestimenti, tendaggi, tappeti, accessori tessili per la tavola e per il letto. È come se, di fatto, per effetto del Covid, ci fosse stata una massiccia traslazione della spesa dai comparti moda e viaggi sugli interiors e il tessile residenziale, ed è un’onda lunga di cui stiamo beneficiando tuttora”, osserva Viganò, che è anche presidente della sezione Arredamento della Federazione Sistema Moda Italia. Un discorso diverso vale invece per l’hospitality, perché “se è vero che gli imbottiti e i tessuti per la casa stanno vivendo un momento positivo, il contract è ancora stagnante: finché non riparte in turismo e non si riattiveranno a pieno regime gli alberghi, resteremo fermi al palo”.
Al di là dei segnali di ripresa, non è comunque il caso di dormire sugli allori: “Nel 2021, a settembre, sono arrivati nuovi problemi legati ai rincari del gas, con bollette che, come minimo, sono quintuplicate”, spiega l’imprenditore, titolare della Vigano di Nibionno, in provincia di Lecco, storica realtà che dal 1930 produce tessuti e velluti per l’arredamento. “La nostra è una filiera articolata, che comprende tessiture, disegnatori, stamperie, reparti di finissaggio e tintorie, che sono in assoluto le attività più energivore. L’aumento dei costi per ora è stato in parte riversato sulla clientela, ma non si può proseguire a oltranza: il tempo stringe ed è indispensabile un intervento immediato a livello governativo, che non vada oltre il mese di marzo 2022. Il rischio è che, se si aspetta troppo, in pochi mesi si passerà dalla ripresa al dramma, con ripercussioni tragiche su tutti gli operatori”.
Sul versante delle criticità congiunturali, c’è inoltre da tenere presente che, sempre nel corso del 2021, si è comunque registrato un aumento abnorme dei costi delle materie prime: per il cotone si sono sfiorate punte del +70%. “I Paesi del Far East restano tuttora i padroni del mercato mondiale delle fibre tessili e noi, che in Italia non possiamo contare su produzioni autoctone, siamo costretti ad accettare la loro politica dei prezzi, accollandoci in aggiunta anche i costi, oggi esagerati, del trasporto”. Con quali conseguenze? “Purtroppo già parecchie aziende, in genere le più piccole e d’impostazione artigianale, sono state costrette a sospendere l’attività”. La sofferenza negli approvvigionamenti, però, si somma a un disagio strutturale più antico: la carenza di personale specializzato, capace di lavorare su macchine tessili 4.0 sempre più sofisticate e performanti. “Sul fronte della formazione tecnica, in Italia siamo ancora all’età della pietra: al di là dei piani di studio tradizionali, della durata di almeno quattro anni, non esiste un corso intensivo breve di meccanica e tecnologia tessile per principianti. Ne consegue che i costi del training e dell’aggiornamento devono essere sostenuti dalle aziende, ma non tutte possono permetterselo. È un’ulteriore conferma della fisiologica e deleteria mancanza di dialogo fra scuola e impresa e del gap che esiste in Italia fra domanda e offerta di lavoro, ma – per il bene di tutta la nostra economia – l’investimento sul capitale umano non può essere più rinviato”.