‘Storia della Notte e Destino delle Comete’, l’opera di Gian Maria Tosatti con la curatela di Eugenio Viola, è un progetto ambizioso sostenuto dal concorso di risorse finanziarie pubbliche e private.
L’arte contemporanea non ha il compito di essere consolatoria, semmai il suo ruolo è sollevare quesiti, aprire la strada alla molteplicità dei significati che un’opera d’arte riesce a far scaturire quando la osserviamo. Quindi se in questo momento cerchiamo un conforto nelle mostre di arte contemporanea, in primis dall’offerta curatoriale alla Biennale di Venezia, che a un biennio di pandemia vede succedersi uno scenario di guerra che ci coinvolge più direttamente rispetto ad altri conflitti in giro per il mondo, non è il posto giusto. Per il sistema dell’arte la Biennale di Venezia è infatti l’apice del confronto, un grande momento di riflessione che spinge gli artisti a sviluppare molteplici letture della società.
IL SOGNO INFRANTO DI UNA GENERAZIONE
Non è mai accaduto a un artista italiano, dalla fondazione della Biennale nel 1895, di avere il Padiglione Italia tutto per sé e Gian Maria Tosatti (classe 1980), l’artista scelto dal curatore Eugenio Viola per la rappresentanza nazionale, ha avuto questo privilegio, ma anche la fiducia da parte degli organi istituzionali. L’opera fa molto discutere. L’artista e il curatore hanno concepito un viaggio in piena sintonia con le sollecitazioni del tempo presente. Dal titolo molto poetico ‘Storia della Notte e Destino delle Comete’ il progetto assomiglia di più ad un’opera teatrale, in cui l’artista come un drammaturgo mette in scena in due atti scomode verità, appunto la storia della notte e il destino delle comete, in grado di restituire una lettura coraggiosa del presente.
Negli oltre duemila metri quadrati dell’intera superficie alle Tese delle Vergini all’Arsenale, in uno spazio ampio quanto decadente vi sono tutti i segni di un passato industriale, ma anche del presente di coloro che hanno dovuto arrendersi durante la pandemia. Viene ricostruita un’intera fabbrica dismessa – si tratta di un opificio tessile – con macchine utensili comprese, venti sono le postazioni con tavoli e macchine da cucito Singer che Tosatti ha recuperato nel suo giro tra le province italiane per toccare con mano storie dall’infelice esito finale.
Questo viaggio simbolico, testimone dell’ascesa e della caduta del sogno industriale italiano, affronta anche il difficile equilibrio tra uomo e natura, tra sviluppo sostenibile e territorio, tra etica e profitto, temi che in questo presente meta-pandemico e politicamente instabile sono più urgenti che mai.
QUALE FUTURO?
Nessuna morale da parte del curatore e dell’artista “non è questo il compito dell’arte” suggeriscono entrambi, ma quello di mostrare una via d’uscita. L’opera è uno specchio della realtà e il Padiglione Italia ci mette di fronte ad un mondo che conosciamo bene, alle sue incongruenze, ai momenti di frustrazione e alle difficoltà, per offrire spunti per un’analisi. “A me spetta costruire l’opera – dichiara Tosatti – che è uno specchio la cui forma dipende dall’occhio di chi guarda, all’artista tocca orientare la prospettiva, poi ognuno vede e trova i significati che vuole”. Se il dovere degli artisti per Tosatti è far percepire una via d’uscita agli esseri umani spetta il compito di trovare la forza e la capacità di riconoscere i propri errori per tentare di porvi riparo con onestà politica e intellettuale. Il Destino delle Comete si interroga sul futuro degli uomini e ci invita a tornare a rispettare la natura, le sue leggi con un avvertimento rivolto allo sviluppo tecnologico che deve avere degli obiettivi costruttivi o meglio “sostenibili” per usare le parole dell’artista. Alla fine il “secondo atto” dell’opera ci consegna un messaggio di ottimismo ma che comporta un’assunzione di responsabilità da parte di tutti.
L’INDUSTRIA A SOSTEGNO DEL PADIGLIONE
Quello al Padiglione Italia è un progetto ambizioso reso possibile nel suo sviluppo, come ha dichiarato Onofrio Cutaia, direttore generale dipartimento Creatività Contemporanea del Mic e commissario del Padiglione Italia, dal concorso di risorse finanziarie pubbliche e private. Risorse importanti, si parla di 600 mila euro da parte del pubblico al quale vanno aggiunti 1,45 milioni provenienti da investimenti privati. I due main sponsor sono aziende che operano nel segmento del lusso, la Maison Valentino e Sanlorenzo. Per entrambe le aziende l’arte fa parte di un impegno che si è consolidato negli ultimi anni per promuovere e sostenere la cultura con progetti che, in particolare per la casa di moda, puntano ad instaurare un dialogo con i diversi momenti espositivi della Biennale, l’arte, il teatro, la musica e l’architettura.
Sanlorenzo, leader mondiale nella progettazione di yacht di lusso ha alimentato il suo rapporto con l’arte in modo trasversale ed è approdato in laguna dopo aver lanciato lo scorso ad Art Basel, Basilea, il marchio più blasonato delle fiere d’arte contemporanea, una nuova sfida denominata Sanlorenzo Arts: una piattaforma interattiva che indaga attraverso le relazioni virtuose con artisti ed esponenti della creatività i temi più stringenti del nostro presente. Con un ruolo non più solo di mecenate, ma di produttore di cultura, sono state realizzate due opere su commissione dal titolo Suspensions, create dall’artista svizzero Emil Michael Klein per la Collectors Lounge di Art Basel.
Altro sponsor del Padiglione l’azienda tecnologica Xiaomi che aveva già avviato una partnership in occasione dell’ultima Mostra del Cinema. Per la Biennale il produttore cinese ha presentato il documentario ‘The making of’, girato con uno smartphone Xiaomi 12 Pro, che racconta il dietro le quinte degli 80 giorni durante i quali Gian Maria Tosatti ha realizzato l’installazione.