Parlando con i vari operatori del settore, e non ultimo dalle interviste che ho effettuato per il 6° Design Summit in questo mese di luglio, la mia sensazione netta è che al termine del lockdown il settore del design sia ripartito meglio del previsto. La spiegazione, in un certo senso, va ricercata nella ‘lentezza’ di questo settore, ossia nella sua dipendenza strutturale da contratti a medio-lungo periodo, i quali sembrano aver retto alla bufera dell’epidemia. Per contro, il settore deve anche ringraziare il proprio risveglio online e, più in generale, il definitivo sdoganamento delle applicazioni digitali all’industria: la consapevolezza di imprenditori e addetti ai lavori è che il design made in Italy abbia fatto più strada digitale in questi tre mesi di quanta ne avrebbe fatta in tre anni senza Covid. È evidente il contrasto tra i due fattori: da un lato, c’è la ‘lentezza’ di un comparto ancorato a tradizionali modelli di funzionamento e distribuzione, fino a oggi pseudo-immuni ai ritmi sempre più sincopati del mercato. Dall’altro, c’è l’adozione di un fattore di accelerazione, il digitale, del quale fino a oggi il design ha sostanzialmente ritenuto di poter fare a meno. Lentezza contro accelerazione, quindi. Per il design made in Italy si tratta, se non di decretare un vincitore di questo pseudo-conflitto, almeno di capire come evolvere su questi due aspetti, in modo da riuscire a mantenere i tempi tradizionali dell’artigianalità alto di gamma, ma nel contempo essere in grado di confrontarsi con i tempi immediati verso cui si muove il mercato. A mio parere la sintesi non può che essere cercata nel consumatore e nella sua conoscenza, in termini di preferenze e comportamenti d’acquisto. Finora, il design è sembrato spesso un universo a sé stante, quasi incurante di ciò che avviene a valle della propria catena di distribuzione. Certo, i brand di design parlano e si confrontano con il proprio distributore e i propri advisor di marketing o comunicazione. Ma la spinta digitale della fase Covid ha insegnato che si può fare di più, scendere a valle per dialogare con il proprio consumatore. Perché le attuali tecnologie lo consentono e, in qualche modo, lo impongono. Sarà la capacità di sviluppare questo dialogo a dettare i nuovi tempi del design made in Italy.