Il percorso di consolidamento del design made in Italy non sembra arrestarsi. L’attuale dinamismo nelle operazioni di M&A ha pochi precedenti nella storia del settore. Eppure, paradossalmente, sembra esserci la necessità perché questo ritmo acceleri ulteriormente.
Da inizio anno, sono state già almeno quattro le operazioni straordinarie riconducibili a processi di consolidamento avviati: l’acquisizione delle porte Adl da parte di Boffi e quella di Jacuzzi da parte di Investindustrial, nonché quella della danese Karacter per opera di Poltrona Frau Group e quella di Stilnovo Italia da parte di Linea Light Group. Ognuna risponde a una propria logica di completamento dell’offerta, nonché, come nel caso della start up danese, di upgrade dimensionale per la sfida internazionale.
Questa vivacità, come detto, si confronta con una strada da percorrere ancora lunga. La dimensione media dei gruppi del design italiano, infatti, resta ancora parecchio lontana da quelle dei competitor in grado di muoversi sui mercati globali. Per capire quanto sia necessario recuperare il terreno strutturale, si consideri, per esempio, l’ultimo rapporto sui distretti italiani di Intesa Sanpaolo: quelli del mobile, tra il 2008 e il 2017, hanno dovuto aumentare la distanza media di esportazione di 772 chilometri. Si tratta dell’incremento maggiore di tutti i comparti considerati, ma la distanza di esportazione rimane comunque inferiore a quella di altri settori come, ad esempio, la moda.
E non è solo questione di distanza. È sempre più evidente che la copertura di un mercato internazionale richiede teste pensanti e filiali in loco, e non semplici avamposti operativi. In altre parole, serve investire in strutture capaci di comprendere a fondo i mercati, anticiparne le tendenze e sollecitarne gli interessi. Questo genere di presenza si profila come un driver cruciale per garantirsi quel plusvalore dell’export che oggi finisce ad altri soggetti: si pensi che, rispetto al prezzo di listino in Italia, lo stesso prodotto raddoppia il valore negli Usa e triplica il prezzo in Asia. Una moltiplicazione di valore di cui il produttore made in Italy non beneficia.
Dunque, le sfide che si profilano appaiono non rimandabili e avranno un vincolo dimensionale così stringente che è lecito immaginare, in un tempo ragionevolmente breve, che si dimezzerà il numero di industrie del comparto. Questo, a favore dello sviluppo di 5-10 grandi poli che guideranno il design made in Italy del terzo millennio.