Utilizzare le visioni e la cultura di un popolo dalla storia straordinaria per innovare l’offerta del design italiano, pur mantenendo una chiara identità aziendale. È l’idea di contaminazione di Antonio Verderi, rafforzata dalla creatività osservata al Salone Satellite di Shanghai
La terza edizione è quella della maturità. Così, al termine del Salone del Mobile.Milano Shanghai 2018, si può dire che la fiera organizzata da Federlegno Arredo Eventi abbia dimostrato di essere non solo un momento di business, aspetto certamente cruciale per le 123 aziende presenti in Cina nell’incontrare un numero consistente di buyer qualificati (gli ingressi conteggiati sono stati oltre 22.500), ma anche un punto di incontro tra culture e visioni del mondo che in passato sono apparse spesso in contrasto, soprattutto per i timori italiani di essere copiati dai concorrenti cinesi; ma oggi, anche sotto questo punto di vista, si può parlare di una certa maturità acquisita. E se da un lato il giro d’affari nell’ex impero celeste continua a crescere per i produttori italiani, dall’altro c’è un nuovo ambito di interazione che si sta aprendo e che renderà i cinesi ancor più preziosi per le nostre aziende: quello della contaminazione nel design, della produzione made in Italy fatta partendo da idee che appartengono al background culturale di un popolo che ha una fortissima voglia di esprimersi.
LUCE AL CENTRO
Un esempio arriva proprio dal SaloneSatellite Shanghai Award, il premio organizzato dal SaloneSatellite come trampolino di lancio della creatività giovanile, dando agli autori l’occasione di esporre in aprile a Milano. Le creazioni realizzate sulla base delle idee dei designer cinesi hanno colpito per originalità e per funzionalità. Inoltre, al primo e al terzo posto si sono imposti dei progetti legati alla luce, ambito che si sta rivelando particolarmente attrattivo per i giovani asiatici. Il primo premio è andato a Huang Jing per Flapping Bamboo, una lampada che, grazie all’elasticità del bambù, può essere usata con funzione da tavolo o da terra con intensità di luce diverse. Al terzo posto si è piazzato Ruixue Song con il prodotto Lantern, ispirato alle gabbie in bambù per uccelli, posizionabile in due modi e trasportabile a mano come lanterna. Tra i due si è inserita la creazione Strings, disegnata da Miaoyunzi Hu, che rappresenta un arredo dalla tripla funzione di comodino, tavolino e sgabello. Notevole, infine, l’impatto del prodotto The Chair 18SS, di Duan Bingdong, menzione speciale della giuria: si tratta di uno sgabello ispirato allo stile militare, con uno scheletro rigido e parti morbide in nylon che ne facilitano il montaggio e l’eventuale sostituzione. Antonio Verderi, presidente di Oluce, ha un dna di talent scout espresso attraverso iniziative come quella avviata con lo Ied di Roma, per individuare i migliori talenti della scuola offrendo loro la possibilità di “firmare” alcune novità esposte a Euroluce, ma la sua attenzione è rivolta anche a livello internazionale. L’azienda milanese, la cui icona è la lampada Atollo ideata da Vico Magistretti nel 1977, visiona 2.500 progetti l’anno inviati da ragazzi perlopiù di origine europea e tra questi seleziona le idee da cui, nella visione di Oluce, è possibile arrivare a un prodotto allineato alla filosofia del marchio con relativo successo commerciale. Quel che è stato fatto in Europa, ora sarà riproposto in Cina. “Oluce ha 75 anni di storia e un archivio straordinario di prodotti realizzati – afferma Verderi – ma se ci limitassimo alla riproduzione di questo patrimonio, non avremmo più niente da dire nel mercato. Per questo abbiamo deciso di mettere alla prova i giovani studenti che hanno intuizioni e sensibilità. I cinesi oggi sono ancora agli esordi, ma parliamo di un popolo che studia tantissimo, viaggia, cresce a velocità doppia se non tripla rispetto al mondo occidentale e i tempi di recupero saranno perciò rapidi. Inoltre, mi affascina l’idea di unire la visione del mondo, i valori e la sensibilità di un giovane cinese con l’expertise di un’azienda italiana. Questa contaminazione dà origine a un prodotto compartecipato, frutto di un percorso dal quale lui impara delle cose da noi, e viceversa. Il risultato è una creazione che il designer sente come sua e noi sentiamo come nostra, ma che di fatto è un’idea originale, coerente con il nostro stile e innovativa per il contributo di una visione assolutamente nuova e lontana dalla nostra”. Nella luce, in particolare, questa contaminazione darà forma e sostanza a prodotti che rappresentano la memoria del grandioso passato cinese, rivista e corretta alla luce delle necessità e della sensibilità contemporanea, e realizzati attraverso le capacità tecniche e produttive di Oluce. In un mondo industriale nel quale tende a dominare lo schema del “designed in Europe, made in China”, Oluce si schiera esattamente all’opposto: l’obiettivo è intercettare le idee mondiali per trasformarle in un prodotto made in Italy, “pensato nel mondo e interpretato dalla miglior manifattura del mondo che è quella italiana, partendo da un 95% di componenti realizzati a km zero”, racconta Verderi. L’obiettivo di Oluce, pertanto, è attingere alle idee che emergono a livello internazionale per non limitarsi alle riedizioni del patrimonio, del proprio heritage, e al tempo stesso per non dare mandato esclusivo a un solo designer. “Occorre raccogliere più spunti ed esperienze, per quanto possa rappresentare una via certamente complicata e faticosa, ma il risultato finale sarà premiante nell’espressione del nostro ombrello valoriale”, afferma l’imprenditore. In sostanza, se un tempo era il designer a imprimere il proprio stile nei prodotti dell’azienda, determinandone l’imprinting, oggi nella visione di Verderi sono sempre più spesso le aziende a utilizzare le idee altrui per innovare senza perdere la riconoscibilità da parte del mercato. “Perché – sottolinea – l’obiettivo principale di un’azienda è che un prodotto possa essere immediatamente individuato come suo, senza neppure guardare il brand”.
INSEGNAMENTO RECIPROCO
Oluce scommette sulla Cina non soltanto come fonte di ispirazione del design, ma anche come mercato di destinazione dei suoi prodotti. L’azienda ha come partner Domus Tiandì, con cui ha aperto due showroom a Pechino e Shanghai e si appresta ora a inaugurare il terzo, subito dopo il capodanno cinese, a Shenzhen, in uno spazio condiviso con Minotti e Baxter. E poi la strategia prevede una copertura dell’intero territorio, che oggi garantisce all’azienda di Verderi circa l’8% del giro d’affari ma con un aumento medio annuo del 150%. “Se saremo capaci di rispettare i programmi, contiamo di arrivare al 20% dei ricavi complessivi entro 4-5 anni”, afferma Verderi. E il Salone del Mobile di Shanghai rappresenta il momento chiave della presenza annuale in Cina. Nell’ultima edizione, Oluce ha esposto cinquanta prodotti certificati secondo le normative cinesi e nel 2019 ne inserirà altri venti. “Il successo del Salone è innegabile, poi tutto si può migliorare ma questa fiera dopo tre edizioni è vincente e sta contribuendo alla crescita del made in Italy in Cina. La location poi è strepitosa. Si tratta di un mondo straordinario per noi, al quale ci stiamo interfacciando portando il nostro valore aggiunto ma con una visione di mutua ricezione, perché abbiamo molto da proporre ma anche moltissimo da imparare”.