Presidiare la distribuzione dando vita ad un vero e proprio sistema. Per creare domanda e affezione intorno al made in Italy. La partita si gioca, e si vince, a questo livello di competizione.
Digitale, ma anche, ancora, e soprattutto, fisico. Il rapporto con il cliente nel mondo dell’arredamento, e sicuramente non soltanto in questo, non può prescindere dal confronto personale, dal coinvolgimento emotivo, dalla possibilità di toccare, accendere i sensi. Ma non è solamente un fattore, per così dire, esperienziale. Va molto al di là di questo. Essere presenti fisicamente all’interno delle città per i brand, magari in vie contigue tali da creare un distretto (come accade a Milano del resto), è una questione di competitività. Per non dire, talvolta, di sopravvivenza. Sicuramente di ‘sistema’. Sì perché, come spiega Stefano Cazzaniga, CEO di Interni -insegna storica e tradizione che attraversa i decenni tra l’altro e questo secolo- i competitor oggi non sono (solamente) i negozi, ma sistemi diversi, che operano e ragionano con logiche differenti.
Lo storico spazio di via Turati, oltre a 12 flagship store a Milano, e altri due multibrand uno a Bergamo e l’altro a Verano Brianza. Cosa significa avere il controllo della distribuzione?
Il retail non è solo un luogo dove mostrare la merce e fare vedere le nuove collezioni ai clienti, ma diventa sempre più un centro dove si dialoga con il cliente e si forniscono servizi a 360 gradi. L’attività di consulenza oggi è preponderante e anticipa la vendita, che rappresenta l’’ultimo miglio’. Il negozio, dunque, se ancora così possiamo chiamarlo, viaggia su un doppio binario: consulenza e vendita. Il nostro lavoro è fornire mobili e tutto quello che completa l’arredamento: dai pavimenti alle boiserie, dalla carta da parati a marmi particolari. E’ cambiato il processo, si è ribaltato. Prima i clienti venivano a comprare. Oggi chiedono di instaurare un rapporto, dare vita a un progetto. Infine acquistare. In via Turati abbiamo allestito due piani a ‘Design Factory’: non c’è showroom ma sono solo spazi dedicati alla nostra community, che siano architetti, interior design, clienti. Qui dialoghiamo, ci sediamo, ci confrontiamo. Lavoriamo a contatto con developer evoluti, investitori. Questo accade per noi che siamo distributori. Per le aziende è diverso: hanno l’esigenza di fare vedere le collezioni. Proprio per questa ragione, apriamo insieme a loro monobrand, mettendo a disposizione la nostra competenza commerciale. Gli spazi per noi diventano hub dove creare nuovi leads e dove, partendo da una richiesta precisa di un prodotto, il cliente entra a fare parte di una community e viene seguito in ogni fase del processo.
E il digitale? Qual è il suo ruolo? Affiancamento o che altro…
Il digitale rappresenta un’altra traiettoria, parallela e sinergica, rispetto all’evoluzione del nostro settore. Noi la stiamo sviluppando. Il medesimo sforzo che impieghiamo negli spazi fisici, e nella visione che abbiamo del retail, lo dedichiamo anche al rinnovo della piattaforma digitale. A breve apriremo un’area riservata che consentirà un dialogo con i nostri esperti, con la materioteca (oltre 12mila le referenze); permetterà di lavorare a distanza, preparare moodboard che poi noi sviluppiamo e mettiamo a terra. Le tradizionali sale di presentazione del progetto sono diventate multimediali, ciò che facciamo con il fisico lo proponiamo anche digitalmente. Evidentemente anche noi sfoceremo in un ecommerce che sarà un’aggiunta, un offrire la possibilità di un acquisto a distanza che si affianca alla progettazione a distanza. Il digitale aiuterà anche il dialogo tra i vari negozi. A vantaggio del cliente che, entrando in contatto con uno, incontra un mondo più ampio, altrettanti cataloghi e una materioteca. Stiamo rendendo il lavoro a distanza il più fluido possibile. Abbiamo un 80% di clientela che è ripetitiva è per noi importante dare la possibilità di seguire da vicino il progetto nonostante la distanza fisica.
Nuovo corso. Fare parte di un gruppo – Lifestyle Design – vi pone in una situazione di vantaggio competitivo?
Interni, dopo una fase che è stata altrettanto importante, nella quale siamo passati da impresa familiare a essere compartecipati dal fondo Progressio, è entrata nella famiglia di Lifestyle Design a novembre 2022. Un gruppo industriale super strutturato il cui linguaggio siamo stati in grado di comprendere da subito, proprio grazie all’esperienza pregressa. Un partner con il quale poter affrontare anche progetti più ambiziosi, ma che è anche socio industriale che guarda a un periodo temporale più a lungo termine. Con loro possiamo condividere informazioni: noi dal punto di vista retail e loro dal punto di vista industriale. Tutto questo ha già dato vita a sinergie molto importanti.
Dove vi vedete a un anno? E a 10?
Noi vogliamo diventare la piattaforma più importante al mondo, dove i clienti e gli interior developer e, in generale, gli attori che operano in questo mondo, possano lavorare su progetti turn key. L’interior designer deve essere supportato nella selezione unica del suo progetto. Nel mondo la richiesta è altissima. Qualche struttura, anche all’estero, si è evoluta in questo senso. Ma in italia abbiamo la fortuna di vivere nel cuore dello sviluppo del design internazionale, non solo con le migliori aziende, ma anche i migliori artigiani che possono andare a inventarsi qualcosa di veramente unico. Con loro si può lavorare e fare diventare la proposta unica. Anche all’estero stanno iniziano a capire la necessità e l’importanza del servizio e si stanno attrezzando.
Investire negli spazi fisici all’interno delle città resta dunque un fattore fondamentale?
È molto importante, perché crea il primo contatto e quello che definisco l’effetto ‘wow’ che diversamente è difficile ottenere. L’emozione che si prova quando si entra in spazi belli e pieni di prodotti nuovi è difficile da ricreare con altre modalità. Ma anche i produttori hanno bisogno di fare vedere come le loro collezioni vivono. Aprire monobrand insieme, in partecipazione con le esigenze di un’azienda, è mio avviso una soluzione vincente; da una parte creiamo tutti insieme l’effetto atteso e contemporaneamente diamo la possibilità a chi viene a Milano di incrociare una quantità di showroom che altrove non esiste. Tutti insieme creiamo domanda, affezione intorno al made in Italy. I competitor non sono per me soltanto Salvioni, Bredaquaranta, Mollura, Ddc negli Usa… solo per citarne alcuni, ma abbiamo altri a livello di sistema, come Restoration Hardware, che non è diretto di Interni in quanto tale, ma lo è del sistema in cui Interni vive e prolifera. Per noi investire con i brand nello sviluppo del made in Italy è una necessità.
Confcommercio denuncia 60 milioni di arrivi e 160 milioni di presenze in Italia che nel 2021 continuano a mancare all’appello rispetto al 2019, ora la guerra, che peggiorerà la situazione…
Questo pesa ed è evidente che dopo il meraviglioso 2021, nel quale abbiamo realizzato una raccolta ordini superiore ai 50 milioni di euro, dobbiamo iniziare a fare delle riflessioni. Avere un calo di visite prima o poi si renderà evidente. Abbiamo lavorato sui nostri contatti fino ad ora, ma chiaramente non possiamo non prendere atto che la nostra sfida è convincere anche coloro che ancora non lo sono. Quindi, inevitabilmente, si manifesta una mancanza. Noi abbiamo scelto di concentrarci sui negozi: a Milano e anche al di fuori dall’Italia, partendo da Londra, dove siamo già presenti con Giorgetti, per essere presenti su mercati dove storicamente otteniamo risultati. Questo per coltivare la rete di contatti esistente, affinché abbiano più facilità nel dialogare con noi e un servizio identico a quello che avrebbero se venissero a Milano. Ovviamente resta il fatto che dobbiamo comunque continuare a lavorare a distanza col digitale, perché la nostra clientela ha meno voglia di viaggiare di prima. Prima alcuni clienti in giornata prendevano aerei dal Libano, Israele, Grecia, Londra. Oggi non è più così, vengono solo per periodi più lunghi e questa cosa non cambierà a breve. La nostra visione è raggiungere il cliente il più possibile in maniera digitale, ma anche essendo fisicamente presenti, vicini a loro. E in questo caso lo faremo sempre con progetti retail molto importanti. Nell’essere sistema possiamo aumentare domanda, anche al medesimo cliente.
Conflitto in Ucraina, caro energia e rischio di parziale blackout se venissero chiusi i rubinetti dell’approvvigionamento dalla Russia. Come vi state muovendo in questo scenario?
Intanto non abbiamo interrotto le vendite dei nostri prodotti né tagliato i ponti con i nostri clienti. Con la Russia lavoriamo poco in Russia. Piuttosto con i russi che vivono o frequentano la Costa Azzurra, Londra, il Medio Oriente, la Turchia. I nostri clienti stanno in questo momento in attesa prima di intraprendere nuovi e ulteriori investimenti. Chiaramente, tutto ciò avrà una conseguenza importante sul nostro ecosistema, anche perché indirettamente vengono anche colpite aziende italiane che sono in Russia e gli imprenditori che sono nostri clienti ridurranno gli acquisti. Rispetto al caro-energia, avevamo dato seguito, e siamo a buon punto, a investimenti per garantire un efficientamento delle spese. A prescindere da quanto sta accadendo oggi. Andremo a installare un fotovoltaico sul nuovo magazzino che stiamo aprendo a Mariano Comense, di 10mila metri quadrati, per avere energia pulita. L’effetto più immediato sarà però, inevitabilmente, l’aumento dei prezzi. I listini potrebbero subire un incremento ulteriore del 5-8%, che porterebbe (i prezzi per i rivenditori sono imposti dalla casa madre, ndr) a un +16% nell’arco degli ultimi 12 mesi. Qualcosa che non avevamo mai visto.