Meno quantità, meno referenze, più proposta e chiarezza su quello che deve essere il concept, l’identità. Questa le vera grande sfida che l’home decor, non solo in Italia, si vede costretto ad affrontare. È arrivato il momento. Un cambiamento di pelle e di passo che “le aziende sono disposte a supportare anche insieme al negozio” spiega Emanuele Guido, Exhibition Director Business Unit Lifestyle di Fiera Milano. E se i numeri sono buoni, stando ai dati raccolti da Export Planning, il commercio mondiale del comparto ‘home’ è atteso chiudere il 2022 con un nuovo massimo di 158,1 miliardi di euro, il doppio rispetto a 10 anni fa (68 miliardi). con mercato statunitense trainante seguito da Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, e Giappone, per quanto riguarda l’Italia, le esportazioni dovrebbero nel 2022 crescere dell’11,2% rispetto al 2021, oltre 26 punti percentuali superiori a quelli pre-pandemici, per un valore record (mai prima sperimentato) di 2,6 miliardi di euro. Fin qui tutto ‘abbastanza’ bene. Perché la riflessione a monte, più che mai necessaria, ha a che fare proprio con il futuro della distribuzione, il suo ruolo nel futuro in un mondo che cambia anche e soprattutto da questi punti di vista.
“Generalizzare non è mai cosa buona, perché alla fine è sempre il prodotto che vince e non il settore” tiene a evidenziare Guido, pur sottolineando che “la decorazione, la tavola, la cucina e il tessile nei punti vendita ha fatto buoni numeri. La fiera rappresenta il settore e se il settore si esprime bene anche la fiera conseguenza esprime nuova energia. Novità di quest’anno – ricorda – la decisione di inaugurare nella giornata di giovedì, una data nuova, visto che storicamente è sempre stata di venerdì. È stata una richiesta del mondo professionale. È vero che i punti vendita chiudono la domenica e il lunedì mattina, ma non possiamo non tenere conto che i buyer importanti si muovono anche nei giorni feriali e la nostra scommessa è stata proprio quella di potere attirare anche buyer importanti e professionali”. Un nuovo esperimento che, al momento “sembrerebbe proprio positivo” commenta.
Tornando al comparto e ai suoi numeri, il mercato italiano quanto pesa? “La domanda fondamentale è una domanda esistenziale di questo settore, perché al di là dei numeri che possono essere impressionanti, noi dobbiamo capire che cosa rappresentiamo dal punto di vista della produzione, dell’offerta e della capacità italiana, europea e internazionale che rappresenti il gusto di chi lo fa. Molte aree del mondo cercano di lavorare sul controllo dei costi. Oggi dobbiamo chiederci invece se la domanda sia il controllo dei costi e non invece fare un prodotto bello, autentico originale di qualità, nuovo che forse poi alla fine è quello che sul mercato di fa vincere” chiosa Guido.
E un prodotto alto di gamma non è certo il price point a decretarlo: “abbiamo esempi di prodotti eccellenti con una capacità competitiva dal punto di vista del prezzo importante. Siamo in una fase di cambiamento. Il consumatore oggi rappresenta contemporaneamente diverse generazioni di consumatori: legati al prezzo, alla quantità e al valore. I primi hanno un’età più avanzata. Altri vogliono poche cose che siano identitarie e che raccontino di se stessi, della propria cultura e del proprio gusto. È il momento in cui i punti vendita facciano una scelta: scegliere se rivolgersi a qualcuno che condivide i tuoi valori e proposte o cercare di soddisfare chiunque. Lo abbiamo visto sul fashion che è più evoluto, e che ha dimostrato che la seconda tesi non è quella risolutiva. Serve avere un negozio di proposta, la sola risposta percorribile.
Insomma un settore in grande cambiamento. Dove è soprattutto il retail che deve cambiare, l’anello debole della catena. “La fortuna è che siamo un grande osservatorio sul retail, molto trasversale perché andiamo dalla gdo, al mass market, al garden center. Ma poi vediamo grandi player, catene di negozi molto diffusi che hanno un grosso problema che per stare in piedi devono fare girare grandi volumi e che dunque devono fare selezione ma non troppo. Poi abbiamo il concept store, il punto vendita specializzato, il negozio turistico con oggettistica, il negozio di gioielleria. Abbiamo tutta questa visione trasversale. Nella mia personale percezione vince la proposta, indipendentemente se sei gioielleria, negozio di arredamento, oggetti da regalo: alla fine devi partire dai tuoi valori, dal rapporto di fiducia con il tuo cliente. Un rapporto di fiducia e di prossimità. Chi ha un negozio importante nel centro delle città deve capire che avere migliaia di referenze non funziona zona più, deve fare un ragionamento diverso. Si tratta di nobilitare il ruolo del negoziante perché non è una attività affatto semplice”.