La GenZ che viaggia nel mondo cerca spazi da vivere e anche da condividere. Chiede riposta, anche in tempo di Covid, al suo bisogno di socialità. Habyt interpreta questa richiesta e lancia nel 2017 una formula di co-living premium dedicata ai professionisti e agli studenti over 25. I numeri rapidamente danno ragione al suo fondatore, Luca Bovone: 36 milioni di euro il giro d’affari nel 2021, 100 milioni la stima 2022, 300 l’obiettivo 2023.
Come nasce Habyt?
Habyt nasce nel 2017 con l’idea di dare vita a un consumer brand che fosse focalizzato su valori come la community, il digitale, la semplicità nel mondo residenziale. Come nel mondo degli hotel ci sono brand riconosciuti, penso a Marriott Group, Accor, veri e propri network che consentono di viaggiare nel mondo al loro interno, abbiamo voluto creare questo tipo di concetto facendo leva sulle nuove tecnologie, ma nel mondo residenziale. Cinque anni dopo abbiamo in gestione 8500 unità abitative, siamo presenti in 10 paesi in Europa e nei maggiori Paesi al di fuori dell’Uk, oltre all’Asia Pacific e, dunque, Singapore, Hong Kong e Tokyo. Apriamo ogni trimestre circa 30mila mq nuovi di palazzine residenziali con spazi privati per i clienti e altri in condivisione, posizionati solitamente alla base o all’ultimo piano dell’edificio. Gli ‘spazi privati’ sono stanze che hanno un bagno in condivisione con un’altra stanza o il bagno privato, le suites. All’interno del palazzo ci sono delle facilities condivise che possono essere ad esempio spazi di coworking”.
Quali differenze tra la vostra formula co-living e lo student housing?
Non siamo dedicati agli studenti. Lo student housing, anche in virtù delle convenzioni che può attivare, offre un costo basso. Il nostro è un prodotto premium, focalizzato sui giovani professionisti che rappresentano il 90% della clientela, mentre per il 10% sono studenti al di sopra dei 25 anni. Tra i professionisti, la stragrande maggioranza sono expat: circa il 70% dei clienti sono al di fuori del paese in cui abbiamo le nostre proprietà”.
Qual è il tempo di permanenza medio?
“Ad oggi la media è di 8 mesi. Il tempo minimo, anche per motivi di destinazione d’uso dei palazzi, è di tre mesi. Ma i clienti restano anche 12-18 mesi. L’obiettivo è garantire la possibilità di spostarsi all’interno del network con pochi clic: tutto questo grazie a una tecnologia che semplifica ciò che prima era molto complesso”.
Ad oggi quante stanze gestite?
Al momento ne abbiamo 8500, ma ne firmiamo circa 1000 a trimestre, quindi circa 30mila metri quadri e dunque quest’anno ne aggiungiamo altre 4000 organicamente, poi abbiamo un grande filone di sviluppo attraverso le acquisizioni di piattaforme locali”.
A Milano siete presenti?
“Gestiamo circa 1000 abitazione, qualcosa come 20 building. A Torino stiamo aprendo circa 350 unità. Ma guardiamo anche a Modena e Bologna. La GenZ ha una necessità di spazi molto diversa rispetto a prima, quando si pensava che il prodotto premium fosse una situazione privata. Oggi la solitudine che connota questa generazione spinge verso la condivisione. Prova ne è che proprio durante il covid abbiamo avuto una crescita del nostro business molto forte”.
Avete in programma di lanciare altre etichette?
“Stiamo cercando di capire quali brand si possono lanciare sia a livello geografico sia in termini di ‘premiumness’. Avendo un tale network, potrebbe essere una opportunità per creare un nuovo brand o un sub brand”.
Poi la Borsa…?
“È l’obiettivo. Come società indipendente, per mantenere il controllo e la vision e creare una società generazionale. Altre opportunità strategiche diverse le valuteremo ma oggi l’obiettivo è la quotazione”.
Chi sono i vostri investitori?
“L’azienda è basata a Berlino perché vivo lì da tempo, ma la nazionalità più rappresentata in termini di dipendenti è l’Italia, subito prima della Germania . Abbiamo investitori prevalentemente finanziari, venture capital e diverse angel investor del mondo digital e
real estate, oltre a fondi tedeschi e spagnoli. Raggiungeremo il breakeven a livello di ebitda a quota 100 milioni di fatturato e da quel momento potremo iniziare a crescere in maniera più sostenibile. L’italia pesa un 15%- 20% sul fatturato. Va detto che non è facilissimo sviluppare il business qui e, dunque, stiamo andando più rapidamente in paesi come la Germania e l’Olanda. Siamo molto forti e anche il Portogallo. Anche l’Italia si sta espandendo molto: cresce ma probabilmente manterrà questo market share all’interno del nostro fatturato”.