Per Claudio Feltrin, presidente di Assarredo, ci sarà un modello di arredo pre-Covid19 e post-Covid19. A cambiare saranno l’organizzazione dell’impresa e la gestione della supply chain. Nuove sfide per la rete distributiva.
“Siamo in guerra, ne siamo tutti consapevoli. La sfida è farsi trovare pronti al momento della ripartenza post bellica”. Claudio Feltrin guarda al ‘dopo emergenza’ con forti preoccupazioni, e con la convinzione che niente sarà come prima. In Assarredo, l’associazione più rappresentativa all’interno di FederlegnoArredo, il costante confronto tra imprenditori nelle settimane di chiusura ha evidenziato tutte le incognite del momento, certamente inedito nella sua drammaticità. Il passaggio chiave sarà quello della riapertura delle fabbriche e soprattutto dei negozi. Già prima del lockdown imposto dal governo Conte, le aziende legate ai rivenditori costretti allo stop avevano preferito sospendere la produzione, perché non avrebbe avuto senso appesantire il magazzino di prodotto finito in pronta consegna: chi garantisce che tutto ripartirà con gli stessi attori di prima e alle stesse condizioni di acquisto? È una delle tante verifiche che occorrerà fare quando l’emergenza sanitaria sarà conclusa e si potranno contare le vittime del conflitto, perché di questo si tratta. “Sarà una ripartenza post bellica – ripete Feltrin – con tutte le difficoltà del caso, perché la guerra colpisce ogni settore dell’economia, ma ancor più la produzione di beni che non sono di prima necessità, come i nostri”.
CONTROLLO DI FILIERA
Ed ecco che il contagio di Covid-19 diventerà lo spartiacque tra il prima e il dopo, l’occasione per un cambiamento reale. A differenza dei conflitti veri e propri, qui non si riparte da zero e dalle macerie, perché le fabbriche gioiello dell’arredo italiano sono intatte e pronte a riprendere il discorso interrotto. Inoltre, l’appeal del made in Italy a livello internazionale non è stato minimamente scalfito, e tutte le premesse indicano che sarà proprio l’Asia a dare la scossa al mercato, con una ripartenza che si preannuncia particolarmente rapida. Ma proprio quest’attesa di rapidità pone uno dei problemi più rilevanti del post-Covid-19: quello della supply chain. “Se i nostri clienti cinesi – afferma Feltrin – inizieranno a ordinare a ritmi più veloci del passato, dovremo essere in grado di assicurare le consegne nei tempi prestabiliti. Ma se, al termine del lockdown, ci troveremo con un 20% in meno di parco fornitori, come faremo a rimpiazzarli con la stessa velocità? Non è possibile, perché i prodotti delle aziende italiane prevedono schede tecniche, certificazioni e quant’altro. Per questo chiediamo all’Europa e al governo italiano un nuovo piano Marshall, indispensabile per contenere i danni provocati dalla crisi e dal lockdown, che permetta alle imprese di reggere l’urto. Altrimenti, passata l’emergenza sanitaria, rischiamo di affrontare per anni un’emergenza economica che non si può certo gestire con la rigidità dei parametri attuali. Occorrerebbe dilazionare nei prossimi anni i pagamenti della fase più acuta; nel frattempo, le aziende verrebbero riaperte e la filiera potrebbe ripartire in modo più veloce”. Auspicando anche per quest’ambito l’ormai proverbiale #andràtuttobene, è comunque evidente che il virus diventerà il punto di svolta del modello di filiera nell’arredo italiano. Se prima, ‘a cuor leggero’, le aziende affidavano all’esterno anche le lavorazioni più critiche, limitandosi a fissare prezzi e tempi di consegna, ora quest’elemento appare come una forma di debolezza. “Se il terzismo non regge – afferma Feltrin – e molti nostri subfornitori sono arrivati alla vigilia di questa crisi con il fiato corto, il danno è inevitabile. Il tempo del disinteresse per la supply chain è finito. Le imprese dell’arredo dovranno mettere in cantiere delle forme di collaborazione con i fornitori, e non significa che dovranno necessariamente entrare in società o inglobarli. Sarà invece necessario un confronto e un aiuto in termini di gestione, controllo dei costi, finanza e assetto economico, affinché la filiera acquisti solidità”. Nella moda, l’acquisizione di fornitori strategici da parte delle holding francesi è una scelta strategica ormai consolidata e risponde proprio all’esigenza di ottenere certezze a lungo termine. Nell’arredo i valori sono diversi e questo difficilmente avverrà, o almeno non con le stesse modalità del fashion. Feltrin, ad esempio, non si aspetta che i fondi di investimento già entrati nel design cambino di colpo strategia, passando dall’acquisizione di brand a quella di supplier. “Tuttavia – precisa – la sicurezza della filiera sarà un elemento da mettere in campo nelle future acquisizioni di marchi, ed entrerà tra i primi dieci punti nella valutazione di un’azienda”. Un altro aspetto rilevante è quello della produzione estera, emerso drammaticamente nella fase iniziale del contagio, quando a essere colpita era stata la Cina e le spedizioni di beni destinati all’occidente erano state bloccate. “Il nostro comparto non è tra quelli che avevano delocalizzato in maniera massiccia, ma è chiaro che quella strategia non è corretta. Si va a produrre in un Paese lontano per migliorare il servizio alla clientela, non per risparmiare i costi delle lavorazioni o dell’acquisto di componenti. Anche in questo caso, l’insegnamento che dobbiamo trarre dall’emergenza è che le lavorazioni strategiche devono essere governate e non possono stare al di fuori della sfera di influenza diretta dell’azienda. Altrimenti anche i nostri ‘giganti’ si troveranno con piedi di argilla”.
SMART WORKING STRUTTURALE
Anche in termini di distribuzione, nulla sarà più come prima. Occorre però capire l’evoluzione del modello. “A oggi, le idee non sono chiare – racconta Feltrin – e bisognerà vedere se il sistema dei rivenditori riuscirà a reggere, così come se le aziende che hanno scelto il retail diretto saranno in grado di sostenere i costi di affitto a negozi chiusi. Nel mio caso, la strategia è principalmente legata al contract, con showroom di proprietà e in affitto. Sono strumenti necessari, ma che rappresentano un costo importante. Sarà un tema da discutere nei prossimi mesi”. Un altro aspetto nuovo, innescato dall’emergenza, è lo smart working: “Abbiamo scoperto che si può fare e che non tutti i lavori richiedono una presenza in ufficio. Si creano così meno necessità di investimento per le aziende, ma si potrebbe sviluppare un nuovo business”, afferma il presidente di Assarredo. In generale, l’emergenza sanitaria sta determinando un ripensamento del sistema economico e industriale: “Molti pensavano che la sostenibilità potesse diventare l’occasione per una ridefinizione strategica dei modelli, invece probabilmente l’occasione sarà il virus. Questa crisi insegnerà qualcosa a tutti, e ognuno troverà la sua giusta misura”.
di Andrea Guolo