La prima edizione del workshop sul comparto evidenzia la voglia di confronto dei protagonisti. Ed emerge la consapevolezza di ampie opportunità da cogliere attraverso riassetti dimensionali.
Difficile che questa industria, così importante per il Paese, fra due anni sia ancora così come è stata presentata oggi”. Con queste parole Andrea Bonomi, numero uno di Investindustrial, ha concluso il Convegno Pambianco Design, “Realtà e prospettive del settore Arredo & Design italiano”, svoltosi giovedì 9 luglio in Borsa Italiana, primo appuntamento sul settore organizzato da Pambianco Strategie di Impresa, in collaborazione con Elle Décor e con EY-Ernst & Young. L’incontro, che ha registrato una grande affluenza con oltre 500 persone a riempire l’ex sala grida di Palazzo Mezzanotte, è stato aperto da Cristina Tajani, assessore alle Politiche del lavoro, della moda e del design del Comune di Milano, la quale ha ringraziato in modo esplicito per l’iniziativa, sottolineando l’importanza di coinvolgere il soggetto ‘pubblico’ a sostegno di un’industria che ha “la capacità unica di coprire l’intera filiera”. Quindi, sono stati presentati i numeri del settore, quelli cui ha fatto riferimento Bonomi, e che, appunto, difficilmente resteranno gli stessi nel breve e medio periodo. Il quadro sull’equilibrio strutturale e congiunturale del comparto Arredo e design è arrivato attraverso gli interventi di Giovanni De Ponti, direttore generale di FederlegnoArredo, David Pambianco, VP di Pambianco Strategie di Impresa, e Roberto Bonacina, Director di EY Lead Advisory M&A. A seguire (vedi pagine successive), il convegno ha presentato alcune delle case history più rappresentative, con una serie di interviste condotte da Enrico Mentana, direttore del Tg La7, e una tavola rotonda sul ruolo della finanza per lo sviluppo del settore.
GLI SPUNTI DI OTTIMISMO
Di tenore assai positivo l’intervento di De Ponti, il quale ha sottolineato come l’export del design italiano sia tornato a livelli pre-crisi. “Due terzi della nostra produzione – ha evidenziato il manager di FederlegnoArredo – viene esportato. Siamo al secondo posto al mondo (dietro la Cina) per surplus commerciale. Siamo i primi in Europa per investimenti in Ricerca e sviluppo”. Inoltre, De Ponti ha riportato i risultati di una ricerca condotta su 1.900 bilanci “per misurare la solidità finanziaria”, dalla quale emerge come l’ebitda margin, nonostante gli anni di crisi che hanno frenato il settore, si attesti comunque su una media del 6,6 per cento”.
I PUNTI DA MIGLIORARE
Non ci sono solo e necessariamente gli aspetti vincenti. “Ho cercato di evidenziare anche i punti critici – ha esordito David Pambianco – in modo da avviare la riflessione sulle aree di potenziale miglioramento”. In cinque anni, ha spiegato, il mercato italiano ha perso il 34%, ossia circa 5 miliardi in meno di consumi. In parte, questo gap è stato compensato dalla crescita delle esportazioni (“+16%, ossia 1,5 miliardi recuperati”). Insomma, il consumo oltre confine è il vero driver del settore. Tuttavia, Pambianco ha evidenziato come il 39% dell’export sia ancora rivolto all’area euro, “ovvero a mercati che non crescono”, mentre restano marginali le quote verso le destinazioni a maggiore tasso di crescita (Cina, Arabia Saudita e Qatar). Infine, l’analisi si è concentrata sui dati strutturali del comparto, in base ai bilanci di tre anni (2011-13) di un campione di 233 aziende del settore. Nel periodo considerato, il fatturato complessivo è arretrato del 3,8%, scendendo da una media di 37 a una di 36 milioni di euro l’anno, mentre l’ebitda margin medio è sceso dal 6,9 al 6,2 per cento. “Sono numeri – ha commentato Pambianco – che evidenziano la necessità di crescita dimensionale”. In primo luogo, perché la frenata è più accentuata per le imprese più piccole (-8,5% i ricavi del triennio per le imprese fino a 50 milioni di fatturato; -1,2% per quelle oltre i 50 milioni). Stessa penalizzazione per quelle di fascia inferiore di prodotto (la fascia alta ha frenato dello 0,7%, quella media del 5,4%). Simmetricamente, sono le aziende di dimensione maggiore e quelle di fascia alta a registrare le quote di export più consistenti. “La necessità di crescita dimensionale – ha aggiunto Pambianco – deriva anche dal fatto che i margini medi del settore non sono tali da consentire un percorso importante di investimenti”. Anche se, ha proseguito, viene rilevata una “discreta patrimonializzazione” (con un rapporto pari a 1,3 tra patrimonio netto e posizione finanziaria netta), segno che gli utili vengono accantonati in azienda.
LA SPINTA AD AGGREGARSI
Insomma, l’Arredo & Design italiano ha dimensioni tali da lasciar immaginare un percorso importante di consolidamento. E sul tema si è inserita l’analisi di Bonacina. “Nell’ultimo periodo – ha spiegato – il fenomeno delle M&A mondiali ha registrato una evidente accelerazione: una trentina i deal annui nel 2013 e nel 2014, con il 2015 che ha già registrato 20 operazioni nel primo semestre”. Importante l’incidenza delle operazioni italiane: il 6% nel 2013, il 16% nel 2014 e il 45% nei primi sei mesi di quest’anno (9 su 20). “Si registra anche una crescita dei multipli – ha continuato Bonacina – in particolare quello sul fatturato, segno che si crede di più al valore del marchio”. Il manager di EY ha sottolineato come ancora non si registri una “invasione di acquirenti esteri”, e come protagonisti dello shopping siano stati investitori finanziari e fondi di private equity. Infine, una simulazione sul futuro. Bonacina ha rapportato la struttura attuale del settore arredo, con un 70% di aziende indipendenti e un 30% appartenenti a gruppi, con quella, identica, del lusso nel 1995. Vent’anni dopo, il mondo del lusso ha invertito le proporzioni (il 30% di marchi indipendenti, contro il 70% riferibile a gruppi). La domanda finale è: il consolidamento ridisegnerà il design?. O meglio: quando?
“C’è una squadra da fare” che aspetta FONDI e BORSA
L’arredamento, con il supporto di private equity e quotazione, crea sinergie tra le aziende per essere competitivo in Italia e all’estero.
Nel settore dell’arredamento, fatto per lo più di piccole realtà frammentate, serve un supporto all’aggregazione. Questa, in sintesi, la necessità delle aziende italiane di design per essere competitive in Italia e all’estero. Nella tavola rotonda del Convegno Pambianco intitolata “Contributo dei fondi e della Borsa allo sviluppo delle imprese”, si è affrontato il tema della sinergia quale leva scacciacrisi. “Le aziende di arredamento cosiddette ‘quotabili’ si contano su una mano – ha detto Stefano Core, cofondatore e AD di ItalianCreationGroup – il resto del mercato (circa l’80%) è composto da realtà che hanno un fatturato medio intorno ai 30 milioni di euro, impossibilitate quindi anche solo al pensiero di sbarcare in Borsa. L’aspetto dimensionale e la commistione famiglia-impresa fanno la differenza, ed è per questo che si rende necessaria l’unione delle singole forze per una possibile apertura dei propri orizzonti. Per avere successo sono importanti sia il brand sia la distribuzione, aspetti bisognosi di importanti investimenti, ed è per questo che risulta fondamentale creare sinergie e cioè mettere insieme più aziende con una forte iniezione di managerialità”. ItalianCreationGroup è stata fondata nel 2013 da Giovanni Perissinotto e Stefano Core con la mission di acquisire e integrare singole società nei settori dell’home design e luxury lifestyle, valorizzando le qualità di prodotto e proteggendo l’identità dei marchi. Ad oggi, le prime operazioni concluse sono l’acquisizione di Driade nel 2013 e quella di Valcucine lo scorso febbraio. “È importante posizionarsi verso l’alto di gamma – ha aggiunto l’AD di Borsa Italiana, Raffaele Jerusalmi –, e creare sinergia tra marchi ed expertise può essere la soluzione giusta, sia in maniera indipendente come nel caso di ItalianCreationGroup sia con il supporto di fondi di private equity come per IDB Italian Design Brands”. Private Equity Partners (di Fabio Sattin e Giovanni Campolo), Paolo Colonna e i fratelli Giovanni e Michele Gervasoni, supportati da un gruppo di 15 selezionati investitori privati, hanno costituito due mesi fa la holding Italian Design Brands con l’obiettivo di realizzare l’aggregazione con altre realtà eccellenti nel settore. La prima operazione di investimento di IDB ha riguardato lo storico marchio di arredo Gervasoni. “Grazie al progetto Elite di Borsa Italiana che abbiamo seguito per due anni – ha commentato Giovanni Gervasoni, presidente di IDB – c’è stata una scintilla per il processo di apertura della nostra azienda, insomma un momento di riflessione sul nostro futuro e un modo per confrontarci con altre realtà. Il progetto Elite ci ha permesso di cambiare marcia. Non eravamo solo in cerca di finanza, ma di idee e strategie, e l’acquisizione da parte di IDB è stato per noi il contributo per fare il salto in un progetto di crescita”. (r.c.)
Di Luca Testoni