L’Internet delle cose è il neologismo che indica una realtà in cui gli oggetti sono connessi tra loro e, soprattutto, con la vita delle persone. Quanto è vicina e tangibile questa realtà? Difficile dare una risposta compiuta. Dipende dagli ambiti considerati. Di certo, si può dire che il mondo del design, inteso come ambito di massima interrelazione tra le persone e gli oggetti che le circondano, è tra quelli che più sono già stati coinvolti dal fenomeno. O, comunque, tra quelli che più devono essere pronti a esserne coinvolti. Ma l’Internet delle cose non riguarda solamente il prodotto finale del design. La sua influenza, infatti, comincia assai prima lungo la catena produttiva. Come viene approfondito nell’inchiesta di questo numero, la rivoluzione tecnologica comincia a livello di fabbriche, le smart factories. Qui inizia a definirsi il confronto tra uomo e robot, e qui si imposta il nuovo equilibrio che condizionerà tutta la filiera. Nella fabbrica 4.0, le diverse aree di produzione dialogano tra loro e, soprattutto, sono in grado di dialogare con l’esterno, traducendo l’immensa mole di input (i cosiddetti big data) in modelli produttivi. Si tratta, dunque, di ridisegnare gli schemi (i costi, i tempi, la qualità) riguadagnando un’efficienza necessaria allo sviluppo futuro. Soprattutto, questi schemi imporrando un’integrazione della filiera, rendendo possibile (e necessaria) la connessione con l’offerta, cioè con le ‘cose’ del marketing, del negozio o dello stand in fiera. Perché la rivoluzione, come sta avvenendo in Germania, sta diventando trasversale, e traducendosi anche in appuntamenti fieristici adeguati al 4.0. Ebbene, allinearsi a questo scenario di fabbrica 4.0 è una sfida cruciale per l’arredo italiano. Ed è evidente che le condizioni di partenza rendano ardua la partita. Una rivoluzione tecnologica di queste proporzioni, infatti, appare non sempre alla portata delle piccole dimensioni delle aziende italiane del settore. Certo, è plausibile che il settore pubblico intervenga con misure di agevolazione, se non con veri e propri sostegni a questo genere di innovazione. Ma non è solo una questione di capacità di investimento. Certo, da parte dell’industria occorre proseguire, se non accelerare, il processo di consolidamento dimensionale avviato negli ultimi due anni. Ma, soprattutto, occorre trovare il coraggio di rimodulare la propria cultura artigianale. La carta vincente sarà forse quella di trovare un modello di ‘Internet-degli-artigiani’.
David Pambianco