I consumi del mobile, alla fine del 2020, scenderanno a doppia cifra più o meno ovunque, con l’eccezione della Cina che però non andrà oltre il pareggio. Germania e Usa limitano i danni (-10%). L’analisi di Csil sulle principali aree del mondo.
di Andrea Guolo
In un quadro mondiale di forte sofferenza, l’eccezione è costituita dalla Cina e da poche realtà asiatiche che non saranno in controtendenza, ma almeno mostrano segni di tenuta rispetto ai consumi registrati nel 2019. Una fotografia sulle vendite globali dell’arredamento è stata scattata da Csil, centro studi specializzato sull’industria del mobile, che evidenzia situazioni più o meno gravi e individua nell’Europa l’area maggiormente critica, sulla base dei dati raccolti alla fine di settembre.
EUROPA IN ROSSO
“Il decollo dei consumi estivi ha contribuito a limitare i danni che si erano manifestati nei mesi primaverili, ma il saldo rimane negativo”, afferma Sara Colautti, director industry studies di Csil, evidenziando nella Francia e nella Gran Bretagna due tra i mercati nei quali la situazione appare più complessa. L’Italia non fa eccezione e prospetta a fine anno una flessione del 22% su base annua, mentre a Parigi il dato previsto è del -19% e Londra dovrebbe chiudere il 2020 ancora peggio dell’Italia. Tra le grandi nazioni del vecchio continente, una delle più reattive parrebbe essere la Germania, con una previsione di -10% a fine anno, in linea con gli Stati Uniti. “E non c’è un mercato al mondo che faccia eccezione, se non quello cinese che evidenzia almeno una stabilità, grazie ai segnali di ripresa che si sono manifestati già a metà marzo per poi continuare nei mesi successivi. Ad ogni modo, nonostante lo sforzo del governo cinese per sostenere i consumi interni, pensiamo che il risultato finale di Pechino non possa superare quello dello scorso anno”.
Analizzando per specializzazioni, spicca in negativo il comparto dei mobili per ufficio, mentre la più dinamica tra le categorie del mobile parrebbe essere quella delle cucine.
Ma Colautti non crede a una divisione del mondo tra vincenti, in questo caso l’office, e perdenti, dove andrebbe inserito il comparto kitchen. “Ci sono zone d’ombra in entrambi i casi. Possiamo invece indicare nella grande distribuzione e nell’e-commerce i canali più interessanti per tempi e modi di reazione. L’andamento degli acquisti post lockdown ha evidenziato un rispetto dei tempi di acquisto preventivati da parte del consumatore e uno scontrino medio più alto delle previsioni. Questo non riguarda in generale le specializzazioni legate ai singoli ambienti.
Se pensiamo all’Italia, è vero che la cucina è andata certamente meglio della media, ma ha pur sempre evidenziato un calo del 15 percento. È un winner rispetto ad altri segmenti, ma non in termini assoluti”, precisa Colautti. Inoltre, se fino alla prima metà di agosto si poteva parlare di ottimismo diffuso per la ripartenza dei consumi, la situazione si è successivamente offuscata e dalla seconda metà di settembre è tornato a soffiare un vento freddo sul comparto del mobile. “I budget sono in contrazione e ora si teme l’effetto negativo della seconda ondata del contagio”, afferma la ricercatrice. Quanto a un potenziale rilancio stimolato dal ritorno in casa della popolazione europea, aspetto che aveva dato il via a una rinvigorita domanda di mobili e complementi d’arredo dopo il primo lockdown, Colautti avverte: “Ci sono diverse variabili da considerare, prima tra tutte quella del reddito disponibile per le famiglie. Un nuovo ricorso agli ammortizzatori sociali, con la possibilità di un ritardo nei versamenti degli stessi, potrebbe incidere in negativo sulla propensione ai consumi. In questo momento è più probabile lo scenario contrario, perché finora i tempi degli acquisti non si sono dilazionati e lo scontrino medio continua a essere superiore alla media, ma il futuro è denso di incognite”.
Oltre alla gdo del mobile, Colautti evidenzia l’apporto offerto al settore da “un gruppo di distributori indipendenti che ha saputo reagire e adattarsi alla nuova situazione, investendo sui servizi alla clientela e realizzando ricavi superiori alla media del comparto. E lo ha fatto non solo intercettando la domanda delle famiglie, ma anche quella proveniente dal contract, organizzandosi per fornire tutta una serie di servizi nell’ambito delle ristrutturazioni. Quest’ultimo è un ambito che continua a mostrare una certa vivacità, al pari della compravendita di immobili destinati a una conseguente riqualificazione”. E questo lascia ben sperare in prospettiva del 2021, anno per il quale non esistono, attualmente, elementi tali da consentire previsioni certe. “Il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente rivisto le previsioni di crescita mondiale, con un ulteriore taglio dello 0,2%, che però nel caso delle economie avanzate arriva a un -1% rispetto alle stime iniziali. E i mercati a cui si rivolge il mobile italiano, se escludiamo la Cina, sono proprio quelli tradizionali”. Il percorso verso la ripresa è ancora lungo, ma la ricercatrice ritiene che: “In ogni caso, è ipotizzabile un primo rimbalzo a partire dalla primavera del prossimo anno, riportando molti mercati in territorio positivo entro la fine del 2021”.
LA CONCENTRAZIONE AIUTA
Quali saranno dunque i mercati-chiave per agganciare la possibile ripresa? In attesa che l’Europa riprenda quota e che l’Africa possa davvero esprimere il suo potenziale, i più promettenti restano gli Stati Uniti, la Cina e altri Paesi dell’area asiatica dove però, avverte Colautti: “Per imporsi sulla scena bisogna essere organizzati e disporre di strutture in loco, ad esempio le filiali commerciali. Fa ben sperare, in vista di un potenziamento del business, il fatto che le aziende italiane oggi siano finanziariamente più solide rispetto alla crisi del 2009 e quindi avranno più risorse a disposizione per effettuare tutte le azioni necessarie.
La concentrazione avvenuta negli anni scorsi, con la nascita di gruppi del design, sarà importante per conseguire l’obiettivo”.
E Colautti ritiene che, nel medio/lungo termine, il grado di concentrazione sia destinato ad aumentare ulteriormente. “Anche se – conclude – non arriveremo ad avere imprese del mobile con dimensioni medie di tipo tedesco e forse non è nemmeno auspicabile, perché da sempre gli italiani si impongono grazie anche alla flessibilità tipica delle realtà di dimensioni più contenute. Ma occorre investire sempre più in internazionalizzazione, per coprire più mercati e farlo in maniera non sporadica, senza dimenticare il tema della sostenibilità che oggi rappresenta un fattore di competitività globale”.