Eclettico, con una grande passione per il design, dal 2016 Cristiano De Lorenzo è direttore generale di Christie’s Italia. Nel 2020 nei raffinati spazi di Palazzo Clerici, splendido esempio di una delle più lussuose dimore milanesi del Settecento, è stata venduta Fine Art per oltre 7 milioni di euro. Prima di approdare a Milano, De Lorenzo è stato, sempre per la casa d’aste di François Pinault, cinque anni a Londra e tre a Hong Kong. L’arte fa parte del suo quotidiano. Ne apprezza tutti i periodi, greca, romana, storica fino al contemporaneo. Una passione onnivora, per niente rigorosa, come sottolinea lui stesso, anche se è affascinato da quei collezionisti molto specializzati che nelle loro case hanno solo l’arte barocca genovese o il minimalismo degli anni 80. Se avesse risorse illimitate la sua collezione spazierebbe dalle sculture di Prassitele ai dipinti di Julie Mehretu.
Quante aste a Milano?
Il 2020 è stato l’anno della svolta digitale anche nel mercato dell’arte. Abbiamo lavorato duro per creare la nostra piattaforma digitale e ora, nel 2021, presenteremo più appuntamenti rispetto allo scorso anno. Sebbene il calendario sia ancora in evoluzione, è verosimile aspettarsi da Christie’s Italia quattro o cinque aste tra live e online (NdR: di cui le prime due – di gioielli e orologi e di arte del XX secolo – già avvenute online con successo tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio).
Complice il lockdown?
Sì. In realtà, avrei voluto offrire aste online in Italia già da alcuni anni ma Christie’s – che per prima le lanciò nel 2011 – preferiva organizzarle solo dalle tre sedi principali di Londra, New York e Hong Kong, considerando l’online più adatto alla vendita di lotti di valore medio-basso. Fino al 2020, il fatturato di un’asta online raramente superava il milione di euro. Invece con il primo lockdown le principali case d’asta hanno dovuto convertire alcune delle aste dal vivo in online e quindi numerose opere di elevata qualità e valore sono state aggiudicate online. I fatti hanno dunque dimostrato che è possibile vendere sulla piattaforma digitale anche opere importanti, malgrado il fatto che la maggior parte dei compratori non riesca neppure a ispezionarle fisicamente.
Quale sarà la modalità futura?
Difficile dirlo ma certamente le aste online sono state accolte positivamente e diventeranno sempre più frequenti. Ritengo inoltre che il formato dell’asta ONE, che Christie’s ha realizzato lo scorso luglio con il collegamento simultaneo di quattro sale d’asta internazionali (Hong Kong, Parigi, Londra e New York) dalle quali i vari battitori presentavano le offerte dei clienti del loro paese, sia stato vincente e all’avanguardia.
Con la pandemia il mercato dell’arte diventerà più Local e meno Global?
Il modello di Christie’s si basa proprio su questa continuità di scambio tra Local e Global. È molto importante mantenere il polso della situazione locale non solo per la vendita delle opere, ma anche per la loro raccolta. La piattaforma di vendita online garantisce certamente una partecipazione davvero globale.
Chi sono i nuovi collezionisti? Millennial, Generazione X, Baby Boomer?
Sono tutti attivi ma in questo momento chi sta avendo un impatto numericamente rilevante sono i Millennial. Si pensi che nel 2020 il 32% dei nuovi clienti apparteneva proprio a una fascia d’età compresa tra i 23 e i 38 anni. Infatti, le generazioni più giovani sono perfettamente a loro agio con le aste online, trovando non solo lotti di loro gusto, ma anche a livelli di prezzo abbordabili.
L’arte italiana è sempre apprezzata all’estero?
L’interesse è sempre molto forte. Lo scorso novembre, quando abbiamo offerto il meglio dell’arte italiana del XX secolo nell’asta Thinking Italian Milan, più del 34% degli acquirenti erano stranieri ed è stata una delle percentuali storicamente più basse, forse anche a causa della partecipazione ridotta degli americani concentrati sulle elezioni presidenziali. Nel complesso, nel 2020, l’arte italiana venduta all’estero ha realizzato circa 30 milioni di dollari, una bella cifra considerando che ci sono state meno aste.
Chi segna i prezzi più elevati?
Sempre i grandi maestri del XX secolo: Fontana, Burri, Manzoni, Morandi. Della generazione immediatamente successiva chi sta avendo il massimo successo di mercato è Alighiero Boetti. Lo stesso vale per Mario Schifano, il cui lavoro vede una crescita graduale, ma veramente solida, così come Dorazio – soprattutto per i lavori degli anni 60 – che, asta dopo asta continua a conquistare nuovi collezionisti.
Considera l’arte un asset class o solo una passione?
Il vero collezionista è sempre animato da una passione molto forte e dedica parecchio tempo allo studio e all’accrescimento della conoscenza delle categorie di suo interesse – che si tratti di arte, vini, gioielli o orologi. Chi non riesce a farlo, onde evitare errori o imbrogli, deve affidarsi a un valido art advisor. È evidente che quando si spendono cifre considerevoli per l’acquisto di opere d’arte si sta facendo un investimento e quindi è logico che il collezionista serio, sistematico, faccia le sue considerazioni anche a livello economico. Di norma si considera che una collezione ‘sana’ dal punto di vista dell’investimento sia composta per l’80-90% da artisti storicizzati, ovvero con una storia di mercato, espositiva e una bibliografia solida. Se invece si collezionano soltanto giovani artisti si fanno delle scommesse che in certi casi possono essere molto premianti.
di Maria Adelaide Marchesoni