Nel settore del design l’Italia gode ancora di un forte vantaggio competitivo sul resto del mondo, ma guai ad adagiarsi sugli allori. Il rischio di una ‘Caporetto’ è da scongiurare mettendo in campo tutti i mezzi possibili e soprattutto cercando di dare forma a un modello di business che ancora non è stato ben delineato. Andrea Bonomi, fondatore e presidente di Investindustrial, uno dei principali player di private equity con un programma di investimenti attuale di 4 miliardi di euro e 11 miliardi in totale gestiti tra Italia e Spagna in operazioni di carattere industriale, ha un rapporto di lungo corso con il design. Investindustrial, insieme a Carlyle, ha dato vita a Design Holding, gruppo industriale che aggrega brand iconici come Flos, B&B Italia e Louis Poulsen. Ma Investindustrial annovera anche tra i suoi investimenti Jacuzzi, Neolith e recentemente ha fatto ingresso nel capitale dell’americana Knoll con una operazione di carattere puramente finanziario, ma evidenziando ancora una volta l’interesse per il comparto.
“Il design è uno dei pochi settori in cui l’Italia riveste ancora un ruolo centrale” spiega Bonomi in occasione del VI Design Summit organizzato da Pambianco-Interni. Un settore, sottolinea, complicato per una serie di motivazioni che hanno a che fare innanzitutto con la necessità per le aziende di globalizzarsi e di trovare per questo il giusto partner. Il quale, a sua volta, deve anche “sapere stare al tavolo, avere la vocazione” di accompagnare realtà che nella maggior parte dei casi sono ancora familiari. Non tanto per la dimensione, quanto perché “la parte umana è molto importante”.
Ma prima di tutto, e per evitare una consistente perdita di peso e di ruolo dell’Italia, come è accaduto nella moda, va ricercato uno specifico ‘modello di crescita’, che ancora non è stato messo a fuoco. “Come Investindustrial cerchiamo di dare una mano tranquillizzando, portando capitali e una visione di lungo termine. Ma nel mondo del design non è chiaro chi si vuole avere come partner, se un azionista di maggioranza, di minoranza, se optare per la Borsa, che ha suoi pregi e difetti, vantaggi e svantaggi o per un private equity, o anche un gruppo industriale. Sono in corso esperimenti interessanti per creare strutture evergreen” rileva Bonomi, auspicando che proprio dall’Italia possa emergere “un modello”. L’importante, precisa, è “stare attenti, perché Italia è centrale per il design per ragioni storiche e per dna, ma il mondo sta cambiando molto velocemente”. Quel che è certo è che il settore va protetto “con forza finanziaria, manageriale e visione”. E se il private equity in questo campo “ha portato liquidità” ma anche “disciplina verso i risultati” deve essere chiaro che si tratta di un “investitore finanziario” che non deve sostituirsi all’imprenditore”. Sta a quest’ultimo individuare tra le innumerevoli opportunità che prima non esistevano quale alleanza stringere e percorso intraprendere.