È ispirato a una delle città invisibili di Italo Calvino e vuole coniugare la tecnologia con la cultura vernacolare. Tecla – Technology and Clay è il prototipo di abitazione stampato in 3D interamente in terra cruda locale, un progetto architettonico dello studio MC A – Mario Cucinella Architects. Un’idea a km 0 ed ecosostenibile diventata realtà a Massa Lombarda (Ravenna) con la collaborazione di Wasp – World’s Advanced Saving Project, azienda italiana della stampa 3D. “La nostra è una proposta di rivoluzione per rispondere alle sfide globali più impellenti: emergenza abitativa e cambiamento climatico”, spiega l’architetto Irene Giglio, project manager di Tecla.
Architetto Giglio, come nasce Tecla?
Volevamo cogliere i benefici della tecnologia, riconnettendola a un sapere antico come il mondo che è quello degli edifici in terra cruda. Come dimostrano gli esempi di architettura vernacolare, si tratta di un materiale locale che una volta plasmato può essere abitato e poi riassorbito dall’ambiente in un loop potenzialmente infinito. Abbiamo ripreso questa idea per rispondere alle due sfide globali che ci attendono: l’emergenza abitativa, che richiede un tetto per 2 miliardi di persone in più nei prossimi 30 anni, e il dover sottostare agli accordi di Parigi sul riscaldamento globale, con le costruzioni che devono tagliare i consumi. Sfide globali per le quali serve una rivoluzione, con i piccoli cambiamenti non si riuscirà a risolvere nessuno dei problemi.
La sostenibilità è la chiave di tutto il progetto…
Vivere in una casa di terra non è scontato. Nel disegnare il villaggio ci siamo sempre immaginati una comunità attenta a tutti gli aspetti della sostenibilità e che avesse la volontà di essere sempre a contatto con la natura. Anche a livello di masterplan abbiamo lavorato su aspetti circolari: l’acqua viene recuperata, così come tutte le risorse dall’energia ai rifiuti.
La stampa 3D permette di gestire meglio le risorse e in definitiva di sprecare meno?
Sicuramente la stampa 3D ha dimostrato delle potenzialità: si sa dall’inizio l’esatta quantità di materiale che verrà utilizzata in cantiere, non ci sono sprechi e i lavori durano meno. I tempi ridotti generano costi inferiori e minori emissioni collegate alla durata del cantiere che in futuro, quando non ci sarà sempre bisogno di tecnici specializzati, potrà lavorare 24 ore al giorno. Ma anche gli edifici stampati in 3D risultano più performanti: sono adattati ad un clima preciso e consumano sempre meno nel loro ciclo di vita.
Come cambia il lavoro di un architetto che progetta un’abitazione da stampare?
Dal punto di vista della costruzione cambia tutto. La progettazione avviene su base parametrica, ci sono una serie di parametri che variano per condizioni climatiche, suolo e materiali che si scelgono di utilizzare. L’idea è trasmettere alla macchina una conoscenza, per rendere il progetto semplice in grado di essere codificato, stampato ed eventualmente modificato per nuovi cantieri. Grazie alla stampa 3D con poche mosse, semplifico un po’, la casa può essere anche customizzata in base al numero di familiari che la abiteranno, sulle loro esigenze e aspirazioni.
Quali sviluppi immagina per la stampa 3D in architettura?
Finché si parla di strutture da uno-due piani faccio fatica a immaginare di poter utilizzare la stampa 3D per realizzare edifici in contesti di alta densità abitativa come possono essere le città. Ci sono però territori, aree rurali, parchi e zone protette in cui l’ambiente ha bisogno di essere tutelato e se c’è la volontà di costruire qualcosa a impatto zero si può pensare alla stampa 3D con materiali ecosostenibili. Le possibili applicazioni sono tantissime e pensando al futuro bisogna anche un po’ distinguere da una casa 3D stampata in blocco sul posto da quelle solo assemblate in loco. In ogni caso, la stampa 3D è entrata nel mondo delle costruzioni e sarà sempre più una protagonista dell’industria.
E per il vostro villaggio Tecla?
Fino a quando non vogliamo mixare tecniche costruttive si parla di edifici a un piano. Stiamo sperimentando edifici a due piani, ma aggiungendo un solaio in legno e una struttura integrata nella muratura con materiale eterogeneo. Uno dei messaggi forti del nostro villaggio prototipo è coniugare la tecnologia con un materiale storico: voler stampare tutto l’edificio è stato un obiettivo ambizioso che va oltre quello che sarà il futuro dell’architettura ma permette a chi entra nelle abitazioni di vivere una casa tecnologica che è allo stesso tempo famigliare e molto calda.
Le abitazioni del villaggio sono stampate con una miscela di terra cruda e paglia, con la lolla di riso a compattare gli strati. Come mai avete scelto di utilizzare questo materiale?
Se la sfida è dare un tetto a tutti, utilizzare la stampante 3D con materiali tradizionali significherebbe sigillare il suolo e cementificare solo molto più velocemente. Certo, ci sarebbero comunque meno sprechi però per il pianeta non so se sarebbe un passo avanti significativo. Con Tecla volevamo portare la tecnologia a un livello diverso ed è stato sicuramente più complesso progettare e realizzare il villaggio interamente in terra cruda. Ci siamo mossi in questa direzione estrema anche per risolvere il problema del trasporto dei materiali: abbiamo utilizzato la terra del posto e abbiamo portato in cantiere solo una piccola quantità di materiale non reperibile localmente da aggiungere all’impasto.
In quale scenario normativo vi siete mossi?
Lo stiamo esplorando adesso: per ora non c’è uno scenario normativo che includa l’uso della terra cruda per la realizzazione degli edifici in Italia, soprattutto se utilizzata per scopi strutturali. Siamo di fatto nella fantascienza per il legislatore. Dopo aver messo a punto il prototipo stiamo cercando di capire: al momento in Italia non è possibile costruire con questi materiali, ma solo con cemento armato e legno.
Una spinta per il successo della stampa 3D nel mondo dell’architettura può arrivare dai costi. È davvero conveniente?
Il materiale e l’ammortamento delle macchine costano poco. Il costo principale, ora, è avere dei tecnici molto specializzati che sono in grado di gestire il cantiere. Ce ne sono pochi e vanno pagati ciò che sanno fare. Quando questa tecnica sarà rodata queste case costeranno pochissimo.
di Michele Chicco