“Dopo un 2021 al top e un 2022 molto buono, il 2023 si è avviato con qualche incertezza e sul 2024 non è possibile fare previsioni. Nonostante tutto, siamo ottimisti: ci sono interessanti margini di operatività negli Stati Uniti e in Asia, forse un po’ meno in Europa. L’obiettivo per l’anno in corso resta la crescita a doppia cifra: bisogna raggiungerla. Nel frattempo, cercheremo di sviluppare ancora di più il retail, di capire bene quali sono le potenzialità dell’e-commerce e di continuare a formare e a valorizzare il capitale umano, che rimane la chiave di volta del nostro lavoro”. Lo ha detto Roberto Gavazzi, CEO di Boffi-De Padova, nel corso del 9° Design Summit promosso da Pambianco e Interni, che si è svolto il 28 giugno al Palazzo della Borsa di Milano. Il tema del convegno – ‘Il new normal dell’arredo italiano. Opportunità e opzioni strategiche per proseguire il percorso di sviluppo’ – invitava a una riflessione a tuttotondo sui modelli di business per il post pandemia. “Occorre comunque concentrarsi sullo sviluppo internazionale, esplorando i mercati più lontani e costruendo una struttura ancora più forte a livello manageriale per affrontare le sfide future, dove le nuove tecnologie avranno un ruolo di primo piano. Stiamo studiando da vicino le potenzialità della realtà aumentata e dell’intelligenza artificiale perché saranno strumenti fondamentali per fornire al cliente un tocco in più di tecnologia, ma vanno affiancate da un lavoro continuo sulle persone e sulle dinamiche della rete di vendita, che può diventare ancora più efficiente e organizzata”.
PAMBIANCO: relativamente al retail, il vostro gruppo presenta delle peculiarità.
GAVAZZI: “Quando ho cominciato, mi sono subito chiesto se mantenere un’ottica più di prodotto o di progetto. L’idea di puntare di più sulla seconda mi è piaciuta molto e così, dalla cucina, abbiamo allargato il catalogo con gli armadi e il bagno. Non siamo andati oltre, perché non riuscivamo a immaginare Boffi come produttore di divani. È a quel punto che è iniziata la ricerca di partner, per creare una collaborazione con un’azienda che avesse una forza simile alla nostra, un brand eccellente nella propria area di riferimento. L’operazione con De Padova ha avuto una lunga gestazione perché Maddalena De Padova non non si lasciava convincere. Nel 2015, poi, siamo riusciti a mettere insieme due realtà che portavano con sé una lunga storia e una visione simile di prodotto e di mercato. Nel 2019, infine, c’è stato l’inserimento di Adl, un’azienda di pareti divisorie e porte – che mi piace chiamare ‘sistemi di connessione’ – che possono essere utilizzate come strutture di architettura per creare spazi versatili e diversificati. In questo modo ci siamo spostati da una visione di prodotto ‘puro’ al progetto di interiore living”.
PAMBIANCO: quanto pesa per voi il retail?
GAVAZZI: “Ho sempre avuto un forte orientamento al retail, ma la situazione deve essere sempre bilanciata: noi abbiamo una produzione molto forte con Boffi da un lato, mentre De Padova è un editore, non produce nulla. Abbiamo iniziato a inaugurare negozi in distribuzione diretta negli anni Novanta, e dal 2000 al 2012 abbiamo aperto quasi tutti i punti vendita che abbiamo ancora oggi, in totale 25: su circa 150 milioni di fatturato aggregato, la metà arriva dal retail. In una formula distributiva del genere, la presenza di persone competenti, aggiornate e motivate rappresenta un imprescindibile valore aggiunto, e la creazione di una rete internazionale di qualità è un vantaggio che può garantire solo il punto vendita diretto. Io mi dedico tantissimo a seguirli. È un modello in cui credo molto”.
PAMBIANCO: quali sono gli aspetti più critici e quali i benefici che derivano dall’avere un approccio retail rispetto a uno al 100% wholesale?
GAVAZZI: “Il problema principale dell’attività retail è rappresentato dal capitale umano, perché credo il nostro sia il retail più difficile del mondo. Operiamo attraverso spazi di dimensioni e in posizioni importanti che hanno al loro interno oggetti costosi, difficili da rivendere. In uno scenario di questo tipo, le persone – non sempre facili da trovare – sono determinanti, i costi fissi sono molti e, nel complesso, il nostro è un mestiere che richiede grande attenzione ai conti economici. A oggi abbiamo un Ebitda che è abbastanza piccolo e deve poter diventare molto più alto. La cucina, che rappresenta un segmento estremamente difficile, pesa ancora due terzi della nostra attività, mentre vorremmo potenziare l’imbottito, che offre molta flessibilità e margini di crescita”.
PAMBIANCO: i negozi avranno sempre insegna Boffi-De Padova oppure immaginate che un giorno possa esserci un marchio principale?
GAVAZZI: “Di fatto, all’interno del nostro network non c’è un brand che prevale sull’altro, anzi: esiste un bilanciamento tra un’azienda di sistemi e un’altra di pezzi incredibili. La diversità è un vantaggio, i Dna originari vanno conservati e mantenuti ben distinti nelle loro identità. Ecco perché, più che di acquisizioni, preferisco parlare di partnership in cui si valorizzano gli imprenditori, le competenze di mestiere e la storia che stanno dietro a ogni singola azienda, sempre nel perimetro di una visione coerente e condivisa. Nell’operazione con de Padova, per esempio, Luca De Padova non ha venduto le sue azioni ma le ha scambiate con quelle di Boffi ed è ancora con noi. Ma anche Paolo Boffi è stato con me da sempre, cedendo nel tempo le sue quote… De Padova ha una storia fantastica che non vogliamo assolutamente cancellare. Anzi, quando ragiono su cosa devo fare, penso sempre a Maddalena e mi domando se avrebbe approvato o meno”.
PAMBIANCO: qual è, per voi, il peso del contract e come si inserisce nel sistema Boffi-De Padova?
GAVAZZI: “Il contract è importante, ma per noi pesa meno del 10%. Ha andamenti erratici, a volte può arrivare al 15%, ma lo vogliamo tenere ‘basso’ per non creare troppa sovrapposizione con il retail, che resta determinante. L’attività retail non deve mai lasciarsi condizionare dal contract, per il quale abbiamo bisogno di un interlocutore che si muova in un’ottica premium brand: vendiamo oggetti complessi a clienti sofisticati, i nostri costi sono alti e non ci possiamo permettere di correre rischi. Per il tipo di progetto che abbiamo noi, che ci porta a competere con falegnami, operatori e architetti locali che lavorano ormai benissimo, bisogna poter garantire una qualità e un servizio di altissima qualità in ogni luogo in cui ci si trova a operare e, per farlo, ci vogliono le persone giuste. In città come Londra, Parigi e New York siamo presenti da più di 20 anni, il carico di lavoro anche a livello di manutenzione è importante e il post sale service conta quasi di più che non la campagna pubblicitaria. Perché è anche e soprattutto sulla vicinanza al cliente e sulla garanzia di uno storico di servizio che si giocano la fidelizzazione e la crescita. Se hai trattato bene la tua rete nel passato per piccoli problemi che ha avuto, questo vale enormemente, molto più che un dealer che non è attentissimo: magari vende, ma se non riesce a mantenere la sua customer base rovina il mercato”.
PAMBIANCO: quindi avete clienti molto fedeli perché vedono nel vostro punto vendita un riferimento per tutte le problematiche?
GAVAZZI: “È fondamentale garantire una continuità, soprattutto nella cucina, negli armadi e nei sistemi complessi, contesti in cui è necessario essere impeccabili sempre, sia quando si progetta, sia quando si vende e si fa montaggio e manutenzione. Spesso ci capita di dover coordinare installazioni sfidanti, come quando ci è capitato di dover trasportare in un attico una vasca in pietra da 800 chili di peso calandola con l’elicottero dopo aver scoperchiato una porzione di tetto e senza rovinare il pavimento. Con alcuni clienti impieghiamo anche 3 o 4 anni per concludere una vendita, perché il processo inizia ancor prima che costruiscano la casa. E sono persone che, in un arco temporale così lungo, puoi perdere in qualsiasi momento”.
PAMBIANCO: lo storico che avete sulle città vi favorisce anche nel riacquisto?
GAVAZZI: “Il servizio è determinante. Il nostro lavoro ha a che fare molto con una produzione di qualità, ma tutti nel nostro settore facciamo prodotti bellissimi. Farei più fatica a indicare quante aziende sono capaci di consegnare a Sidney, Vancouver o Cape Town e avere una rete internazionale che assicuri una qualità costante su prodotto e servizio”.
PAMBIANCO: come immagina l’azienda di qui a tre anni?
GAVAZZI: “Anche se la doppia cifra di crescita è difficile, è l’obiettivo da raggiungere. Non c’è altra strada. E c’è anche l’idea di aprire a breve dei nuovi monomarca”.