Per un Paese con un deficit pubblico di 2.700 miliardi di euro, la dismissione e valorizzazione degli immobili non è soltanto un’opzione, ma una necessità. Perché non si tratta di vendere, ma di gestire, immaginando scenari mai affrontati. Gestire e valorizzare il patrimonio residenziale pubblico, un asset strategico di cui molto si parla e del quale poco si sa. O meglio, si sapeva. La nascita di Invimit, Investimenti Immobiliari Italiani, società di gestione del risparmio del ministero dell’Economia e delle Finanze, ha cambiato le carte in tavola. Come? Rendendo accessibili e trasparenti le informazioni, dando vita a relazioni tra enti pubblici e investitori, gestendo gli immobili attraverso promuovendo economie di scala, ma anche una osmosi di competenze che hanno consentito un vero e proprio salto quantico nel settore. Artefice di tutto questo Giovanna Della Posta, amministratore delegato, che assicura: “Su Linkedin rispondo a tutti”. E con questo mettendo a tacere ogni dubbio.
Qual è il valore ad oggi del patrimonio residenziale pubblico?
Oggi ha raggiunto circa 300 miliardi di euro, stando almeno a quelli censiti. Le municipalizzate non sono incluse. Fs, di proprietà del Mef al 100%, ad esempio, non è inclusa, la Rai non è inclusa. Ovviamente, se parliamo degli immobili, in realtà stiamo considerando soltanto una fetta del patrimonio. Il valore è immensamente superiore, se consideriamo anche i greenfield: quelli censiti, di cui non conosciamo il valore, sono circa 28 miliardi di metri quadrati. La Lombardia, per fare un paragone, è 24 miliardi di metri quadrati. Numeri monstre, che richiedono un’attenzione molto più importante di quanto non sia oggi.
Perché alcuni valori non rientrano nel censimento?
Per una ragione metodologica. Ma noi sappiamo che il numero è appunto più alto di 300 miliardi. Noi, come sgr, gestiamo 1,7 miliardi, quasi 2. Chiaramente di fronte a una montagna di centinaia di miliardi, trattiamo un valore esiguo. Ma con molte potenzialità.
Perché siamo così restii a dismettere o valorizzare?
Noi gestiamo circa due miliardi di euro. E sapendo il mercato cosa vuole, diamo la risposta più adeguata. In tre anni abbiamo dismesso 370 milioni di euro. Nel triennio precedente erano stati dismessi 30 milioni di euro. La nostra attività ha reso il patrimonio pubblico accessibile a tutti. Solo per fare un esempio, qualche tempo fa mi ha scritto una ragazza su Linkedin, spiegandomi che da tempo cercava di acquistare un appartamento nel medesimo immobile della madre, e mai era riuscita non solo a portare a termine la trattativa, ma nemmeno ad avere un contatto con l’intermediario. L’ho invitata in ufficio. Ho fatto decadere tutti i contratti con gli intermediari. Abbiamo promosso nuove aste, con tutorial di tre minuti. Risultato? Lo scorso anno abbiamo avuto 100mila accessi al sito. Questa ragazza è stata la prima a rogitare nel 2009. Lo dico solo per fare capire che la nostra procedura è accessibile, ad ampio raggio.
Prima un sistema da Azzeccagarbugli che o privilegiava rendite di posizione o non consentiva di raggiungere quante più persone possibili.
I comuni anche in buona fede pubblicano sui giornali, ma nessuno li legge. C’è un tema di incompetenza, di quante persone riesci a raggiungere. Le dismissioni non funzionano anche perché le persone non conoscono il mercato, gli strumenti, l’approccio. Sono fallite in precedenza anche per questi motivi. oggi noi in massima trasparenza vediamo arrivare moltissime persone.
Quando dico dismissioni e 370 milioni di euro, mi viene risposto che abbiamo 2700 miliardi di debito. E’ vero, il debito pubblico viene solo scalfito ed è vero che ogni bambino che nasce ha questi 45mila euro di debito, io ho cancellato il debito a 8.100 bambini. Noi misuriamo in bambini le nostre dismissioni. Abbiamo ora il target di arrivare a 10mila bambini senza debito entro il prossimo anno con un target di 450 milioni”.
Qual è la destinazione degli immobili dismessi? Dove sono le richieste maggiori del mercato?
I nostri immobili coprono tutto il mercato, dall’albergo in centro alle destinazioni più piccole. Il fondo Silver che avevamo lanciato con sei immobili per il senior living è stato completamente trasformato. Abbiamo pensato a un modello nuovo che non fosse Rsa, ma ‘abitazioni residenziali per over 65 in città secondarie’. Abbiamo coinvolto le compagnie assicurative che, attraverso una polizza assistenza, possono erogare alle abitazioni assistenza, telemedicina, telerefertazione e telemonitoraggio. Il proprietario accende la polizza gratuitamente, inserita all’interno del contratto di locazione. Ho lanciato una manifestazione di interesse al mercato assicurativo: hanno risposto tutte le compagnie e mi hanno aiutata a creare un prodotto che non c’era. Abbiamo promosso anche una survey su 6500 over 65 che, nell’85% dei casi, hanno dichiarato di volere un palazzo con il portinaio e, nella stessa percentuale, un infermiere nel condominio. Abbiamo di conseguenza immaginato che le basi degli immobili potessero ospitare centri di diagnostica o studi di professionisti aperti cioè anche all’esterno. Abbiamo identificato le location: per ora Venezia Lido, Fano, Spoleto, Lerici, Padova e Genova, quest’ultima in fase di studio. La fattibilità è stata assegnata a grossi studi, che hanno utilizzato anche le neuroscienze applicate all’abitativo: se l’auto ha un incidente oggi le black box rilevano tutto. La stessa cosa accade ora nell’appartamento: la casa può rilevare, ad esempio, se la persona è caduta.
Tempistica?
Siamo alla fattibilità su 8 edifici, alcuni più avanzati di altri e ritengo che il prossimo anno saranno pronti. ma va detto che ad essere venduto è il progetto. L’investitore che entrerà potrà rilevare le quote del veicolo dove sono i progetti. Chi arriverà diventerà il quotista di riferimento e noi terremo una quota pubblica. In sostanza, vendo l’idea quando, fino ad oggi, il pubblico ha venduto gli immobili, i prodotti. Noi vendiamo il progetto.
Qual è il profilo degli investitori?
Innanzitutto posso dire che molti sono interessati perché il settore health sta destando l’attenzione di tutti. Ovviamente, la redditività per noi è un po’ limitata, perché partiamo da immobili che hanno 30 anni. La sfida è cercare tutti i contributi a fondo perduto possibili. Ma è chiaro che questo sarà il settore del futuro, perché anche se è vero che l’italiano medio ha una o due case -siamo secondi solo al Giappone come presenza di over 65- il tema dell’assistenza è cruciale. Nel nostro modello l’assistenza è on demand: posso anche evitare la persona a casa fissa.. In Svizzera abbiamo visto modelli molto interessanti che prevedono una assistenza on demand anche oraria. Quando doteremo il condominio di assistenza, l’inquilino pagherà un premio di conseguenza: Ma è chiaro che il rischio viene diviso con altre migliaia di persone, dando luogo a una economia di scala importantissima. In sostanza, il pubblico prima poteva guadagnare il solo affitto. Ora molto di più: è un tema di approccio innovativo. Perché non posso traslare la competenza di un settore in un’altra e in un’altra ancora?.