Era in agenda, ma c’era troppo da fare per poter spingere l’acceleratore sulla svolta della tecnologia, che impone un cambiamento anche culturale. Ora il design utilizza Alkemy o Hyphen per far partire i progetti in cantiere. L’online non può sostituire l’offline, il futuro è phygital.
Il coronavirus ha agito come la ‘pillola blu’ di Matrix. Tutti eravamo a conoscenza della rivoluzione che il digitale stava portando, tutti sapevamo dove andare a cercare le informazioni per apprendere, ma in molti rimandavamo il tema a un momento successivo. Ci ha pensato la pandemia che, pur con le tragiche conseguenze che ha portato, sul fronte della trasformazione digitale ha obbligato a spingere sull’acceleratore e a una conversione. La pillola della consapevolezza, appunto. Vuoi perché da casa si doveva lavorare, vuoi perché i rapporti con i clienti si dovevano mantenere e soprattutto bisognava continuare a presentare i prodotti e a vendere. Tant’è. In poco più di un attimo, le lezioni scolastiche si sono tenute a distanza, gli incontri realizzati in videoconferenza, le nuove collezioni presentate in virtual showroom o room create ad hoc, dove l’imprenditore ha potuto incontrare i propri interlocutori in maniera non fisica ma sicuramente diretta e personale, senza brusio di fondo.
MIX DI ESPERIENZE
Mirco Cervi, chief digital officer & digital transformation, evidenzia come moda, design e food, i tre grandi pilastri del made in Italy, richiederanno sempre una “esperienza mista, legata ai cinque sensi. Due soli possono essere gestiti online. Gli altri devono essere necessariamente soddisfatti offline, soprattutto se parliamo di esperienza nel lusso”. Rispetto a questo assunto, insistono alcune novità che il coronavirus ha fatto esplodere. Innanzitutto il fatto che il consumatore non si accontenti più di una esperienza fisica mediocre: “L’asticella delle pretese si è alzata di molto” fa notare Cervi. Sono diminuiti poi i viaggi e le capacità di trasferimento: “Le persone hanno compreso che molte trasferte, molti spostamenti erano evitabili; è possibile fare molte cose senza necessariamente muoversi fisicamente. Il tutto a beneficio ovviamente anche dei costi da sostenere da una parte, e di contro dell’indotto dall’altra che evidentemente diminuisce”. Scenari questi non da Covid ma, precisa Cervi, da ‘post Covid’. Altro aspetto “è l’avere compreso che cosa significhi non tanto smart working, remote working, home working” definizioni che non descrivono correttamente il fenomeno che piuttosto andrebbe definito ‘covid working’, ovvero ‘lavoro in cattività’: i datori di lavoro hanno compreso che molti collaboratori riescono a portare avanti i loro compiti con successo, facendoli collimare con la loro vita privata”. Un altro aspetto riguarda il fatto che i tempi del lavoro cambieranno: “Lo vedremo in agosto, quando probabilmente tutte le aziende resteranno aperte per evadere gli ordini”. La conseguenza? Non ci sarà più un’Italia chiusa per ferie. Infine, l’impossibilità di incontrarsi e tutte le condizioni di cui sopra hanno reso lapalissiano il fatto che “le presentazioni dei prodotti nuovi possono essere digitali e diluite nel tempo”, afferma Cervi. “Noi stiamo presentando i nostri prodotti e le nostre novità online attraverso live streaming miste tra video preregistrati e momenti live”. L’imprenditore e il designer di turno “raccontano a una ristretta cerchia di architetti e clienti il prodotto nuovo. Non si tratta di uno streaming su Instagram, ma di un incontro opportunamente organizzato verso una ristretta cerchia di persone” in cui protagonista è quel singolo prodotto, spiegato come meglio non si potrebbe, con tutti i tempi necessari, senza rumori di sottofondo, e dove ciascun interlocutore si sente considerato. La conseguenza diretta? “Più concentrazione, meno distrazioni e più trasferimento di valore da parte del brand”. In sostanza, un’agenda di appuntamenti prestabiliti, architetti e retailer collegati, incontro con gli imprenditori che dedicano tempo che in una situazione offline probabilmente non avrebbero avuto. “E’ quasi incredibile – confessa Cervi – vedere quanto grande è stato l’interesse post seminario. Era inimmaginabile fino a poco tempo fa”. La digitalizzazione non più come opzione, ma come necessità in tempo di covid e come opportunità in un futuro di post covid, che cambierà tempi e luoghi delle presentazioni. “Si potranno diluire le novità, non connetterle tutte in un unico evento, rilasciarle con gradualità al mercato, che ha il tempo di comprenderle e memorizzarle. Tutto a vantaggio della qualità”.
CUSTOMER JOURNEY
Quella in atto appare perciò come una conversione sul digitale, un’accelerazione di qualcosa che era già nei piani, ma che a un certo punto è diventata indispensabile. Altre aziende del design e della moda si sono rivolte a realtà come Alkemy o Hyphen per far partire progetti in cantiere. Con le sfilate saltate nella moda e con il Salone del Mobile rimandato e poi cancellato, le aziende hanno avuto necessità di mettere a punto un nuovo canale e una nuova modalità di presentare le collezioni. È chiaro che la digital transformation ha solo in parte a che fare con l’e-commerce, piuttosto con tutto ciò che riguarda la digitalizzazione del prodotto e dei processi interni ed esterni all’azienda, allargati a tutta la filiera. Se Salvatore Ferragamo è stato tra i primi ad allestire con Hyphen un virtual showroom a beneficio dei clienti asiatici che in pieno scoppio di Covid in Cina erano rimasti bloccati, anche le società del design si sono organizzate per presentare le novità, incontrare clienti lontani e portare avanti attività su un piano che è solo parallelo al fisico, non sostituibile, ma ormai necessariamente presente a tutti i livelli. Basti pensare a quello che è accaduto nel food, che in tempo di lockdown non ha mai chiuso i battenti. “Con l’emergenza Covid-19, il settore della gdo (la grande distribuzione organizzata, ndr) si è trovato di fronte a numerose sfide che, affrontate con una visione evolutiva, si stanno dimostrando degli acceleratori di cambiamento verso il futuro. La chiave di volta è il ridisegno della customer journey dell’utente che evolve in logica phygital: il consumatore da un lato utilizza il digitale per fruire di servizi di acquisto più sicuri, ad esempio consegna a casa e pick&drive, e dall’altro pianifica l’esperienza nel punto vendita come un vero e proprio evento per il quale è necessario arrivare “preparati”, informandosi online, sfogliando il volantino digitale, facendo la lista della spesa” ha dichiarato Enrico Meacci, managing director di Alkemy.
di Maria Elena Molteni