Le aziende, ma anche i rivenditori, puntano sugli spazi espositivi. L’obiettivo è ricreare ambienti quasi casalinghi dove mostrare l’intera gamma dei prodotti. E renderli ‘su misura’
Meglio ritrovarsi in showroom. Quando si parla di arredamento di design, nella maggior parte dei casi si deve fare i conti con un certo tipo di clientela, di alta fascia, esigente, e abituato ad affidarsi spesso alla consulenza di un architetto. Tracciare l’identikit dell’acquirente tipo di questo settore aiuta a capire perché si inizia a registrare la tendenza, da parte di alcune aziende, a puntare sugli showroom, spazi più ampi e accoglienti che propongono l’intero assortimento delle collezioni, in un’atmosfera più raccolta, nella quale si riserva agli ospiti un trattamento speciale. Non solo. Gli operatori del comparto stanno riscontrando, in alcuni casi, che sono gli stessi rivenditori multimarca, presso i quali le aziende sono presenti come brand, a portare i potenziali compratori nello spazio espositivo, per permettere loro di visionare l’intera gamma di prodotti offerti. L’obiettivo è, prima di tutto, ampliare le vendite, con un vantaggio sia per le ditte produttrici sia per i negozianti concessionari e, in seconda battuta, fare ordini più mirati, come i pezzi personalizzati. Alcune imprese, infatti, propongono per ogni componente di arredo forme, materiali e colori diversi, che di fatto danno vita a prodotti customizzati. Per alcune società, quella di mostrare i prodotti in showroom è diventata una vera e propria consuetudine negli ultimi due tre anni.
UNA SEMINA PER IL FUTURO
È il caso di Meridiani, che da due anni anni ha potenziato la presenza dei propri showroom nel mondo, sia con vetrine su strada (aperti anche al pubblico), a Parigi, Singapore, Anversa e Roma, sia con spazi visitabili solo su appuntamento, a Miami e a Milano, in corso Venezia. “I nostri clienti – spiega il titolare e fondatore di Meridiani, Renato Crosti – arrivano qui da tutta Europa. Si tratta sia di rivenditori, che veicolano i nostri prodotti e che portano i potenziali compratori, sia di architetti che accompagnano i propri clienti”. Secondo Crosti, questo spostamento si sta verificando con più evidenza da un paio di anni a questa parte perché “ultimamente, la forbice tra i consumatori più abbienti e quelli più in difficoltà si è allargata, per cui – spiega l’imprenditore – il target che era già alto è diventato sempre più esigente e preferisce scegliere in tutta tranquillità i mobili che acquisterà”. Nello spazio milanese di Meridiani la media si attesta sui due clienti alla settimana, ma si prevede che in futuro questa formula prenderà piede, fino a che non scoppierà una vera a propria “caccia allo showroom”, come la chiama Crosti. Tuttavia, stabilire quante vendite passino dallo showroom e quante dai negozi è difficile, perché la prima formula “è come una semina – svela il titolare – un po’ come il Salone del Mobile, durante il quale sai quanti contatti hai creato, ma non puoi prevedere quanto venderai effettivamente. Nel nostro caso, le vendite sono aumentate perché è cresciuta l’azienda, ma, in parte, anche grazie alla apertura dello showroom di Milano”. Di fatto, si tratta anche di un investimento di immagine, ed è per questo che molte aziende stanno aprendo nuovi spazi (la stessa impresa brianzola prevede di sbarcare a New York entro la fine dell’anno). Non è semplice neanche per Eusebio Gualino, amministratore delegato di Gessi, stabilire quanto è pesato lo spazio espositivo aperto nel 2013 a Milano, in via Manzoni (vedi box) “ma possiamo dire che abbiamo registrato incrementi vertiginosi in tutti quei distributori che hanno usato lo showroom, che rispetto all’anno precedente hanno avuto un notevole incremento, alcuni superando addirittura il +100%”.
UN FUTURO CUSTOMIZZATO
Secondo alcuni, una delle ragioni per le quali si sta verificando questa tendenza andrebbe rintracciata a monte, direttamente all’interno dei punti vendita. Questi ultimi sembrano aver perso qualche colpo nell’adeguarsi alle richieste di maggior servizio da parte dei clienti. A pensarla così è Romeo Sozzi, titolare di Promemoria, l’azienda che oggi conta due showroom a Milano, quello storico di via Bagutta (aperto anche al pubblico) e quello di via Giardini: “Il problema dei negozi è che non c’è più grande professionalità – sostiene Sozzi – e non ci sono più venditori con un certo tipo di gusto e di passione”. D’altra parte, il cliente di fascia alta è molto esigente, così, “invece di andare dal commerciante, del quale non sempre si fida ciecamente, a volte preferisce affidarsi a professionisti dell’arredo, gli architetti”, perché “ha bisogno di un medico che gli dica qual è la medicina giusta”, spiega Sozzi. Così, spesso l’azienda lavora in tandem con gli interior designer, per proporre un progetto al cliente. “Noi, per esempio, abbiamo circa 400 misure per altrettanti modelli – spiega Sozzi – oltre a più di 50 tipi di legno e di pelle. Mettendo insieme tutte queste opzioni, ecco che il mobile diventa su misura”. La chiave per crescere, dunque, è essere sempre più vicini al cliente e ascoltare le sue esigenze, offrendo appunto un servizio di customizzazione.
LO SHOWROOM-CASA
Ebbene, questo tipo di cliente, preferisce fare le proprie scelte in uno spazio intimo, dove non possa irrompere da un momento all’altro un altro compratore. Un ambiente, cioè, più simile a una casa che a un negozio. La forza dello showroom, infatti, sta proprio nel ricreare un’abitazione di lusso arredata di tutto punto, dove poter visualizzare un vero e proprio alloggio, con l’ulteriore vantaggio di ricevere, grazie alla formula dell’appuntamento, un trattamento di riguardo, come i padroni di casa fanno con i propri ospiti. È il caso dello spazio di Promemoria di via Giardini, l’appartamento campione con cucina e sala da pranzo aperto nel 2007. Le stesse caratteristiche si ritrovano da Giorgetti che, nel 2011, ha lanciato a Milano un nuovo concetto di showroom, il Giorgetti Atelier. Si tratta “del simbolo – spiega il presidente Carlo Giorgetti – di un nuovo approccio per essere presenti sui mercati globalizzati. Uno spazio concettuale (aperto al pubblico, ndr) in cui il classico showroom è stato sostituito dalla riproduzione di un elegante scenario domestico, arredato con i pezzi firmati dall’azienda”, una sorta di meeting point arredato con tutto il calore che può avere una vera abitazione, dove rivenditori e architetti “possono trovarsi con i propri clienti e sentirsi quasi padroni del posto”, aggiunge il presidente. Si respira la stessa atmosfera nello spazio milanese di Hermès, che nel 2011 ha aperto in via Pisoni il primo showroom in Italia interamente dedicato alla collezione Maison. Inizialmente lo spazio era aperto solo su appuntamento. Oggi è ‘open’, ma tuttora mantiene il carattere intimo e riservato di tre anni fa.
UNA FORMULA DA MATURARE
Non tutti, però, sono convinti che questo meccanismo sia destinato a diventare la norma, specialmente quello per cui sarebbero gli stessi rivenditori a rimandare allo showroom. “Questi casi si contano sulle dita di una mano”, sostiene l’AD di Duravit Italia Ivo Giachi, piuttosto, accade il contrario, per cui “sono gli spazi espositivi che rimandano ai negozianti”, aggiunge. Nel suo showroom monomarca di via San Gregorio, la società che produce sanitari e arredo bagno invita a entrare per vedere la gamma completa e scegliere cosa acquistare, “poi noi forniamo l’indirizzo dei nostri clienti/rivenditori della regione ai quali rivolgersi – spiega Giachi – i più vicini”. Se da una parte, dunque, l’appuntamento in showroom sembra che stia prendendo piede, dall’altra è inutile negare che si tratta di una formula che deve ancora maturare, per esempio iniziando a definire con precisione qual è la differenza tra negozio e showroom, e quindi tra vetrina aperta a tutti e spazio destinato a pochi.
Di Simona Peverelli