Il su misura è da sempre una parte fondamentale del Dna della milanese Lualdi Porte. Che, nel corso degli anni, ha affiancato all’Italia e agli Stati Uniti una distribuzione capillare nel mondo, grazie anche a importanti progetti di design
Definirla solo un’azienda che produce porte è riduttivo. Perché dietro al sistema che delinea la soglia di ingresso c’è un intero mondo di elementi, dalle boiserie ai sistemi pivottanti, ai sistemi di partizioni, ai meccanismi di chiusura, che definisce e contraddistingue il carattere particolare di ciascuna abitazione al pari degli oggetti d’arredo. “Amo chiamare tutto questo il vestito della casa, un elemento estetico che ha anche ripercussioni funzionali. O, con un’immagine quasi poetica, la parete che si apre”, commenta Pierluigi Lualdi, partner di Lualdi. L’azienda milanese è un nome storico del design italiano nel campo delle porte di interni, dell’arredamento su misura e del contract, gestita dalla quinta generazione familiare. Nata a metà dell’Ottocento come falegnameria artigianale per la produzione di arredi su misura, a partire dagli anni sessanta grazie alla stretta simbiosi creata con l’architetto Luigi Caccia Dominioni ha avviato la sua svolta industriale. Nonostante tutto, la componente su misura continua ad essere una parte fondamentale del Dna dell’azienda. “Il contract, inteso come possibilità di costruire prodotti attorno ad un progetto, che sia una casa, un ufficio, una struttura di hospitality o un ente pubblico, rispecchiandone nel sistema porte le particolarità dell’ambiente, rappresenta più della metà della nostra produzione”, racconta Lualdi. “Quella della tendenza a costruire oggetti partendo dalla comprensione dell’anima del progetto è un’eredità della lunga storia dell’azienda, prima come realtà su misura e poi industriale, che abbiamo valorizzato”. Si dice contract, si legge estero. L’export rappresenta circa il 65% dei ricavi di Lualdi Porte e, storicamente, il mercato straniero di riferimento è sempre stato quello nordamericano. Negli Stati Uniti la realtà di Marcallo con Casone, nel milanese, presenta due uffici dotati di piccolo show-room annesso, uno a New York e l’altro a Miami. “Servono a dare assistenza al progetto. Nel caso del contract si parla spesso di progetti piuttosto estesi nel tempo, anche tre o quattro anni e in questi casi serve un servizio di lunga portata”, aggiunge.
TUTTO INIZIÒ NEGLI USA
Il mercato nordamericano rappresenta un bacino storico per l’azienda. “Abbiamo cominciato negli anni Novanta e con il tempo è diventato il principale mercato estero”. Gli anni Novanta sono coincisi con il processo di internazionalizzazione avviato non solo negli Stati Uniti ma anche nel Regno Unito. All’inizio degli anni Duemila l’azienda ha aperto nel Paese a stelle e strisce la Lualdi Inc., gli showroom a New York e Miami e ha ampliato lo stabilimento di produzione a Marcallo. Ora che il mondo è globalizzato e che l’azienda, nel frattempo, è riuscita a cavalcarne i cambiamenti, la distribuzione si è allargata ad altre aree chiave. “Si sono affacciati nuovi mercati strategici per il gruppo. Penso alla Russia, al continente africano e in particolare modo alla Nigeria dove siamo presenti attraverso showroom multimarca e al Medio Oriente”. Proprio a Doha, la capitale del Qatar, per esempio, Lualdi Porte si è occupata recentemente degli arredi fissi della Qatar Foundation disegnata da Rem Koolhaas e del Park Hyatt Hotel sempre nella capitale. Ma i grandi progetti contract si sono susseguiti negli ultimi anni in diverse parti del mondo: a New York, all’interno dell’Hotel Edition sulla Madison Avenue o a Miami, nel One Thousand Museum di Zaha Hadid o ancora nelle Armani Residences a Miami. Importante anche il progetto che ha interessato l’Excelsior Hotel Gallia di Milano curato dallo Studio Marco Piva dove Lualdi Porte ha realizzato le porte di ingresso camera, le porte scorrevoli integrate, i rivestimenti, le pannellature ed alcuni rivestimenti. Tornando ai mercati chiave per il gruppo, anche la Cina ricopre un ruolo importante nelle strategie dell’azienda. “Abbiamo registrato una buona crescita nel 2018 – ammette Pierluigi Lualdi – ovviamente in questo mercato è prevalente la parte contract, con la presenza in importanti progetti internazionali. Sempre riguardo all’Asia, abbiamo partecipato proprio a febbraio alla manifestazione fieristica di New Delhi India Design ID, dall’11 al 15 febbraio”. Ad aprile, invece, è in programma la consueta partecipazione al Salone del Mobile di Milano. “Racconteremo quello che c’è dietro al nostro mondo, il sistema delle partizioni e dei rivestimenti che si integrano con le aperture”, aggiunge. Oltre alle novità di prodotto, saranno presentate anche le nuove collaborazioni. “Ne sveleremo tre o quattro con importanti designer e architetti di caratura internazionale. Rientra nella nostra volontà di un dialogo continuo con l’architettura contemporanea”, sottolinea Lualdi. Nel corso degli anni l’azienda ha lavorato con Luigi Caccia Dominioni, Erik Morvan, Robert A.M. Stern, David Rockwell, Piero Lissoni e Marco Piva.
LA VIA DEL GREEN
Strategie commerciali a parte, nelle quali il peso delle esportazioni e del contract continuerà a rappresentare un asset fondamentale, qual è il futuro dell’azienda? La via di Lualdi Porte, già intrapresa da tempo, sarà quella dell’ecosostenibilità, tema ormai chiave anche per il mondo del design e l’uso socialmente ed ecologicamente sostenibile dei materiali e delle risorse ha già consentito all’azienda di ottenere la certificazione FSC. “Come azienda abbiamo partecipato a due concorsi europei e abbiamo ottenuto un finanziamento per l’ideazione e lo sviluppo di prodotti ecosostenibili. Su questo fronte siamo già attivi con la nostra divisione ricerca e sviluppo. Ma la nostra sfida più entusiasmante è quella che ci porterà ad aderire ai temi dell’economia circolare”. Per questo, la divisione di ricerca dell’azienda sta studiando la possibilità di riconsiderare i materiali usate per la produzione delle porte, passando dai prodotti forestali (e quindi legno) a quelli di terra che consentano, peraltro, un riuso dei materiali. “Dobbiamo anche pensare alla possibilità di allungare il già possibile la vita della porta. C’è un grande cambiamento in atto che non si può fermare – conclude Lualdi – le istituzioni possono indicare la via ma sono le aziende attraverso la sensibilità delle persone che le guidano rendere possibili i cambiamenti epocali”.