Trasformare le ville venete storiche in ipermercati e centri commerciali, è questa l’ultima proposta, provocatoria, del presidente di Italia Nostra (associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale della nazione) Romeo Scarpa. L’appello giunge in concomitanza con l’annuncio della messa in vendita sul mercato immobiliare, da parte della proprietà Fondazione Bancaria del Credito Trevigiano, della palladiana Villa Emo di Vedelago. L’ipotesi di scarpa è di valutare se non sia meglio affrontare una sfida progettuale e culturale piuttosto che rinunciare al palazzo e lasciare che sia venduto.
PROPOSTA PROVOCATORIA
Le ville non dovranno per forza trasformarsi in supermercati ma valutare una destinazione d’uso alternativa che ne consenta il ‘salvataggio’.
La proposta si ispira alla conversione di utilizzo del celebre palazzo veneziano Fondaco dei Tedeschi che, dopo essere stato a lungo di proprietà di Poste Italiane è stato ceduto bel 2008 al gruppo Benetton per un importo di 53 milioni di euro. La struttura è stato sottoposta a un nuovo intervento di recupero statico e funzionale, sotto la direzione artistica dell’architetto olandese Rem Koolhaas, per la sua riconversione in centro commerciale dotato anche di un polo culturale, che è stato aperto al pubblico il 1 ottobre 2016.
Sempre a Venezia anche l’ex Cinema Italia era stato trasformato in un supermercato Despar suscitando un certo disappunto a fronte dell’affiancamento di storici affreschi alle corsie di prodotti alimentari.
“L’alienazione di un simile monumento, patrimonio di tutta l’umanità – commenta l’associazione – è una grave perdita culturale, elemento ben più rilevante della perdita patrimoniale. La legge italiana protegge simili beni che devono essere conservati per le generazioni future e dati in fruizione pubblica, anche in caso di proprietà privata che non sempre è in sintonia con la tutela. Ci auguriamo che il Mibact eserciti il diritto di prelazione e acquisti Villa Emo”.
Raccoglie la provocazione Marco Tamaro, direttore della Fondazione Benetton, tra i principali soggetti che si occupano di studio del paesaggio, secondo il quale “va studiata la possibilità di mettere questi beni a disposizione di realtà minori che ne facciano un uso comunitario, per accrescere la vicinanza con la comunità di riferimento e aprendoli a iniziative”.