Le società di progettazione sono cresciute dimensionalmente e oggi, per rispondere a tutte le sfide (e cogliere maggiori opportunità), devono far ricorso a logiche e pratiche manageriali per la gestione del proprio business. Al centro c’è soprattutto la gestione delle risorse umane, per contenere il turnover. I casi di Progetto Cmr, One Works, Lombardini22, Wip e Mqa.
Azione strategica, pianificazione, amministrazione e organizzazione, teamwork sembrano essere le competenze sulle quali gli architetti italiani si valutano come più deboli. Lo dice una ricerca di Sda Bocconi su un campione di oltre 500 architetti italiani. “I professionisti del progetto”, ci dice Beatrice Manzoni, docente associata presso Sda Bocconi School of Management, “devono saper affrontare alcune sfide: da quella imprenditoriale a quella del cliente e della customer experience, devono far crescere i collaboratori e saper gestire i team di lavoro, misurare i risultati e applicare gli strumenti di project management, pianificando strategie e crescita”. Devono quindi implementare le proprie competenze manageriali o affidarsi a profili professionali che li aiutino a gestire gli studi di progettazione, che devono trasformarsi in vere e proprie organizzazioni evolute con un pensiero strategico anche rispetto ai cambiamenti e alle opportunità offerte dal mercato. Comunicazione e negoziazione, pianificazione e amministrazione, organizzazione e teamwork, multiculturalità e gestione di sé. E molte società, anche se operano sul mercato da molto tempo, stanno affrontando in questi anni il tema organizzativo, spesso in occasione di un passaggio generazionale o di una crescita di organico e fatturati.
CAMBIAMENTO STRATEGICO
Lo studio Lissoni Architettura, lo scorso 2 luglio, ha comunicato un cambio di governance: Piero Lissoni ha unito la firma a quella del suo principale partner, Miguel Casal Ribeiro, cambiando nome in Lissoni Casal Ribeiro Spa e facendo entrare in staff Tania Zaneboni che si occupava, da tempo, di coordinare la divisione di architettura di interni. Anche la Lissoni Associati Srl, società del gruppo che si occupa di product design, ha cambiato il suo assetto societario: è uscita la co-fondatrice Nicoletta Canesi ed è diventato partner Francesco Canesi Lissoni, già project manager del dipartimento design. Infine, la controllata americana Lissoni Inc ha accolto l’ingresso nell’attività operativa della partner Nicoletta Canesi che, affiancando il partner e CEO Stefano Giussani, si occuperà di business development e delle fasi di ideazione ed elaborazione dei concept di progetto.
La stessa esigenza è stata espressa di recente dallo Studio Michele De Lucchi, che ha annunciato un cambio di nome, diventando Amdl Circle, e trasformandosi da studio autoriale a hub di competenze, aperto ai giovani professionisti e alla ricerca multidisciplinare, con alcune professionalità a capo dei settori della progettazione: Davide Angeli, Angelo Micheli, Alberto Bianchi, tra gli altri.
STRUTTURARE I PROCESSI
C’è chi invece è nato dandosi un assetto da subito societario. Progetto Cmr è una realtà specializzata nella progettazione integrata, fondata nel 1994 con l’obiettivo di realizzare un’architettura flessibile, efficiente ed ecosostenibile applicando un metodo che parte dall’analisi delle esigenze del cliente. I partner e fondatori sono tre: Massimo Roj, Marco Ferrario e Antonella Mantica. La sede centrale è a Milano, ma la società ha uffici in diverse città nel mondo: Roma, Atene, Beijing, Hanoi, Istanbul, Jakarta, Mosca, Praga, Tianjin. Del gruppo fanno parte anche Sportium, società consortile presieduta da Giovanni Giacobone e Fabio Bandirali, e Progetto Design&Build, guidata da Massimiliano Notarbartolo. Nel 2018 la sola Cmr ha fatturato, in Italia, 11,6 milioni di euro, con una previsione di crescita del 15% nell’anno in corso. La società è strutturata in tre macro aree: architettura, ingegneria, design, che operano in modo integrato per offrire soluzioni personalizzate, innovative e sostenibili su diversi settori: retail, uffici, alberghi, impianti sportivi.
“Dopo due anni dall’apertura della società, nel 1996, superavamo già le trenta persone”, racconta Massimo Roj, “e abbiamo quindi iniziato un percorso di controllo e qualità certificandoci Iso. Era l’unico modo per strutturare i processi. Io avevo chiara la strategia ma non avevo competenze manageriali. Ci siamo dotati di un direttore generale. Negli anni non abbiamo cambiato la struttura gestionale – ci sono stati sempre un direttore operation e risorse umane, figure chiave – ma abbiamo consolidato il gruppo attorno ai soci fondatori senza allargare molto la compagine”. Oggi la struttura di progettazione integrata, con molte figure e competenze che si allargano (agli aspetti economici e normativi, alla digitalizzazione, ai fenomeni percettivi legati agli spazi) e intersecano nei gruppi delle diverse commesse, è ben avviata e con un ottimo equilibrio dei ruoli. “Siamo circa 150 persone, di cui 15 dipendenti, con contratti di collaborazione pluriennale e una mission di fidelizzazione delle persone. Abbiamo, infatti, molti professionisti con noi da parecchi anni e che sono anche il riferimento per la formazione dei giovani collaboratori, che infatti turnano poco”. All’interno di Progetto Cmr sono previsti strumenti di incentivazione e percorsi di carriera definiti e condivisi; settori di sviluppo per i quali è sostanziale far crescere e mantenere anche le professionalità. Conclude Roj “Stiamo puntando fortemente sull’internazionalizzazione e sulle nostre sedi estere, sul settore dello sport, stiamo pensando anche a implementare un’area di servizi per la comunicazione e il marketing di supporto alle attività di sviluppo dei nostri clienti”.
MODELLO ANGLOSASSONE
Tra le prime società in Italia per fatturato compare One Works, che nel 2018 è stata in grado di generare ricavi per 15,5 milioni di euro. Il gruppo comprende One Works Spa, la società italiana che sviluppa il lavoro principale e soprattutto per l’Europa, One Works Asia, deputata a gestire clienti e lavori nel mondo asiatico direttamente da Singapore, e One Works Dmcc, con sede a Dubai, che gestisce il rapporto con i clienti e lo sviluppo di progetti dell’area del Golfo allargata. Infine, Pps One Works ha sede a Bangkok ed è una società fondata con un partner locale. In tutto, il gruppo è composto da 150 collaboratori. “Il nostro obiettivo è quello di creare un equilibrio tra la necessità di esprimere i talenti personali e quella di farlo all’interno di un coro, in un team che collabora indipendentemente dalla posizione geografica”, ci racconta Leonardo Cavalli, uno dei fondatori e managing partner di One Works. “Un approccio che rispecchia più un modello anglosassone, con un’organizzazione di natura collettiva, che non rinuncia però a quella disponibilità, velocità di esecuzione e visione, capacità di intervento a tutto tondo, che è una delle caratteristiche più forti dell’approccio italiano”. Due altri i partner, oltre a Leonardo Cavalli, sono Giulio De Carli e Anwar Mohamed. Il management è formato da cinque direttori (Pietro Bagnoli, architecture & interior design, Alessandra Bellioni, aviation, Kelvin Koh, managing partner Pps OneWorks, Michele Levati e Gianluigi Santinello, engineering), un responsabile del marketing e della comunicazione, Dean Bové, una responsabile delle risorse umane, Paola Caccia Dominioni, e infine Giuseppe Muscolini, direttore dello sviluppo del business. Uno degli aspetti strategici è sicuramente la formazione dei team; lavorando su scala internazionale, su progetti di infrastrutture dei trasporti, masterplan urbanistici fino ai grandi centri commerciali e allo sviluppo immobiliare – ambiti peraltro spesso strettamente collegati tra loro – occorre un continuo aggiornamento e una particolare attenzione alle strategie oltre alle dinamiche dei mercati. “Rispetto alle linee di sviluppo di One Works – assicura Cavalli – vediamo grandi opportunità generate dalle tecnologie di design nei servizi. Già oggi utilizziamo Bim per offrire ai gestori delle infrastrutture di trasporto e di immobili un potente strumento di controllo in fase di progettazione, costruzione e soprattutto di gestione successiva. Questo significa progettare con lungimiranza, tenendo in conto non solo il corpo delle infrastrutture e degli edifici ma anche la loro gestione nel tempo”.
BASSO TURNOVER
Una gestione più collegiale che piramidale è quella di cui si è dotata anche Lombardini22.
“Siamo una società di progettazione e di servizi, che fa business to business e questo significa che i nostri clienti sono, per la maggior parte, operatori del mondo immobiliare”, ci racconta Franco Guidi, CEO della società che fattura 15,7 milioni di euro (esclusa la divisione Data center) in Italia, importo al quale va aggiunto poco meno meno di un 10% all’estero Il gruppo è guidato da sette soci, professionisti specializzati, e tre direttori business (data center, project management, e marketing), che integrano competenze diverse nella direzione della società: Elda Bianchi, CFO, Marco Amosso, direttore L22 Urban&Building, Alessandro Adamo, Degw, Paolo Facchini, chairman, Franco Guidi, CEO (che si occupa di strategia e risorse umane), Adolfo Suarez, L22 retail, Roberto Cereda, L22 Engineering e sostenibilità. Ed è organizzato in divisioni che seguono diverse aree di business: retail, uffici, alberghi (con la recente divisione Eclettico Design seguita da Igor Rebosio e Giuseppe Varsavia), data center (sotto il controllo di Alberto Caccia), sviluppo immobiliare, ma anche comunicazione e marketing, con la divisione Fud, gestita da Domenico D’Alessio.
“All’interno della gestione dei servizi”, ci racconta Guidi, “c’è l’area risorse umane. Oggi siamo circa 270 persone, di cui una ventina assunte, e in aggiunta ai programmi di formazione specializzati abbiamo lanciato un ciclo sulle soft skills (comunicazione, negoziazione, tra le altre). Abbiamo già avviato il programma per tre gruppi da venti persone l’uno”. Anche se la maggior parte dei collaboratori ha un contratto di collaborazione, il turnover è basso; il dato di permanenza in azienda si aggira attorno ai quattro anni, con una età media di 34 anni. L22 supporta un’attenta politica di vivaio e incentiva persone giovani (raramente vengono assunte persone senior, se non con profili specifici) a formarsi un profilo facilmente ricollocabile sul mercato, anche internazionale. “Sui temi strategici per l’azienda abbiamo strutturato dei gruppi di lavoro (staffing, marketing, risorse umane) che sviluppano un processo decisionale ‘fluido’ e non accentrato in poche persone”, racconta il CEO di Lombardini22, “E pensando al futuro, sono due le tendenze di crescita che intercetto: una interna e organica (ogni business può crescere) e la seconda è quella che vedrà ampliare il nostro interesse al settore ospedaliero, residenziale anche a supporto delle università. Riusciamo, infatti, in termini organizzativi, a strutturare e fare partire una nuova unità ogni due anni”.
SISTEMA DI PREMIALITÀ
Wip, Work in Progress Architetti, nasce nel 2000 dal sodalizio professionale di Federico Barbero (che segue le risorse umane e la gestione economica e finanziaria dello studio), Nicola di Troia (responsabile delle strategie di sviluppo) e Marco Splendore, con la collaborazione di Giuseppe Garbetta che si occupa dell’area tecnico-immobiliare. Una società di sessanta collaboratori e una previsione di fatturato di 2,5 milioni di euro nel 2019, distribuita su tre sedi: una a San Donato, una a Milano e una in Puglia. Sulla totalità dei collaboratori cinque sono gli assunti, ma molti collaboratori sono in studio da oltre dieci anni e con un turn over basso e che interessa prevalentemente i giovanissimi. “Abbiamo un sistema di premialità che ha l’obiettivo di fidelizzare il rapporto con i nostri collaboratori”, ci racconta Nicola Di Troia. “Nel 2020 compiremo venti anni, e la nostra crescita è sempre stata graduale, attorno al 10-12% l’anno, ma sostenuta fortemente dalla nostra organizzazione aziendale”. L’attività dello studio è suddivisa in un’area engineering, una di architettura e un’area che si occupa dei servizi tecnici. L’area architettura è, a sua volta, divisa in quattro aree seguite da un team manager, dei veri propri studi nello studio che si occupano di retail, alberghiero, uffici e residenziale. Ogni lunedì i soci si incontrano per fare il punto della situazione e definire un quadro di opportunità e attività da condividere con collaboratori e team manager. “Lo studio è gestito come un’azienda”, conferma Nicola Di Troia, “e ogni area ha il suo budget e delle previsioni di crescita, persone dedicate al controllo dei costi, alla gestione della fatturazione e degli adempimenti amministrativi. Sul quadro generale si costruiscono le strategie per gli investimenti e se durante l’anno ci sono degli scostamenti, si interviene per rivedere il business plan o le azioni da intraprendere. Abbiamo un programma di gestione dello studio dove ogni commessa viene rendicontata in dettaglio, dalle più piccole alle più grandi, e gli extracosti o gli scostamenti dalle previsioni vengono segnalati dal nostro controllo di gestione, in itinere, durante lo sviluppo delle fasi consulenziali, di progetto o di cantiere”. Tutti i project manager hanno la responsabilità di tenere sotto controllo l’andamento economico, e non solo le tempistiche, delle commesse. L’ultima area nata all’interno dello studio è quella dedicata alla ricettività, circa due anni fa, e sta dando dei buoni risultati di fatturato oltre che far crescere l’organico di Wip.
PICCOLI MA ORGANIZZATI
Se l’organizzazione è un aspetto imprescindibile per le realtà medie e grandi, diventa vitale per i piccoli studi, in un mercato complesso da presidiare. “In questi anni ho maturato la consapevolezza che gestire i collaboratori come era stato fatto con me, non funzionava più”, racconta Daniela Carta, Metro Quadro Architetti (Mqa), “ho quindi deciso di rivolgermi a chi di organizzazione si occupa per lavoro e a chi ha già un’esperienza manageriale. Grazie al servizio di consulenza dell’Ordine degli architetti di Milano, ho definito una strategia per selezionare un nuovo team di persone. Mi sono costruita una nuova educazione su come gestire il gruppo di lavoro, come selezionare le persone, come gestire le riunioni in studio, come fissare gli obiettivi e fare le schede di prestazione e potenziare le skill di ogni collaboratore. Ho da poco avviato un secondo team di lavoro e devo confermare che quest’approccio funziona, anche in una logica di condivisione degli obiettivi e delle linee di indirizzo del lavoro che si svolge assieme”. Lo studio è composto da quattro persone, tutti liberi professionisti, e accoglie, a seconda delle commesse, una rete di altri tre progettisti per discipline specifiche (impianti, strutture ecc.). Nonostante lo studio sia piccolo, Daniela Carta dedica molto tempo alla formazione dei collaboratori, a renderli autonomi, insegnando loro a monitorare quello che fanno e i tempi di realizzazione, per definire assieme un proprio percorso e gli obiettivi. “Per il futuro prevedo che cresceremo, a breve, di un paio di persone”, conferma l’architetto Carta, “e una delle due dovrà concentrarsi sulla creazione della documentazione a supporto della comunicazione, anche nel settore dei social media. Molte attività che sviluppiamo per i nostri committenti necessitano di un buon supporto grafico e di immagine. Dovremo anche sviluppare ricerche su temi legati al marketing e a nuovi servizi, andando oltre il progetto. Sempre più spesso i nostri clienti hanno bisogno di confrontarsi in merito alla gestione economica della commessa; queste attività allargano il campo consulenziale per il progettista e consolidano i rapporti con il cliente”.