Recupero, riciclo, conferimento a parti terze. La filiera del legno è oggi altamente tecnologica e punta tutto sulla sostenibilità ambientale. Un tema economico, ma anche etico, sintomatico di un cambio culturale che è indubbiamente in atto, soprattutto tra i giovani.
Recupero del legno, conferimento di altri materiali (vetro, plastica ferro, ecc) alle rispettive filiere, produzione di pannelli truciolari di qualità. Il ciclo di vita del legno, e non solo, sta tutto nel procedimento produttivo che Saib, azienda di Caorso, nel piacentino, ha negli anni perfezionato. Tanto da essere stata riconosciuta da Intesa Sanpaolo ‘Impresa vincente’ sia per le performance economiche e finanziarie dell’ultimo triennio sia per la sua propensione all’eco sostenibilità. Una realtà che, come racconta l’amministratore delegato Clara Conti, “è stata fondata da mia nonna, Eva Bosi, nel 1962”. Tutto nasce da una sua osservazione e da una intuizione: l’area (dove poi sorgerà l’azienda) è particolarmente ricca di pioppi, le cui radici, ai tempi, venivano considerate materiale di scarto. Ma dagli Stati Uniti arriva una tecnologia che dà vita a pannelli truciolari proprio a partire dalle radici del pioppo. E decidono di importarla in Italia”. Tutto parte proprio da qui: l’industria dei pannelli truciolari diventa fiorente in Italia e negli anni Settanta sono oltre 50 i produttori italiani. Oggi soltanto 5. Perché? “Si tratta di industrie – spiega – dove la dimensione e la scala contano moltissimo. Nella produzione del pannello, infatti, si parte quasi come industria chimica, facendo leva su una tecnologia molto avanzata che sta poi alla base dell’efficienza produttiva, la medesima che consente di competere sul mercato. Poi nella fase di nobilitazione, diventa un prodotto di design”. Ecco allora che “la valenza estetica e tattile diventano fondamentali. Poi, negli anni Novanta l’azienda decide di convertirsi al recupero”. Non a caso: gli italiani sono i primi al mondo a capire la necessità di raccogliere il legno dalla raccolta differenziata. E’ così che Saib “affronta molti cambiamenti, dal un punto di vista tecnologico, proprio per recuperare il legno”.
Ogni anno 8500 tonnellate di ferro recuperate
Ma l’attività non finisce qua: tipicamente i pallet, le cassette di frutta, gli scarti da edilizia sono caratterizzati da impurità, come stoffe o plastiche. Saib si impegna a studiare le modalità attraverso cui eliminare tali impurità e dopo anni di tentativi, Saib, ne diventa pioniere. Così come, del resto, l’industria italiana. Se l’Europa ha quale obiettivo di recupero del legno da scarto il 20%, l’Italia oggi è al 58%. Saib, che fa parte del consorzio Rilegno, ha anche focalizzato l’attenzione sulla possibilità di essere una vera e propria azienda rigenerativa, “perché nella pulizia del legno, recuperiamo altro materiale e lo riconferiamo alle relative filiere per il recupero”. Qualche numero: “ogni anno avviamo al riciclo 8.500 tonnellate di ferro (in 10 anni ci si potrebbe costruire il Golden Gate di S. Francisco), ma anche carta, plastica e pietre (16mila tonnellate per il rifacimento di fondi stradali). “Siamo oltre la sostenibilità” assicura Clara Conti, che però tiene anche a chiarire che l’attenzione al design è massima: “si fa un grande lavoro di ricerca con architetti ed esperti del settore per dare vita a superfici che attingano alla ricerca estetica del design, proponendo texture e cromie vicine ai trend contemporanei”.
Nel 2018 giro d’affari di 125 mln euro
Saib intanto ha archiviato il 2018 con un giro d’affari di 125 milioni di euro, segnando una crescita importante rispetto all’anno precedente, pari a 7 milioni “dovuto – chiarisce Conti – all’incremento dei volumi di lavoro e alla stabilità dei prezzi. Quest’anno manteniamo volumi ma assistiamo a una leggera flessione prezzi”. Tale per cui la previsione è di chiudere l’anno a 120 milioni di euro. Una realtà, quella di Saib, che come molte altre italiane ha una gestione familiare. Due famiglie e due amministratori delegati (oltre a Clara Conti anche il cugino Sergio Doriguzzi). Da sempre. Con ruoli diversi, ovviamente: “io mi occupo del commerciale e Sergio della parte ingegneristica e dello sviluppo degli impianti. Sono oltre 200 i dipendenti ad oggi, ma bisogna tenere conto del fatto che si tratta di una azienda ad alto contenuto tecnologico”. E soprattutto 100% made in Italy, visto che tutta la produzione è in Italia e nel medesimo sito produttivo”.
Voglia di crescere all’estero
Saib intanto guarda all’estero, dove vuole crescere: ad oggi il mercato di riferimento è per l’80% nazionale e per il 20% estero. Ma l’attenzione cresce anche in considerazione del contesto e delle evoluzioni culturali e sociali a cui stiamo assistendo. “Pensiamo ad esempio ai giovani: c’è sensibilità, magari anche se per alcuni solo di passaggio. Ma questa generazione di ragazzi ha chiaro che questi livelli di consumo non sono più non solo sostenibili ma non sono nemmeno etici. Hanno la consapevolezza chiara della necessità di dovere preservare l’ambiente, molto più di quanto non l’abbiamo noi”. E il messaggio è pervasivo, se solo pensiamo che “nell’arco di un solo anno molte aziende della moda hanno detto no alla plastica, si sono dichiarate fur free e, anche nel fast fashion hanno annunciato linee di prodotto a basso impatto ambientale”. Una sostenibilità che per Clara Conti è anche etica. Certamente il settore va verso una maggiore concentrazione, ma c’è spazio anche per aziende di dimensioni più piccole. Il rapporto diretto e personale con i clienti ancora conta moltissimo”.