La valutazione di una società, da parte della banca, è l’aspetto centrale nel processo decisionale che porta alla concessione del credito. Oggi però le dimensioni e la solidità economica non sono l’unico parametro, perché entrano in gioco la qualità dell’impresa e della sua supply chain.
Nel comparto legno-arredo, così come negli altri settori industriali, il finanziamento delle attività delle piccole e medie imprese italiane può avvenire in modi diversi: capitale proprio, ingresso di nuovi soci e, principale opzione utilizzata dagli imprenditori, l’accesso al credito bancario. Ma la caccia alle risorse a volte comporta difficoltà, che possono essere determinate dalle dimensioni dell’impresa, dalla governance, da un andamento inferiore alle aspettative. L’azienda però deve essere valutata ai fini dell’ottenimento di un rating che prende in considerazione non soltanto il bilancio, e dunque le attività economiche, ma anche, e sempre più, la qualità della stessa. Elementi come il welfare aziendale, l’attenzione al lavoratore, l’ambiente di lavoro e molto altro diventano parti del quadro di insieme che porta alla valutazione. Non solo. Per le aziende che operano all’interno di una filiera, la solidità della ‘capofiliera’ in qualche modo può essere estesa ai fornitori, in una logica di supply chain. Si tratta di un meccanismo che consente di premiare la capacità delle imprese di fare rete sul territorio.
RATING QUALITATIVO
“Capisco benissimo che le pmi possano avere maggiori difficoltà di accesso al credito, perché magari hanno elementi di debolezza strutturale o delle particolari caratteristiche di bilancio rispetto alle grandi aziende” spiega Anna Roscio, responsabile coordinamento marketing imprese di Intesa Sanpaolo, ricordando che la divisione Banca dei Territori opera con imprese dal fatturato compreso all’interno di una forbice molto ampia, tra 2 e 350 milioni. Per ottenere finanziamenti, ricorda Roscio, è necessario “avere una valutazione di rating che determina tutta una serie di processi conseguenti proprio in termini di concessione e di prezzo”.
Il rating di natura quantitativa si basa sui dati di bilancio e sull’andamento della relazione bancaria. “Questa – sottolinea Roscio – è una norma regolamentare. Per aiutare le piccole imprese, abbiamo affiancato al rating quantitativo uno di natura qualitativa, validato dalla Bce, e che va sostanzialmente a integrare i dati di bilancio con valutazioni di natura diversa, considerando aspetti di natura intangibile che il dato quantitativo non riesce a intercettare”. In buona sostanza, le piccole e medie imprese hanno un bilancio che riflette i dati economici legati all’andamento del business. Ma ha probabilmente anche “progetti, iniziative legate al welfare aziendale, al capitale umano e attività intangibili, che identificano una buona gestione societaria”. Tutti questi aspetti vanno a integrare il mero dato oggettivo e numerico con una valutazione di natura qualitativa. Il rating diventa, dunque, uno strumento di sintesi utile a valorizzare i percorsi virtuosi delle pmi. “Sicuramente, se ben rappresentato, l’aspetto qualitativo può portare a un significativo miglioramento del giudizio finale fino a due o tre notch”.
LA PARTE INTANGIBILE
Di conseguenza, nell’analisi del rating, la svolta consiste nel tentativo di valorizzare la parte intangibile della società. “La pmi – continua Roscio – vede un’apertura da parte della banca a quelle che possono essere iniziative, progetti di gestione del personale. Le pmi si ‘raccontano’ all’istituto di credito attraverso un vero e proprio questionario qualitativo, che rappresenta lo strumento chiave del rating”. “Questo – chiosa – è il nostro meccanismo fondamentale, la chiave di volta per ampliare la base di quanti possono avere con noi un rapporto”. Intesa Sanpaolo inoltre ha messo a punto anche altri strumenti finalizzati ad allargare la base delle pmi aventi diritto al credito. “Faccio riferimento agli strumenti della garanzia del Fondo Centrale. In particolare, alla garanzia di portafoglio messa a punto dal governo. Si tratta di uno strumento di accesso ai finanziamenti a lungo termine, attraverso una logica di portafoglio che consente di costituire un obiettivo di investimento”.
E oggi Intesa Sanpaolo ha portafogli con garanzia del Fondo Centrale per 1,2 miliardi più 100 milioni specifici per il commercio, laddove il contesto di portafoglio introduce una sorta di mutualità, ovvero consente di creare un sistema mutualistico che permette “di non guardare al singolo imprenditore ma a un portafoglio di soggetti finanziabili, mediando il rischio che il finanziatore e il fondo centrale assumono. Tutto ciò consente di guardare a una platea più ampia di imprenditori, anche a coloro che hanno debolezze che però possono essere compensate da aziende in portafoglio che sono meno deboli”.
Va detto, peraltro, che rispetto allo ‘stato di salute’ delle pmi italiane, la grande crisi del 2008-09 “ha fatto un po’ di selezione”, fa notare Roscio. In buona sostanza, sono riuscite a superare la crisi quelle aziende che “hanno effettivamente messo in atto delle azioni finalizzate e da quel momento è emerso un gruppo di imprese con più consapevolezza e resilienza, capacità di stare sul mercato e di guardare a quelli internazionali”.
I BASKET BOND
Non è detto, in definitiva, che il consolidamento del comparto sia la via maestra per la crescita. “Noi abbiamo sviluppato il programma filiere anche nel settore del legno-arredo, che valorizza l’appartenenza a una filiera produttiva”. Questo con ricadute anche sulla logica del rating di filiera, con l’azienda presa in considerazione che può estendere la bontà della propria solidità agli appartenenti alla supply chain. Dunque, conclude Roscio: “Non è indispensabile crescere dimensionalmente. La filiera stessa può essere una risposta, con la conseguenza che le pmi che lavorano hanno rapporti tra loro e questo può essere il modo per rafforzare la propria presenza sul mercato. E per sostenere le pmi su questo percorso, si stanno sviluppando strumenti finanziari innovativi come ad esempio i basket bond”.