Oltre al prodotto e al profitto è essenziale lo storytelling per portare la filosofia del brand nella vita delle persone.
People, product, planet e profit. Su questi asset Eusebio Gualino, CEO di Gessi, ha costruito una grande azienda nell’arredo-bagno di alta gamma (prima in Italia e quarta nel mondo) puntando sulla differenziazione.
Per voi la tensione all’eccellenza è tutto, per farlo però serve un progetto mirato. Quali scelte vanno fatte?
Il mio motto è “o ti distingui o ti estingui”, ovvero bisogna cercare di differenziare la propria proposta all’insegna della qualità. Per farlo siamo stati sempre in controtendenza nell’anticipare atteggiamenti che poi sarebbero diventati diffusi. Nel 1992, in un periodo in cui vigeva l’outsourcing, noi producevamo tutto internamente. Nello stesso anno, abbiamo reso la nostra azienda a basso impatto ambientale schierandoci contro l’atteggiamento di disinteresse ambientale che portava avanti una parte della società più interessata a status symbol inquinanti (come gli hammer) e a comportamenti e gusti esosi.
Perché avete scelto questa strada?
Perché ci riconoscevamo in questi valori e volevamo che la nostra azienda venisse identificata, a livello nazionale e internazionale, con questo atteggiamento responsabile. Volevamo instaurare un’immagine etica sin da subito, anche in vista di una visibilità globale futura.
Eticità, attenzione alle persone… e il fatturato?
Non esiste azienda senza fatturato, dico sempre che ‘se un’anzienda non fa utile, è inutile’. Siamo sempre stati orientati al cliente, quindi la nostra strategia consisterà nel continuare ad ascoltare il mercato monitorandolo per intercettare le richieste dei diversi target di consumatori. L’importante è non soffermarsi sul singolo prodotto o processo, bisogna mettere a fuoco l’intero progetto, il risultato finale che avrà un effetto sulle persone.
Quanta possibilità di penetrazione c’è sui mercati?
La possibilità è infinita, ma servono uno storytelling, la capacità di raccontare un brand e la sua filosofia, e l’apertura al cambiamento. C’è qualcosa che invece vuole che resti uguale? Sì, vorrei che lo spirito di chi lavora con noi non cambiasse mai.
di Paola Cassola