Le commesse chiavi in mano conquistano quote di mercato nell’illuminazione. La dinamica dello sviluppo impone divisioni specifiche all’interno delle aziende, ma spesso la vera forza motrice è il partner wholesale, che entra a contatto con progettisti e committenti nei paesi chiave. I casi Artemide, Flos, Targetti, Davide Groppi e Martinelli Luce
Diverse ragioni portano le aziende della luce, esattamente come quelle del mobile, a investire nel contract. La più banale è che fa notizia e dà prestigio, perché illuminare un grande aeroporto o il nuovo hotel di una prestigiosa catena internazionale non è come vendere le stesse luci a tanti singoli clienti. La più concreta va individuata nel giro d’affari, in crescita, e nella possibilità di programmare lavoro a più riprese. La terza consiste nell’essenza stessa del contract ovvero la progettazione, che richiede soluzioni specifiche legate agli spazi da illuminare, e qui entra in gioco il know how delle aziende, la loro capacità di risolvere problemi e di individuare il progetto giusto per ogni location: non è un lavoro per tutti. “I progetti sono la nostra grande competenza” – assicura Carlotta de Bevilacqua, vice presidente di Artemide, realtà da 126 milioni di euro di ricavi nel 2015 e un’intensa attività contract che però, nell’azienda fondata e presieduta da Ernesto Gismondi, preferiscono, per l’appunto, definire progetto. “I nostri application fields sono tutti gli ambienti dove può vivere l’uomo, dall’hospitality all’entertainments fino ai negozi e ai musei, dove la luce diventa una modalità per creare la scena. La ricerca fatta nel tempo da Artemide, e noi investiamo mediamente il 7% del fatturato annuo per le attività di R&D, ci permette oggi di disporre di una declinazione di prodotti tale da poter servire tutti questi spazi, rispondendo a ogni esigenza. Non c’è più una suddivisione tra decorativo e tecnico, perché la nuova tecnologia mette insieme entrambi e talvolta è difficile distinguere”. L’intensa attività svolta da Artemide nell’ambito progetto ha dato vita ad accordi con il gruppo Accor per realizzare le camere delle catene Ibis e Novotel: proprio la parte hospitality, che vale il 22% nel totale del contract (contro il 37% degli uffici, il 21% di retail e musei e il 20% delle altre applicazioni) è stata caratterizzata dal maggior tasso di crescita nel 2015, +15%, con prospettive di ulteriore accelerazione nel 2016. “Anche le banche sono un nostro punto forte – continua de Bevilacqua – e facciamo molti degli sportelli delle filiali italiane di Intesa San Paolo e di Cariparma. Stiamo inoltre puntando moltissimo sul retail, dove abbiamo come punta d’orgoglio la realizzazione di alcuni marketplace per Eataly, l’ultimo dei quali è a Monaco di Baviera, ma anche di duecento McDonald’s soltanto negli Stati Uniti, e lo sottolineo io che sono vegetariana… Il business internazionale si realizza anche attraverso le partnership con i grandi architetti come Patrick Norguet, che segue il progetto del gigante mondiale degli hamburger.
I partner possono essere i nostri distributori locali, naturalmente gli architetti con cui da sempre lavoriamo e infine i lighting designers, che assicurano il be-spoke e una quota importante di progetti speciali. Oggi il mondo progetto incide tra il 53 e il 55% sul giro d’affari complessivo. Per gestirlo abbiamo spinto sugli showroom, aprendone 55 in tutto il mondo di cui 37 in Europa”. L’importanza del contract per Flos, azienda leader nell’illuminazione con un fatturato 2015 di 181 milioni di euro, è tale da aver imposto fin dal 1996 l’apertura di una divisione apposita, Light Contract, per fornire ad architetti e lighting designer una consulenza completa e soluzioni ad hoc. “Il nostro interlocutore – spiega Federico Cittadini, amministratore delegato della divisione – è nel 70% dei casi il lighting designer, ovvero uno specialista della luce con cui ragioniamo in termini ingegneristici e che conosce le nostre soluzioni d’illuminazione, i loro effetti, e ci chiede di entrare nei dettagli dell’apparecchio per assicurare il massimo livello di customizzazione. L’interior designer, che della luce ha un’idea concettuale e tale da imporre una nostra funzione interpretativa, spesso collabora a sua volta con un lighting designer e a quel punto ci confrontiamo con entrambi. Le aree più importanti per la progettazione sono Middle East, che genera il 25-30% del fatturato complessivo di Light Contract (pari a 12 milioni di euro nel 2015 contro i 10,5 del 2014) e dove siamo presenti con tre nostri uffici a Dubai, Doha e in Arabia Saudita, e il Far East, dove stiamo avviando nuove operazioni in Vietnam nell’ambito dell’hospitality”. Gli Stati Uniti, che presentano problematiche normative piuttosto complesse e specifiche, sono seguiti direttamente da Flos Usa tramite Lukas Lighting, società acquisita dal gruppo Flos alla fine del 2015 con l’obiettivo di rafforzare la presenza della progettazione negli Usa e di avviare sinergie con il gruppo. Light Contract ha consegnato negli anni un vasto numero di progetti, che vanno dal retail (Nespresso, Ferragamo, Jimmy Choo) all’hotellerie (Four Seasons a Dubai, Bulgari Hotel a Londra) agli aeroporti. Tra gli ultimi progetti, Cittadini ne cita tre: il laboratorio di haute couture per Christian Dior a Parigi, che ha richiesto uno sforzo progettuale intenso nell’obiettivo di ricreare la luce naturale con un impianto led di precisione ad altissima resa cromatica, la sede centrale da sette piani della più grande banca dell’Azerbaijan (commessa da un milione di euro) e le lounge premium e business di Qatar Airways nello scalo aeroportuale di Doha, che hanno richiesto sette anni tra progettazione e realizzazione dei lavori. C’è poi in arrivo il nuovo Bulgari Hotel a Dubai, progettato da Antonio Citterio e con apertura prevista nel 2017. “Il fatturato della divisione Light Contract è destinato ad aumentare in maniera ragguardevole – prevede Cittadini – tenendo presenti le criticità che contraddistinguono la parte illuminazione da quella del mobile generico: in quanto appendice dell’impianto elettrico, per noi è importante operare fin dall’avvio della progettazione per predisporre gli asservimenti alle nostre luci. Entrando con il progetto già in corso, diventa difficile assicurare alla committenza l’obiettivo desiderato”. La luce museale è tra i punti di forza dell’azienda fiorentina Targetti, che ottiene da quest’ambito, esteso all’illuminazione di rocche, chiese ed edifici storici, tra il 15 e il 18% del proprio fatturato, a cui si aggiunge il 35% del contract per i negozi, con operazioni concluse con Venchi, Patrizia Pepe e con il gruppo McLaren per gli showroom e il Technology Centre progettato da Norman Foster. Tra i progetti in corso spiccano il nuovo aeroporto di Muscat (Oman), il King Abdullah financial district di Riyadh (Arabia Saudita) e la sala del Botticelli alla Galleria degli Uffizi: “Abbiamo sviluppato un sistema che illumina le opere nascondendo le sorgenti luminose, affinché l’attenzione sia focalizzata sui quadri” raccontano dall’azienda, che ha gestito la realizzazione su progetto e illuminotecnica di Massimo Iarussi. Il 2015 di Martinelli Luce nel contract, che genera metà del fatturato complessivo, si è chiuso con un incremento del 30% e promette un ulteriore aumento per l’anno in corso. “Siamo dei veterani, avendo iniziato fin dagli anni Ottanta con il sistema Z pensato per i negozi” ricorda Marco Ghilarducci, CEO dell’azienda lucchese, che con il tempo si è specializzata nella collaborazione con i progettisti dei centri commerciali, realizzando diverse commesse per il mondo Coop, e nell’ambito automobilistico con Toyota e Volkswagen. “L’ultima consegna – racconta Ghilarducci – è quella relativa ai nuovi uffici Alitalia a Milano. Ora attendiamo la definizione di un ordine per due aeroporti in Marocco”. L’interlocutore principale resta il distributore nelle aree in cui viene effettuata l’opera, per ragioni legate alla certezza dell’incasso e consolidamento della partnership. “Abbiamo anche rapporti diretti con progettisti e studi di architettura, mentre tendiamo a fidarci poco dell’installatore che spesso e volentieri cerca di cambiare, per ragioni personali, l’azienda scelta dal progettista stesso. In ogni caso, la tecnicità del mondo illuminazione fa dei rivenditori, che a loro volta si appoggiano agli installatori di fiducia, un punto di riferimento”. Ristorazione, retail e arte sono gli ambiti entro cui si muove principalmente Davide Groppi, designer della luce, che ottiene il 50% del fatturato (+10% sul 2014) dal canale contract. La maggior parte degli introiti, circa la metà, è legata agli hotel, che precedono i negozi (30%), il museale (10%) e la ristorazione. Quest’ultima, pur valendo poco in termini assoluti, ha acquisito una notevole importanza per immagine e comunicazione. “Abbiamo lavorato – afferma Groppi – per alcuni dei ristoranti più prestigiosi d’Italia, dall’Osteria Francescana di Massimo Bottura a quelli del gruppo Alajmo, Le Calandre e il Caffè Quadri a Venezia. Abbiamo in corso alcuni importanti progetti non ancora comunicabili. L’accelerazione nel contract, in generale, è scattata negli ultimi due anni. Gli interlocutori? Dipende dalla situazione… Talvolta sono gli stessi clienti finali a contattarci, come è avvenuto per il progetto in corso dell’abitazione del principe del Bahrein: non avendo un rivenditore locale, lo abbiamo portato in casa per contatto diretto. È il risultato di una notorietà ormai acquisita, che corre più velocemente dello sviluppo commerciale di questa piccola azienda”.
di Andrea Guolo