Quotato in Borsa e parte della galassia Mahindra dal 2016, il Gruppo Pininfarina continua a essere tra gli emblemi dello stile italiano nel mondo per la sua capacità di creare opere basate su tecnologia e bellezza. Oggi, oltre che nel design automobilistico e nel transportation design, opera anche nel design industriale e nell’architettura e interior. Ne racconta i progetti Giovanni de Niederhäusern, senior vice president business unit architecture Pininfarina.
Cosa significa oggi Pininfarina?
Pininfarina è un brand ancora molto conosciuto per il mondo auto, a cui è riconducibile la maggior parte del fatturato. Una quindicina d’anni fa, però, Andrea Pininfarina decise di diversificare, capendo che doveva cominciare a staccarsi dal prodotto e andare maggiormente verso il lifestyle. Oggi siamo un team strutturato tra Miami, New York, dove abbiamo appena aperto, Torino e Shanghai e stiamo cercando di posizionarci come un ‘brand with purpose’, quindi capendo quali sono i valori associati al marchio che possono essere rilevanti per il nostro mercato, perché credo che il consumatore oggi scelga un brand per i suoi valori e non tanto per il prodotto o per i contenuti a esso associati. Anche, ma vengono dopo.
Oggi operate in altri mondi, oltre all’auto.
Esatto, l’area che chiamiamo transportation si occupa di tutti i mezzi di trasporto. Disegniamo monopattini elettrici, funivie, aerei, navi, perché l’auto, se pensiamo al mix di mobilità urbana, ha un ruolo sempre più marginale, almeno dal punto di vista strategico. Poi abbiamo un’area più legata al prodotto e la parte di architettura, che va dall’interior design all’architettura in senso stretto, dalle infrastrutture, in particolare legate alla mobilità, alle strategie su scala urbana.
Quali sono gli obiettivi di crescita delle due aree prodotto e architettura?
Gli obiettivi sono molto sfidanti. La direzione dell’azienda è quella di investire sempre di più in ambiti che non sono necessariamente legati all’auto, che è in forte trasformazione: elettrificazione, condivisione e guida autonoma probabilmente la porteranno sempre di più a essere una commodity e non un oggetto iconico. Quindi quelle che fino a tre o quattro anni fa erano attività di corollario, oggi sempre di più stanno diventando centrali, al punto che nel giro di massimo due anni dovremmo arrivare, come architettura e prodotto, a un fatturato di 15 milioni di euro, che sul fatturato complessivo dell’azienda (pari a 67 milioni di euro nel 2021, ndr) comincia a diventare rilevante.
Parlando di architettura, cosa significa avere un progetto Pininfarina?
L’edificio sta diventando sempre più complesso, quasi una macchina. Una decina d’anni fa, la tecnologia in un edificio valeva il 20-30% del costo di costruzione. Oggi realizziamo edifici dove vale il 50%, quindi l’architetto deve saper gestire una forte complessità. E questo deriva proprio dal mondo auto. La metodologia del ‘design for manifacturing’, di cui si parla tanto in architettura, è stata creata nel mondo auto. Noi abbiamo una nostra metodologia Dfma (Design for manufacturing and assembly) che applichiamo anche ai progetti di architettura e che ci rende molto competitivi. Anche nell’anno Covid, in un’azienda che non è cresciuta, la nostra divisione è riuscita a raddoppiare il fatturato.
Quali sono i mercati che vi danno più soddisfazioni?
L’Italia non è il nostro mercato di riferimento, perché è un mercato che non paga tanto, però è ancora il luogo dove c’è quella attenzione alla qualità e al dettaglio che non si trova nel resto del mondo. La considero, per noi, un laboratorio di ricerca. I mercati che in termini di fatturato ci danno di più sono, in Europa, Inghilterra e Spagna, tantissimo Dubai, Medio Oriente, Arabia Saudita, sicuramente la Cina, difficile oggi perché è un Paese molto chiuso ma per noi rilevante, come lo era la Russia, e poi il mercato americano, ossia Stati Uniti, Brasile e Cile, dove abbiamo i clienti più grandi e affezionati. Oggi, però, stiamo ad esempio lavorando sulle due più grandi ‘giga-factory’ in Europa: due interventi estensivi per la produzione di batterie che misurano 250mila metri quadri in Inghilterra e 450mila in Italia.
Su quali tipologie di progetti lavorate?
Ogni mercato ha le sue peculiarità. Sicuramente molto residenziale negli Stati Uniti e in Sud America, tanto che siamo il secondo brand al mondo per numero di edifici brandizzati, dopo Yoo. L’Europa è un mercato misto, abbiamo anche la componente infrastrutturale, quindi porti, aeroporti e marine, e industriale, che è quella più interessante perché meno affrontata dagli architetti. A Dubai, invece, residenziale e uffici, ma sono interventi più piccoli, di ricucitura di una città sparpagliata per via di un’attività di costruzione incontrollata in passato.
Dove vede questo marchio nei prossimi anni?
Mi piacerebbe che Pininfarina continuasse a crescere acquisendo un’identità legata a temi sia tecnologici che sociali. Noi siamo in un posizionamento che fino a qualche anno fa chiamavamo ‘lusso’, ma è una parola che deve scomparire perché si associa a un’esclusività per pochi, mentre domani il design dovrà valorizzare tanti.