Monica Armani, Federica Biasi, Ilaria Marelli e Paola Navone, indiscusse protagoniste della progettazione raccontano i loro ultimi prodotti per esterno. Tra passione, consapevolezza e tanta creatività.
Ne hanno parlato tutti ed è molto probabile che ci sia ben poco da aggiungere a quanto è già stato detto, scritto o disegnato. Ma vale comunque la pena di sfidare l’ovvio e ribadire che vivere all’aria aperta è una vera e propria tendenza in costante crescita. E se è vero come molti esperti ribadiscono che ormai le differenze tra arredi da giardino e da casa, si siano ormai così assottigliate da annullarsi, bisogna comunque cercare di capire la genesi di questa osmosi irreversibile che si nasconde all’interno dell’iter progettuale. Così dalla macro tendenza abbiamo deciso di andare nel particolare e con l’aiuto di quattro designer, abbiamo guardato gli oggetti più da vicino, per scoprire che…
FEDERICA BIASI, BUONA LA PRIMA
Creatività mista a senso pratico, Federica Biasi, designer e art director, sperimenta e si diverte, guarda sempre avanti con entusiasmo e determinazione. Sperimenta e si diverte, ed è anche grazie a questo che il suo sguardo punta sempre verso nuovi format estetici e tecnici. Anche quando si trova di fronte a una doppia sfida: un nuovo committente e un settore merceologico vergine da affrontare. “È stato – racconta – un doppio debutto per me: da una parte Gervasoni e dall’altra l’outdoor, un argomento che non avevo mai trattato prima. Una prova coinvolgente e libera da interferenze visto che l’azienda mi ha dato carta bianca su tutto”. Un’opera aperta in tutti i sensi che Federica Biasi ha deciso di plasmare per diventare davvero “parte del catalogo Gervasoni, in sintonia con il modus operandi dell’azienda che da sempre ha nella riconoscibilità il suo punto di forza”. E così lei si è messa in gioco, ma senza dimenticare se stessa e questo lo si vede dalla cura maniacale del dettaglio. Puntigliosa per natura cerca sempre di trovare soluzioni inedite per mettere a frutto le sue idee. Quando ha deciso di creare la sua linea Brise, non potendo usare il legno sottile per decorare lo schienale, è ricorsa al Woodskin che, “visto che è impiegato anche per fare gli sci, aveva ottime possibilità di resistere anche alle catastrofi ambientali”. Se poi si aggiunge l’idea del pattern, ecco spiegato il segreto del suo successo: “ho voluto una trama riconoscibile, la paglia di Vienna. Una sorta di paradosso, perché anche questo materiale in natura soccombe in poco tempo se lasciato all’aria aperta” spiega. Una collezione lieve, come racconta il nome, che significa brezza, che come un soffio di vento rievoca lo stile floreale, definito da linee ornamentali ispirate alla natura per armonizzarsi con essa. Ma la sfida più importante era arrivare alla smaterializzazione dell’oggetto che, a fine ‘rapporto’, può essere smontato e quindi riciclato in più parti. Ispirazione diversa, ma stessa forte identità, la seconda collezione Hashi (bacchette in giapponese) guarda al Paese del Sol Levante, ma con occhio con- temporaneo. E non c’è da stupirsi visto il suo amore da sempre dichiarato per tutto ciò che arriva da quel lontano arcipelago. “Mi piace rimanere fedele a me stessa, non mi piace sbalordire, ma cerco la correttezza di un prodotto e lo faccio concentrandosi sui dettagli e aggiungo sempre qualcosa che sia profondamente mio”.

ILARIA MARELLI, IL MIO CANTO LIBERO
Sintesi non è sinonimo di semplicità, ma la capacità di fare della complessità un flusso omogeneo che mette in relazione le parti in un unico processo formale ed estetico. Ilaria Marelli, attiva a 360 gradi nel campo del design, da sempre punta su una bellezza senza tempo, lasciando agli altri i ‘motivetti’ modaioli. E lo fa sempre con attenzione e ancor di più quando ha di fronte un lavoro da ‘fare fuori’. “Il mondo dell’outdoor è sempre uno stimolo – racconta – e con la linea Calipso di Ethimo ho ottenuto il risultato che volevo. Uno schema aperto, formato da una base con doghe in teak sulla quale anche i cuscini sono ‘liberi’ di vivere tra la natura”. Ma senza improvvisazione, perché lei conosce le esigenze delle persone e sa anche interpretare il know-how delle aziende con cui collabora. La precisione è fatta sempre di dettagli e nel sistema di sedute per Ethimo, ogni particolare gioca un ruolo in partita. E allora, racconta “anche la base più ampia dell’imbottitura, diventa un punto di appoggio, per un libro, un drink…”. C’è poi l’aspetto estetico sottolineato dalla leggerezza d’insieme che grazie a una invisibile struttura d’alluminio, sembra galleggiare nell’aria. La palette scelta è in perfetta armonia con la natura, ma con un vezzo da salotto, visto il rivestimento in bouclé super performante. Un nuovo modo di vivere che profuma già di classico, non per nulla il nome della linea si rifà alla figura della ninfa che è riuscita a trattenere Ulisse sulla sua isola. La natura non è solo il teatro ideale per la collezione, ma anche la sua musa. Un impegno come meglio racconta la designer: “realizzare prodotti durevoli, sia dal punto di vista estetico che di resistenza, è l’elemento chiave per garantire la sostenibilità. Fin dalla sua progettazione, la collezione è pensata per essere disassemblata, cosa decisamente più facile per il mondo outdoor, semplicemente perché smontare un prodotto semplifica la manutenzione”.
MONICA ARMANI, TRA LOGICA E SENTIMENTO
Dentro o fuori, in fondo che differenza fa? La dimostrazione è davanti agli occhi di tutti: la collezione Allure O’ per B&B Italia di Monica Armani – progettista di fama indiscussa – anche nella versione outdoor, mantiene intatta la forza del suo design, dopo qualche inevitabile accorgimento tecnico. Certo, tutto merito della designer che ha una bacchetta magica per inventare soluzioni inedite. Estetismo formale e innovazione, il suo stile unico sembra, a detta sua, una questione chimica. “Anni fa – racconta – insieme a Susan Davis, una collaboratrice dello studio, abbiamo deciso di creare un manifesto per spiegare la nostra poetica. ‘Design in Molecules’ – questo il nome – rappresenta proprio la struttura molecolare che sta alla base del nostro lavoro. In fondo, come i corpi sono fatti di particelle, così anche gli oggetti possono seguire la stessa catalogazione. È il nostro modo di progettare (mio e di mio marito Luca Dallabetta con cui lavoro a quattro mani) un insieme di atomi più tecnici, che io definisco ‘logic’ e dall’altra, altri più emotivamente coinvolgenti che per me vanno sotto l’etichetta di ‘magic’”. E a ben guardare, la reazione sembra proprio a dop-pio scambio, visto l’esito del tavolo Allure O’ che utilizza come piano un gres smaltato ad alto tasso emotivo ma che è tecnicamente imbattibile. “Un materiale della memoria – ci spiega – lo stesso che si usava per le cucine economiche, cosa che garantisce una resistenza impensabile a macchie e corrosione”. L’effetto solido dell’insieme è garantito dal basamento in cemento, Una monumentalità che genera un piacevole contrasto con la delicatezza seduta Flair O’ con telaio leggero in alluminio ricoperto da un intreccio di nastri in polipropilene. Instancabile, come sempre, il 2023 di Monica Armani non si ferma qui. In pentola bolle anche l’ampliamento della serie Emma per Varaschin che si arricchisce di un lettino con corolla, decisamente ‘magic’ ma con quel no so che di tecnico da meritarsi anche l’etichetta ‘logic’. In fondo è vero, quando si dice che c’è chimica…
PAOLA NAVONE: IL MONDO È GRIGIO, IL MONDO È BLU
Per definire Paola Navone, designer e architetto, gli aggettivi a volte si sprecano. E a ben ragione, visto che lei è essenzialmente libera da codici preconfezionati da altri.Dire che è ‘una forza della natura’, sia pure nell’accezione più alta, è cosa riduttiva. Il suo è un talento straordinario capace di sfidare anche il politicamente corretto se ce n’è bisogno. Tutte queste storie sull’outdoor, ‘filosofie esistenziali’ comprese, in fondo non la riguardano. Lei parla solo dei prodotti, nati da un’idea precisa: “volevo superare l’idea di cosa sta dentro e cosa fuori”. E continua: “ma a me non importava nulla di creare qualcosa di strano e nuovo, avevo una sola convinzione, servivano arredi che potessero vivere in sintonia con il nostro stile di vita anche fuori. Stilisticamente non c’è alcuna differenza, quello che cambia sono i materiali”. Proprio quelli che lei ha imparato a conoscere e ad apprezzare, tanto che a volte sono il motivo che la spinge a collaborare con un’azienda. Con Midj, per esempio dove, dopo aver scoperto “che lavorano benissimo il metallo, mi sono detta “perché no, è un’occasione per mostrare la loro bravura sul campo. La collezione Bolle fatta con loro è stata un successo, l’ho appena usata per un albergo di Atene e si è dimostrata perfetta sia dentro che fuori”. Fedele negli anni, vanta collaborazioni che possono definirsi storiche, come quella con Baxter, nata quasi per caso davanti a un aperitivo. Lei sempre schietta, di fatto nutriva qualche dubbio, ma poi presa dalla loro bravura nel trattare la pelle si è fatta coinvolgere. “Pelle molto morbida e per carità, non troppo aderente, cucita come un tessuto, è stata la ricetta vincente di Budapest, uno dei divani best seller. Abbiamo cominciato così a creare arredi rilassati, sedute in cui ‘scionfare’ (termine milanese difficilmente traducibile), che se ti butti e poi sprofondi allora è tutto ok”. Con loro da anni lavora per creare una linea giardino e non “da veranda, quelle le sanno fare tutti”. Tanti esperimenti, ma poi alla fine l’intera linea è riuscita a vincere anche le intemperie. E così ha visto la luce, il secondo atto della collezione Baxter, composta da pezzi realizzati in acciaio con finitura in rame acidato e verde rame. L’insieme è davvero domestico, grazie anche alla palette sofisticata. Lei ama i toni del verde-blu e del grigio-nero, ma se le si domanda il perché, scherza e risponde “non ci ho mai pensato”. In fondo non c’è da meravigliarsi, lei è una designer, ma senza averne l’aria.
L’articolo è disponibile sul numero di febbraio/marzo di Pambianco Magazine Design.