Le icone ‘made in Denmark’ di Fritz Hansen spopolano in Corea e Giappone. “E non occorre neanche spiegarle ai clienti, perché il linguaggio del design supera ogni barriera”, racconta il CEO Jacob Holm.
Nel 2017, Republic of Fritz Hansen ha fatturato 632 milioni di corone danesi, che al cambio attuale equivalgono più o meno a 85 milioni di euro. Un buon risultato per il gruppo del Nordic design amministrato dal CEO Jacob Holm, il quale è riuscito a centrare un incremento del 5% nel giro d’affari annuo, ma il dato diventa a dir poco eccellente se si considerano i tassi di crescita ottenuti in Far East e in particolare nei due mercati più evoluti del continente asiatico ovvero Giappone e Corea. A Tokyo la crescita è stata del 33% anno su anno, a Seoul addirittura del 45% e ha permesso al Paese dalla bandiera taoista di diventare il quinto mercato di destinazione in assoluto per la società con sede a Allerød. Come ha fatto il brand danese, fondato nel lontanissimo 1872, a conquistare il consumatore di questi due mercati così lontani? “La differenza tra Scandinavia e Far East è enorme, dal punto di vista culturale e del linguaggio”, afferma Holm, giunto a Milano per il Salone del Mobile, “eppure il linguaggio del design è piuttosto simile. Ogni volta che visito Corea e Giappone, resto sorpreso del fatto che, presentando i nostri prodotti, non ci sia bisogno di offrire particolari spiegazioni. Alla fin fine, i fondamentali sono gli stessi. Pensiamo al Giappone: come da noi, in Danimarca, anche nel Sol Levante esiste una tradizione di design radicata e legata al legno, all’artigianalità e al minimalismo”. Una tradizione ancor più radicata esisteva in Cina, prima che il corso della storia procedesse in un’altra direzione creando una sorta di ‘buco nero’, in grado di azzerare o quasi i risultati ottenuti nei secoli precedenti. “La riscoperta è però in atto e vale sia per i prodotti di importazione sia per quelli realizzati al proprio interno. In Cina non siamo ancora forti come in Corea e in Giappone, eppure le cose stanno migliorando”.
Complessivamente, il Far East genera il 25% del giro d’affari di Fritz Hansen, superando il valore delle vendite negli Usa che si fermano al 20 per cento. La parte del leone la fa sempre l’Europa, con un 55% circa dei ricavi totali, ma è l’Asia il mercato chiave per gli sviluppi in corso, considerando peraltro che la distribuzione asiatica dipende perlopiù dal retail che, a differenza del canale contract, presenta una certa stabilità di introiti. E se Fritz Hansen in Europa ha raggiunto un buon equilibrio tra retail e contract, negli Usa (dove a New York la società dispone di una delle due filiali commerciali, l’altra è a Tokyo) resta particolarmente esposta alle oscillazioni della progettazione. In Far East (partendo da Bangkok, per poi essere replicato a Jakarta), ha preso il via il progetto House of Fritz Hansen, avviato con partner locali per offrire ai consumatori una visione d’assieme dei valori e dell’universo che ruota attorno al brand. Un universo che Holm non collega all’arredo in senso stretto, bensì al concetto di luxury lifestyle. “Noi non vendiamo mobili, se per mobile intendiamo un prodotto ad alto contenuto funzionale. Le nostre sedie sono icone di design, oggetti più vicini all’arte che non all’arredo. Per chi ambisce ad acquistare un prodotto Fritz Hansen, la scelta non è tra il nostro e un altro marchio… la scelta è tra un prodotto Fritz Hansen e un quadro d’arte contemporanea oppure dei grandi vini da collezione. I nostri competitor sono produttori di beni di lusso”. Le icone a cui fa riferimento il CEO sono quelle disegnate da maestri del design danese come Arne Jacobsen, Poul Kjærholm, Piet Hein. La maggior parte del fatturato di Republic of Fritz Hansen dipende da prodotti come le serie 7TM, AntTM, EggTM e SwanTM, con l’aggiunta in veste di potenziale nuovo iconic del divano LuneTM ideato dallo spagnolo Jaime Hayon e presentato al Salone 2017. In Fritz Hansen, infatti, non esistono barriere in termini geografici e a dimostrarlo sono anche le passate collaborazioni con esponenti di punta dell’Italian design quali ad esempio Vico Magistretti e Piero Lissoni. Ma anche la nuova sedia n01 del giapponese Nendo, esposta nell’installazione della design week 2018 presso lo showroom aziendale in piazza San Simpliciano. “Abbiamo lavorato in passato, e lavoreremo in futuro, con architetti non danesi di fama internazionale, purché le loro idee si inseriscano in quella nordica interpretazione della contemporaneità che ci contraddistingue. L’obiettivo di Fritz Hansen è la costruzione di un universo nordico, una visione scandinava delle cose a cui il cliente possa attingere per assicurarsi anche un singolo elemento da inserire nella propria casa”.
In questa visione si inseriscono anche le ultime operazioni condotte dalla società, controllata dal 1979 dalla società Skandinavisk Holding (attiva anche nel mondo del tabacco e dell’entertainment), tra cui l’inserimento nel comparto dei complementi d’arredo attraverso la linea Objects introdotta nel 2016 e nel settore illuminazione con l’acquisizione del brand Lightyears nel 2015. Per potenziare la gamma prodotto, la società danese ha anche effettuato alcune acquisizioni e Holm non esclude di realizzarne altre in prospettiva. “I nostri azionisti sono assolutamente convinti che il design nordico abbia possibilità di crescita a lungo termine, anche e soprattutto in chiave export, e pertanto stanno investendo secondo una strategia di lungo termine”. Il CEO invece esclude un futuro ingresso nel business della cucina o del bagno. “Preferiamo concentrarci nelle aree living e dining, perché cucina e bagno sono marketplaces diversi e peraltro complessi. Le maggiori opportunità di crescita sono individuabili nelle zone della casa che già presidiamo”. Quanto all’outdoor, è possibilista… “Non c’è grande tradizione di mobili da esterno in Danimarca, probabilmente a causa del clima, ma in futuro andrebbe monitorato anche quest’ambito” conclude Holm.
di Andrea Guolo