Nemo Lighting si appresta a chiudere l’esercizio in corso con un giro d’affari di 22 milioni di euro, un andamento in crescita sia sul 2020 sia sul 2019 intorno al +30%, mentre guarda nuove acquisizioni in Italia e all’estero. “Una crescita importante”, sottolinea il CEO, Federico Palazzari, anticipando però che “il budget più significativo sarà quello del 2022”.
D’altra parte l’anno e mezzo di pandemia ha scombinato le carte, almeno quelle di chi ha dovuto lo scorso gennaio approntare le strategie e incasellare numeri di prospettiva. “Il tema vero è fare sì – tiene a sottolineare Palazzari – che questa crescita sia strutturale. Per tutti il budget di gennaio 2021 è stato esplorativo e ottimista; allora di elementi solidi a cui ancorarsi ce ne erano pochi. Ora la situazione è diversa, di fondamentali ce ne sono e speriamo che siano strutturali”.
Una crescita che deve essere comunque “costante e garbata”: “crediamo sia la ricetta per il nostro mondo, che non è fatto necessariamente di strappi, se non in occasione di grandi progetti”. E se l’innovazione rappresenta una leva, Palazzari mette in guardia: “innovazione è una parola, un po’ come sostenibilità, che se non è appoggiata ad azioni vere e concrete vuole dire tutto e niente. Anche elementi di natura prettamente estetica possono rappresentare delle innovazioni: l’occhio umano ha un’esigenza costante di bello che evolve. I criteri del bello cambiano nel corso degli anni: il bello del Seicento non è quello di oggi, ma nemmeno il medesimo di trent’anni fa”. Il bello, allora, può essere esso stesso innovazione: “non dobbiamo aver paura di questa parola, perché non indica qualcosa di vuoto o privo di contenuti; è un concetto molto italiano che va tenuto presente. Per anni si è quasi pensato che il bello potesse andare il conflitto con il ‘minimal’, con l’asciutto; non è vero. Sapere innovare significa anche essere capaci di raggiungere una sintesi di natura estetica”.
Molti i dossier aperti, intanto, per valutare un ampliamento del perimetro anche in funzione di un aspetto che per Palazzari è fondamentale: “la contaminazione”, l’essere “prossemici”. Ma non per una sorta di passione rispetto ad altri settori: “la passione oggi è, detta alla Schopenhauer, una sorta di dilettantismo e deve restare in quell’alveo. Quando invece si deve garantire lavoro alle persone, performance aziendale, il tema della passione non sta più in piedi”. Ecco dunque anche in questa enunciazione di principio il senso dell’operazione Slam, storico marchio italiano di abbigliamento sportivo per la vela e il tempo libero, nella cui acquisizione Nemo ha investito insieme a Vam Investments (holding di investimenti di private equity, specializzata in buyout e growth capital, controllata da Francesco Trapani, guidata da Marco Piana, ceo e azionista, e partecipata da Tages): “per un desiderio di contaminazione, insieme alla convinzione di avere realizzato un buon investimento in una realtà italiana unica, con un grande pedigree, che è in questo momento circondata e assistita da persone di grande valore a partire dall’amministratore delegato Enrico Chieffi. Gli investimenti che vivono di contaminazione sono sempre di più, numericamente parlando, e così anche per Nemo che è “un’azienda aperta, a cui piace lavorare con altre persone. Crediamo – conclude Palazzari – che mettere a fattore comune gli elementi di qualità non possa che generarne altri, con grande realismo. Stiamo guardano a investimenti sia in Italia che all’estero”.